Omelia nella 2 domenica per annum
«Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!»

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Dal Vangelo secondo Giovanni 1,29-34
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». <<<+>>>
 
Con la celebrazione del Battesimo del Signore è iniziato il Tempo Ordinario: esso è così definito non nel senso che si tratti di un tempo di scarsa importanza, ma inteso come il tempo in cui si ricorda la missione ordinaria del Signore. Si tratta di “trentatré o trentaquattro settimane durante il corso dell'anno, le quali sono destinate non a celebrare un particolare aspetto del mistero di Cristo, ma nelle quali tale mistero viene piuttosto venerato nella sua globalità, specialmente nelle domeniche”. (Norme generali per l'ordinamento dell'anno liturgico, 43).

E' nello scorrere quotidiano e feriale dei giorni che dobbiamo vivere lo stupore del Dio-con-noi. Il tempo Ordinario o per annum è tempo prezioso, durante il quale, domenica dopo domenica, la Chiesa guida nella conoscenza sempre più profonda dell'insegnamento del Cristo e nella sequela generosa e fedele di Lui, nostra Via, Verità e Vita.

I trent’anni trascorsi da Gesù nel silenzio della piccola città di Nazareth, invitano alla meditazione. Egli ha vissuto nella sua famiglia crescendo “in età, sapienza e grazia”, nella graduale consapevolezza della sua vocazione e missione ricevuta dal Padre. E' facile ritenere che nella ordinaria vita di Nazareth Gesù si sia nutrito certamente della Parola dell'Antico Testamento che profeticamente annunciava la Sua storia di Messia e Salvatore.
 
Ed ecco che la Chiesa ci fa partecipi oggi della terza epifania del Signore.
─ Nella prima Gesù è stato manifestato ai Magi luce e salvezza per tutti gli uomini che, come i Magi, camminano verso di Lui.
─ Nella seconda al Battesimo nel Giordano Gesù è stato manifestato come il Missionario di Dio, inviato dal Padre e dallo Spirito perché in Lui l'umanità si riconosca nella sua figliolanza con Dio.
─ In questa terza epifania, che più propriamente è manifestazione messianica, «Giovanni disse: proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”.» Ma mentre nel Battesimo al Giordano è il Padre che svela il significato profondo del Cristo, qui è Giovanni Battista che riferisce la confidenza che Gesù stesso gli aveva fatto. Gesù è il Messia; è la Nuova Alleanza; è la Nuova Legge.
 
Il Vangelo odierno parla ancora di Giovanni Battista e di battesimo. Domenica scorsa lo Spirito è sceso come una colomba su Gesù mentre la voce del Padre chiamava il Figlio “amato”. Oggi si va oltre il mistero. Giovanni evangelista non riferisce nel suo Vangelo l’avvenimento del Battesimo di Gesù, ma pone sulle labbra del Battista il fatto che egli abbia visto lo Spirito posarsi sul Cristo Signore, la rivelazione del Messia inviato a battezzare in Spirito Santo. «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!».

È una affermazione a noi assai familiare. Infatti la ripete in ogni celebrazione eucaristica il sacerdote presidente mentre presenta ai fedeli il Corpo del Signore. Il Precursore capì che si trovava davanti al Santo, al consacrato, allo splendore della gloria del Padre. Fu un momento solenne; illuminato dall'alto il Battista pronunciò una delle più belle professioni di fede nella divinità del Messia. Egli riconobbe in Gesù "il Figlio di Dio", l'Eletto del Signore. E
la testimonianza di Giovanni Battista assume ancor oggi una importanza fondamentale per riconoscere in Gesù, il Messia promesso.
 
Sono tre i titoli che il Battista attribuisce a Gesù: l’Agnello di Dio; Colui sul quale si posa lo Spirito Santo; il Figlio di Dio. Le parole su Gesù rivolte al popolo dal Battista riassumono la nostra fede nel Messia e guidano la nostra vita di cristiani.
  «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!». Gesù è l’agnello della nuova Pasqua. Guardandolo a Lui, scopriamo il nostro peccato. Ed egli guardandoci, ci redime dal peccato. Egli si è offerto in sacrificio per la nostra salvezza.
   «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui». Isaia vide lo Spirito del Servo di Dio. Giovanni vide Gesù di Nazaret. Egli è la terra ferma su cui si è posata la colomba dopo il diluvio.
   «Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». Giovanni Battista non parla per sentito dire. Come lui, tutti coloro che hanno sperimentato la vicinanza del Signore, umilmente testimoniano la sua presenza.
 
