Omelia nella 2 domenica dopo Natale
«Figli nel Figlio»

<< Torna indietro

 

 Dal Vangelo secondo Giovanni 1,1-5.9-14

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue
né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. <<< + >>> 


 

Che cosa ne è stato del Natale? Sentimento e dolcezza, o un evento che ha avviato un cambiamento della vita?
Un’occasione mancata, o un incontro autentico con la persona di Gesù, il Salvatore dell’uomo?

A questa riflessione ci soccorre l'immagine di copertina che raffigura
 la Natività che Giotto ha dipinto nel transetto destro della Basilica Inferiore di Assisi.

I nostri graziosi presepi sono sì ricchi di tradizione, di arte e di tenerezza.
Ma la profondità del Natale sfugge a chi si limita solo a guardare gli artistici personaggi del presepe.

Il clima natalizio non sempre aiuta a comprendere e a vivere il mistero del Natale.
Eppure è il grande mistero che sta all'origine della nostra salvezza; e tuttavia corriamo il rischio di renderlo inefficace per la nostra vita cristiana e umana. Anche oggi la memoria della nascita di Gesù a Betlemme può passare senza che la maggioranza se ne accorga.
 
La liturgia della Parola invita a sostare in riflessione davanti al Bambino che è nato a Betlemme e a entrare nel mistero profondo della sua persona. Il mistero della Natività del Signore ci orienta ancora una volta a ricevere la Parola di Dio che si è fatta carne ed è entrata nella nostra storia. Dio ci parla in molti modi, come ricorda il Concilio Vaticano II nella Costituzione sulla sacra Liturgia (SC 7).

Ma noi dobbiamo leggere con assiduità la Sacra Scrittura regolarmente, come lo stesso Concilio ha sollecitato nella Costituzione sulla Divina Rivelazione (DV 25). Nella Sacra Scrittura è contenuta la Parola definitiva di Dio. Ha detto san Girolamo:
«Ignorare la Scrittura è ignorare Cristo». L'importanza che giustamente annettiamo alla Parola di Dio scritta può e ci deve disporre ad ascoltare la Parola di Dio vissuta e vivente.
 
Il messaggio fondamentale del Natale è ricordato nel prologo al Vangelo di Giovanni: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi...".
In tutto il brano Gesù è designato con il termine Verbo, cioè Parola. Un termine pregno di significato. Non è una semplice espressione verbale, come la intendiamo nel nostro linguaggio. E’ la Parola di Dio: e come tale è destinata a comunicare il pensiero di Dio a guidare la storia e a produrre ciò che afferma. La Parola, infatti, fa la storia, la rende intelligibile e permette all’uomo di coglierne il segreto. Rivela chi è Dio e chi siamo noi, quale è il senso della storia nella quale siamo inseriti.
 
Sono tre le affermazioni indimenticabili circa il Verbo eterno di Dio venuto sulla terra e che si è fatto e si fa vicino a chi lo accoglie e lo ascolta:
    “Nella Parola era la vita”. Molte delle nostre parole mancano di vita. O perché non dicono nulla, o perché sono dannose per noi stessi e per gli altri. Non possiamo vivere nella verità senza prestare una attenzione cordiale e impegnata alla Parola di Dio. Per accogliere la Parola occorre coltivare il silenzio contemplativo, la capacità di rientrare nel nostro intimo, di ritrovare il centro di noi stessi, vincendo l'ansietà e la fretta che divorano e fermandoci ad ascoltare le domande vere per ricevere su di esse la luce di Dio che parla.
     “Il Verbo era la luce vera”. Gesù è la grande luce che ha rischiarato le tenebre che avvolgevano il mondo. Egli è la luce che illumina tutti gli uomini per far loro conoscere l’amore di Dio per essi e il loro destino che trova in Dio il suo compimento e la salvezza. Quali sono, in noi, le tenebre che non accettano o che respingono o che si contrappongono alla luce del Figlio di Dio? E' impensabile cercare di vivere con trasparenza e verità senza lasciarsi guidare umilmente dalla luce della Parola di Dio.
      “Il Verbo si fece carne”. Il Verbo si è fatto vero uomo in un preciso momento storico, ha preso cuore, un volto, un nome di uomo, Gesù! Egli ha rischiarato le tenebre che avvolgevano il mondo. La fede non nasce da un'idea, ma un incontro. E' un peccato vivere aggrappati a un'idea senza lasciarsi interpellare dal realismo della presenza di Gesù Cristo in noi. La nostra terra, le nostre case, i nostri cuori sono diventati sua abitazione. Per chi lo voglia, Dio, nel Figlio incarnato, si è fatto amico, compagno di viaggio, guida verso il mondo di Dio che diventa il suo mondo, la sua famiglia.
 
