Omelia nella 4 domenica per annum
«Beati!»

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Dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12
 
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».<<<+ >>>
 
Il Discorso della Montagna è il primo dei cinque grandi discorsi che formano l’intelaiatura del primo Vangelo e ne costituisce in un certo senso la sintesi. Il Discorso della Montagna si sviluppa nei capitoli 5, 6 e 7 del Vangelo di Matteo e si divide in tre parti:
1.      la prima (cap. 5, 1-12) presenta le Beatitudini.
2.    la seconda (capp. 5,13-7,12) descrive il nuovo stile di vita di quanti fanno parte del Regno nei loro rapporti con Dio, con il prossimo e nella gestione dei beni, nella libertà dalle preoccupazioni. Vi sono espresse numerose antitesi tra la antica e la nuova Legge: "Avete inteso che fu detto ...Ma io vi dico;
3.     la terza (cap. 7,13-27) offre una serie di indicazioni su come concretamente mettere in pratica le indicazioni date e si conclude con la bella parabola della casa costruita sulla roccia.
 
La liturgia della Parola di questa IV domenica per annum proclama il Vangelo delle Beatitudini: esse sono dono, buona notizia e programma di vita. Con la proclamazione delle “beatitudini” ha avuto inizio l’annuncio del Regno di Dio che non è regolato dalla logica di questo mondo, ma da principi che vi si oppongono e che lo stesso Signore enuncia come “beatitudini”. Inoltre, con le beatitudini Gesù proclamò che il tempo messianico era arrivato e che il Regno era per tutti.
 
Il Maestro si trovava sulle dolci colline intorno al Lago di Galilea e raccontò ai discepoli e agli apostoli il segreto della felicità. La persona umana cerca la gioia e la felicità più di ogni altra cosa. E Gesù proclamò «beati» i poveri in spirito, gli afflitti, i misericordiosi, quanti hanno fame della giustizia, i puri di cuore, i perseguitati. In sintesi un nuovo programma di vita per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri.
 
Il discorso della montagna, infatti, è una delle pagine più rivelative della verità cristiana e anche tra le più coinvolgenti di tutto il Nuovo Testamento in quanto traccia la via del discepolo sulle orme del Regno. Il monte è il luogo della rivelazione sia per la trasfigurazione gloriosa di Gesù sia per la sua Parola. Il monte ha, inoltre, un significato più specifico: esso vuol ricordarci il Sinai, il monte della promulgazione del decalogo dato da Dio a Mosè e della conclusione dell’alleanza.
 
Il filo conduttore è la reiterazione del termine «beati» che torna per ben nove volte in bocca al Giovane Rabbi di Nazaret. Le Beatitudini sono certamente la sintesi più significativa di tutto il "lieto annuncio" di Gesù e la dichiarazione più espressiva della novità cristiana e ricordano con forza qual è la logica di Dio. Le Beatitudini sono il cuore del vangelo del Regno. Le Beatitudini sono il codice della santità, la vera carta di identità della santità cristiana.
 
Sant’Agostino ― che per primo tra i padri della Chiesa ha commentato integralmente il Discorso della montagna ― vedeva in esso “il compendio di tutto il Vangelo” e le Beatitudini “il compendio di quel Discorso”. Altri l’hanno definito la “Magna Charta del Cristianesimo” che Gesù ha affidato alla sua comunità come parola normativa e vincolante per definirsi cristiana. Altri ancora hanno definito le Beatitudini “lo statuto del discepolo di Gesù” che indica con chiarezza e radicalità quale deve essere il nuovo atteggiamento da tenere verso Dio, verso se stessi e verso il prossimo.
 
Le beatitudini non possono essere lette solo come un testo poetico o dai forti contenuti morali, o ancora come un brano sapienziale: esse sono buona notizia, Vangelo, in quanto atteggiamenti vissuti radicalmente da Gesù e, come tali, devono diventare lo stile di vita del cristiano. Siamo dunque chiamati ad accoglierle quale interrogativo e pungolo che mettono in questione la nostra fede, la nostra sequela del Signore Gesù e, più precisamente, la nostra gioia e felicità nel vivere il Vangelo. Sì, perché le beatitudini riguardano il rapporto tra fede e felicità!
 