Giovanni il Battezzatore ha fatto esplicito riferimento alla profezia di Isaia, di cui parla la prima lettura di questa domenica, nella quale il profeta descrive il Messia come il Servo di Dio. Si è trattato di una affermazione teologicamente strabiliante. Dio capovolge la tradizione ebraica secondo la quale era l’uomo a offrire a Dio; ora è l'Agnello di Dio che si offre per l’uomo, si dona e si consegna per amore all’umanità. E lo fa per togliere il peccato del mondo! L’espressione è unica in tutto in Nuovo Testamento.

Gesù intende estirpare non tanto i singoli peccati, ma quella radice di male che ognuno di noi si porta dentro dopo la colpa d’origine.
Pertanto Cristo è venuto nel mondo per mettere fine al dominio del peccato. Il progetto di salvezza di Gesù vuole essere una ricostruzione radicale del cuore.

E’ Cristo l'Agnello Pasquale; è Cristo, l'Agnello vittorioso sul peccato e sulla morte.
 
Cari Amici
«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!».
La testimonianza del Battista è centrata tutta sulla persona di Gesù e, in particolare, sulla sua identità in relazione alla salvezza degli uomini. Le parole di Giovanni Battista affermano che Gesù è Colui "che toglie il peccato del mondo", ossia Colui che è venuto per distruggere la radice stessa del peccato e renderci in tal modo veramente liberi.

Gesù è l'Agnello di Dio, in quanto Egli è il sacrificio che paga la condanna per il nostro peccato, provvedendo per noi la salvezza.
Cristo è l’agnello di Dio: Colui che ci svela un Dio Padre che vuole la condanna la salvezza dell’uomo; Colui che non è venuto per giudicare il mondo ma per salvarlo, togliendo ogni uomo dalla schiavitù per restituirlo alla liberta dei figli di Dio!
 
Solo uno senza peccato avrebbe potuto salvare il mondo; solo Cristo, infatti, è capace di sradicare dal cuore dell'uomo l’origine di ogni male. Egli è l'unico Salvatore dell’uomo. Gesù significa proprio Colui che salva. Egli non ha rivelato soltanto una dottrina della salvezza e della redenzione; non ha solo offerto i mezzi della redenzione, ma Lui stesso ha operato la redenzione.
Tanti ieri e oggi hanno parlato di vita: ma Gesù è la vita; tanti ieri e oggi hanno parlato della via, ma Gesù è la Via; tanti ieri e oggi hanno parlato di verità, ma Gesù è l'unica verità.
 
Solo nello Spirito Giovanni Battista riconosce Gesù; solo nello Spirito noi potremo riconosciamo il Cristo, solo nello Spirito potremo accettare Gesù come Messia salvatore e figlio di Dio. Troppo spesso, purtroppo, se ci interroghiamo davanti a Gesù, ci accorgiamo di essere in contraddizione. 

Lo vorremmo con noi, ma abbiamo paura di appartenerGli. Al contrario lui è venuto per noi, per liberarci dal peccato.
Quale è questo peccato singolare? È il rifiuto alla pienezza di vita che Dio, in Gesù, è venuto ad offrirci! Il peccato del mondo è credere che non vi sia possibilità di perdono, di misericordia e di salvezza.
 
La liturgia di oggi, altresì, suggerisce almeno una riflessione breve sul senso del peccato. Già nei lontani anni ‘50 Pio XII lamentava la crisi del senso del peccato, dell’attuarsi cioè nella coscienza della percezione della sua gravità o addirittura dalla sua totale vanificazione.

Il peccato è trasgressione della legge di Dio come rifiuto da parte dell’uomo alla volontà di Dio; è atto di rottura della relazione con il Signore. Il peccato è allora, anzitutto e fondamentalmente mancanza di fede; è il rifiuto che l’uomo oppone al disegno di Dio così come si è definitivamente rivelato in Cristo.
 
Occorre restituire al peccato la sua dimensione religiosa. La percezione del peccato è possibile solo laddove l’uomo è cosciente del suo «stare davanti a Dio», dove matura, la convinzione nelle coscienze che l’intera esistenza altro non è se non lo svolgersi di una storia che ha in Dio il suo fondamentale riferimento.

Il recupero della dimensione religiosa del peccato esige che si riscopra in modo preciso la centralità del problema di Dio restituendo a Dio il giusto posto in ordine alla risposta alla domanda fondamentale che ogni uomo non può non porsi: quella relativa al senso ultimo della propria esistenza.
 
Ma di fronte al male che grava ancor oggi sul mondo c’è un unico spiraglio di speranza: Gesù l’ha già preso su di sé e sradicato. Il male non sarà vittorioso; non avrà l’ultima parola nella storia.
 
O Padre,
che in Cristo, agnello pasquale e luce delle genti,
chiami tutti gli uomini a formare il popolo della nuova alleanza,
conferma in noi la grazia del battesimo
con la forza del tuo Spirito,
perché tutta la nostra vita
proclami il lieto annunzio del Vangelo.
 
 

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