Questo mistero abbraccia tutta la storia e sollecita la nostra comprensione di Dio e dell'uomo. Il Figlio di Dio è entrato nel tempo ed è sceso nel mondo, facendosi uomo tra gli uomini.
"Cristo Gesù - scrive Paolo nella Lettera ai Filippesi - pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana umiliò se stesso..." (Fil 2,6-9).
In questi due brani vi è la sintesi del dono di Dio nel Figlio, Gesù di Nazareth, figlio di Maria che contempliamo nel volto di un bimbo nato in una mangiatoia.
 
Cari Amici 
«A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio».
Questo è il frutto inaudito dell’incarnazione! A questo dono ineffabile l'uomo deve rispondere con l'accoglienza totale e sincera di un cuore fedele iniziando un cammino verso Dio sui passi del Cristo redentore.

Pertanto dopo il Natale di Ge­sù deve venire il nostro na­tale
.
La vera celebrazione della Natività non si esaurisce, infatti, in un giorno di festa, ma deve essere impegno permanente di conoscenza sempre più profonda del Mistero di Dio, che si rivela in Cristo.
Lo auspica Paolo:
"il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione, per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità..."
 
Diventare figli di Dio. E’ così che la storia di Dio mediante Gesù, s’intreccia con la nostra. Egli si fa uomo perché l’uomo possa diventare figlio di Dio. Dal giorno della natività del Signore c'è un frammen­to di Logos in ogni uomo; qualcosa di Dio in ogni persona; c 'è santità e luce in o­gni vita.

Come si diventa figli? La fede, l'ascolto della Parola, l'accoglienza del Cristo che ci chiama a una comunione di vita, tutto questo ci fa figli di Dio perché rigenerati dal sangue divino del Salvatore; figli nati non solo "da volere di carne, né da volere di uomo, ma rigenerati da Dio".
Il figlio è colui che continua la vita del padre, gli assomiglia, si com­porta come il padre ...
Diventare figli è una strada infinita.

U­na piccola parola che troviamo spessissimo nel Vangelo, spiega il percorso. 
La parola è l’avverbio come:
— siate perfetti come il Padre,
— siate misericordio­si come il Padre,
— amatevi co­me io vi ho amato.
                                                   
E’ questo il nostro Natale: diventare figli nel Figlio. Ma per questo occorre conoscere ed accogliere Cristo nella nostra vita.
Noi ci definiamo troppo facilmente cristiani; ma la non conoscenza del Cristo rende impossibile il nostro sviluppo di cristiani. In questo modo si continua il drammatico equivoco di dirci cristiani e non esserlo. Cristiano è colui che conosce Cristo e lo segue.
Diceva Paolo VI: la nostra conoscenza di Gesù dipende da una nostra disposizione: quella di aprire gli occhi, il cuore, l'anima. Se andiamo a Lui con il cuore chiuso, con gli occhi serrati, con la incredulità precostituita, Egli non si mostrerà. Passerà la Luce vicino a noi e rischiamo di restare ciechi. Bisogna aprire gli occhi … Tutti devono farlo. Ma alcuni guardano e non vedono … Occorre aprire le menti alla conoscenza di Gesù. Non possediamo mai abbastanza questa conoscenza … Che fare allora? Istruirci: avere cara la Parola del Signore diffusa nella predicazione, nella catechesi e nei sacri Testi. Lui dobbiamo ascoltare. 'La fede viene dall'ascolto'. E infine amare Gesù. (19.2.1967).
 
E’ l'invito che viene dal Bambino di Betlemme, un invito che è un progetto di vita; un invito carico di luce, di amore e di speranza; quella speranza che rende la vita degna di esser vissuta, perché destinata alla piena comunione con la vita stessa di Dio, in Cristo Gesù nostro Salvatore.

Riponiamo la nostra fede e la nostra speranza in Cristo il redentore dell'uomo.
Lui la nostra unica vera speranza di felicità e di vita eterna.
 
 
Padre di eterna gloria,
che nel tuo unico Figlio ci hai scelti e amati
prima della creazione del mondo
e in lui, sapienza incarnata,
sei venuto a piantare in mezzo a noi la tua tenda,
illuminaci con il tuo Spirito,
perché accogliendo il mistero del tuo amore,
pregustiamo la gioia che ci attende,
come figli ed eredi del regno.



© Riproduzione Riservata