Gli elementi strutturali di ogni singola beatitudine sono i seguenti:
      la dichiarazione di felicità
      la descrizione dei destinatari (cioè la loro qualità o condizione)
      la motivazione della beatitudine
      il verbo al passivo che fa riferimento a Dio che realizza la beatitudine
Infatti dopo la proclamazione sono indicati i destinatari, cioè la categoria di persone a cui ci si rivolge, e nella seconda parte della frase è fornita la motivazione e il “perché”. Infine indirettamente, attraverso il verbo al passivo, si indica colui che realizza la beatitudine: Dio.
 
Per nove volte Gesù proclama «beati» quanti vivono alcune precise situazioni in grado di facilitare il loro cammino verso la piena comunione con Dio. «Beati» in questo contesto è da intendersi come un invito alla felicità, alla pienezza di vita, alla consapevolezza di una gioia che nessuno può rapire né spegnere.

«Beati» indica, altresì, una speranza consapevole e gioiosa per chi è destinatario di tale parola. Tuttavia la beatitudine non è una gioia esente da prove e sofferenze, a uno “stare bene” mondano.

«Beato» è colui sperimenta ciò che vive e che dà una ragione per cui vale la pena vivere.
Le beatitudini sono la visione capovolta del mondo. Il Giovane Rabbi, infatti, rivela che la beatitudine non viene da condizioni esterne, non viene dal benessere, dal piacere, dal successo, dalla ricchezza; essa nasce invece da precisi comportamenti destinatari di una promessa di felicità da parte di Dio, comportamenti che vanno assunti nel cuore e manifestati nella vita quotidiana.
 
La novità che Gesù immette nelle Beatitudini è Lui stesso: è Lui che partecipa della debolezza umana, compatisce la fragilità e la salva amandola. Egli è il povero, il mite, l’operatore di pace, il perseguitato per la giustizia.
 
È difficile valutare il carattere paradossale delle beatitudini che capovolgono tutti i valori convenzionali del mondo greco-romano, dichiarando felici e baciati da Dio quanti non partecipano di quei valori e hanno il coraggio di porsi alla sequela di Gesù.
 
Finché l'uomo non svuota il suo cuore, Dio non può riempirlo di sé. La consolazione dei poveri in spirito sarà quella di ricevere in dono il Regno.
    «Beati quelli che sono nel pianto». La beatitudine si riferisce a coloro che non hanno alcuna gioia in questo mondo. Dio manderà il Consolatore a consolarli affinché li aiuti ad attraversare la sofferenza. La loro consolazione consisterà nell’esperienza della salvezza messianica.
    «Beati i miti». Sono miti coloro che su questa terra non la abitano con prepotenza né violenza, non riconoscono solo se stessi, ma rinunciano a ogni volontà di aggressione. L’ideale della mitezza è descritto in termini concreti: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore".
   «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia». La “giustizia” di cui bisogna aver fame e sete designa la condizione di buoni rapporti con Dio, ottenuti con la accettazione della sua volontà.
    «Beati i misericordiosi». La misericordia è una caratteristica di Dio. L’ ideale della misericordia ricorre spesso in tutti i vangeli. La ricompensa della misericordia è di ricevere misericordia. Infatti chi fa misericordia agli altri “obbliga” Dio a fargli misericordia.
   «Beati i puri di cuore». Il cuore nella Bibbia esprime l’anima, la mente e il cuore per indicare le tre dimensioni: spirituale, razionale, affettiva. Essere puri di cuore significa vedere tutte le persone e gli eventi con gli occhi di Dio, vederli con “gli occhi del cuore”. La ricompensa della purezza di cuore è l’ammissione alla presenza di Dio.
«Beati gli operatori di pace». In ebraico “i pacificatori”, ossia “coloro che compongono i dissidi”. La riconciliazione è un compito raccomandato molte volte nei vangeli. La ricompensa è di essere chiamati figli di Dio.
    «Beati i perseguitati per la giustizia». La persecuzione subita per amore della giustizia è la persecuzione che viene accettata allo scopo di mantenere i buoni rapporti con Dio mediante la accettazione della sua volontà. Se un discepolo di Gesù riceve solo approvazione e applauso abbia timore e si interroghi se è veramente tale!
 
Le Beatitudini sono un programma di vita sicuramente difficile eppure hanno un grande fascino. Si tratta di atteggiamenti spirituali che costituiscono la via maestra per raggiungere la piena felicità che Gesù ha promesso a coloro che sono già entrati, mediante la fede, nella fase iniziale del regno di Dio. Le Beatitudini indicano la strada della libertà mediante il distacco dai beni, mediante l’esercizio della misericordia e della mitezza, mediante la solidarietà all’uomo, mediante l’amore e la convivenza nella pace. I «beati!» che Gesù ripete nove volte sono, quelli che vivono fin d'ora la felicità, sono i miti, i pacifici, i puri, quelli che vivono con intensità e dono la propria vita.
 
Cari Amici
Scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Le beatitudini ci insegnano il fine ultimo al quale Dio ci chiama: il Regno, la visione di Dio, la partecipazione alla natura divina, la vita eterna, la filiazione, il riposo in Dio». (1726)

Qualcuno si chiederà, e legittimamente: “Ma è possibile che Gesù abbia proposto un messaggio così alienante? Davvero, Signore, dichiari felice/beato chi soffre? Chi è povero? Chi ha fame?”. No: non si è beati perché poveri o piagenti, ma perché pur essendolo confidiamo in Dio; perché capaci di confidare nel Signore.

Gesù non loda la condizione di sofferenza e di disagio; dice che se nonostante quella fatica, quella sofferenza e quel disagio non ci allontaneremo da lui; se anzi saremo perseveranti fino alla fine, allora saremo beati. Solo confidando totalmente in Dio, solo seguendo la sua strada che a volta potrà apparire perdente agli occhi del mondo, potremo vivere la beatitudine e la felicità dell’appartenere al regno.
 
Gesù parla di una ricompensa che non è mai immediata, ma sempre da goderne in futuro, in uno stato di vita molto diverso da quello che conduciamo in questo mondo. Vuole dirci indirettamente che solo alla luce della fede e ai bagliori della croce vanno lette e vissute quelle beatitudini.
Si tratta di vivere il presente, fatto di lavoro, di studio, di fatica, di gioie e di speranze aspettando e cominciando a gustare nel cuore la gioia più grande che verrà quando saremo tutti intorno a Gesù, come i discepoli e gli apostoli quel giorno in cui gli ha spiegato il segreto della felicità.
 
A proposito di Beatitudini ha detto il santo Paolo VI: “É Cristo che annuncia il suo programma e condensa in sentenze limpide e scultoree tutto il Vangelo.
Il Regno della terra e il Regno del cielo hanno nelle beatitudini il loro codice iniziale e finale… Chi non ha ascoltato le beatitudini non conosce il Vangelo. Chi non le ha meditate non conosce Cristo. In altre parole, Cristo ha esaltato nelle beatitudini non tanto delle misere condizioni umane, quasi queste fossero fine a se stesse, ma piuttosto ha predicato delle virtù magnifiche che dalle misere condizioni umane prendono il nome e che mediante quelle possono fare buono e grande e pio l'uomo pellegrino… Chi ha compreso questa difficile lezione e l'ha applicata alla propria vita è il beato, il perfetto”.
 
Il credente, il figlio di Dio non può che porre la propria fiducia in Dio; allora sperimenteremo la vera felicità e saremo «beati».
Al di fuori della scelta fondamentale di Cristo è molto difficile, per non dire impossibile, dare un senso a questo discorso che sembra esaltare le situazioni più dolorose della vita; ma con Cristo, "ogni beatitudine" ha la sua ragion d'essere.

È Lui, il Signore, Gesù, la ragione vera e profonda della beatitudine che resta inalterata anche nelle situazioni estreme.

Le beatitudini si possono riassumere in una: la beatitudine della fede.
Il centro e il fondamento di ogni beatitudine è la fede in Dio, presente tra gli uomini nella persona del Cristo.
 
O Dio, che hai promesso ai poveri e agli umili
la gioia del tuo regno,
fa’ che la Chiesa
non si lasci sedurre dalle potenze del mondo,
ma a somiglianza dei piccoli del Vangelo,
segua con fiducia il suo sposo e Signore,
per sperimentare la forza del tuo Spirito.
 

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