Omelia nella 2 domenica di Quaresima
«Questi è il Figlio mio, l’amato. Ascoltatelo»

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 Dal Vangelo secondo Matteo 17, 1-9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
 
Il Vangelo della seconda domenica di Quaresima presenta la stupenda scena della Trasfigurazione di Gesù. Dalla domenica delle tentazioni nel deserto al Vangelo della luce! Nel cammino quaresimale codesto evento prodigioso si presenta come un anticipo della gloria della risurrezione che è la meta del nostro pellegrinaggio terreno.
 
Il racconto della trasfigurazione di Gesù è situato in ciascuno dei tre Vangeli sinottici in una posizione centrale (cf. Mc 9,2-10; Mt 17,1-9; Lc 9,28-36); in un punto, cioè, in cui si registra un tornante decisivo tra il ministero di Gesù in Galilea e la sua salita a Gerusalemme.

Il
brano della trasfigurazione è collegato con un episodio avvenuto sei giorni prima. Gesù aveva parlato ai discepoli della passione e morte che lo avrebbe atteso a Gerusalemme; tuttavia incontrò la reazione di Pietro che disse a Gesù: «Questo non ti accadrà mai». Per tutta risposta Gesù lo trattò da tentatore
«perché tu non pensi come il Padre». Non è facile accogliere un destino di morte, tanto meno un destino come quello riservato a Gesù.

Ma quella era la volontà del Padre e Gesù ne fu pienamente consapevole e consenziente.
Matteo colloca l’episodio della Trasfigurazione sul Tabor nell’itinerario di Gesù con i suoi discepoli più intimi verso la Pasqua. In questo senso per l’evangelista la sequela di Gesù è sequela della croce e essere discepolo comporta la sequela fedele ed esigente del Maestro.
 
L’evangelista colloca l’episodio della Trasfigurazione  su un «alto monte» tacendone, tuttavia il nome. Esso è stato identificato con il Tabor, situato nei pressi di Nazaret, o con l’Hermon, nel Libano meridionale. In senso simbolico l’«alto monte» indica il luogo in cui Dio si rivela al suo popolo. 
 
Nell’intenzione dei sinottici l’evento della trasfigurazione deve essere considerato come un evento realmente accaduto nella vita di Gesù davanti a testimoni anche se narrato dai tre evangelisti con differenza di accenti. L’intento è stato quello di narrare la teofania di Gesù, il Figlio di Dio. Una rivelazione, quindi; un alzare il velo su Gesù in modo che il discepolo conosca l’identità più autentica del Signore.
 
«Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte». Sono gli stessi tre discepoli che saranno testimoni di un altro momento importante della vita del Figlio di Dio, in cui il Signore sarà ancora trasfigurato, ma dal sangue sudato a causa del dolore e della solitudine del Getsemani.

Gesù salito «sull’alto monte» si trasfigurò; «le sue vesti divennero candide come la luce». Trasfigurarsi è ormai un termine desueto. Con un complesso giro di parole potremmo dire che Trasfigurazione significa saper vedere quello che c’è ben oltre quello che percepiamo con la semplice vista. Non si tratta di un gioco virtuale, né di prestidigitazione.

Si tratta di una esperienza che vissero alcuni discepoli in un momento in cui era difficile per tutti seguire Gesù, dato che Egli annunciava senza tema che il suo cammino sulla terra si sarebbe concluso con una dolorosa passione e la morte sulla croce. Il terzo giorno, tuttavia, sarebbe risorto!

Lo spaccato della Trasfigurazione con la visone di Gesù Cristo nella gloria è stato per Pietro, Giacomo e Giovanni una finestra sulla risurrezione e sulla vita beata che - dopo la risurrezione finale - ogni creatura umana potrà godere se avrà vissuto in terra nella continua ricerca dei beni del cielo.
Deve essere stato uno spaccato di gloria stupendo se Pietro disse: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».
 
Mosè ed Elia, la Legge e i profeti che sintetizzano tutte le Scritture di Israele, il Primo Testamento, sono accanto a Gesù come testimoni e interpreti. Essi sono la sintesi della storia della salvezza: la legge di Dio (Mosè), continuamente ricordata dai profeti (Elia) ha raggiunto la sua piena espressione con la rivelazione della Parola che Dio ha pronunciato (Gesù). Il Nuovo Testamento fu rappresentato dai discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni che, tuttavia non compresero ancora la prospettiva della risurrezione.

E sui testimoni umani della gloria di Gesù si levò
«una voce dalla nube»: la voce del testimone divino: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!». La nube è il simbolo della presenza di Dio, segno di Dio che si è avvicinato agli uomini, e tuttavia restava nascosto, Santo e separato dal mondo. Dalla nube della presenza di Dio ecco venire la voce del Padre, la parola di Dio stesso.

Gesù aveva già ascoltato questa parola del Padre nel battesimo ricevuto da Giovanni il Battista.
E dalla nube della presenza di Dio provennero le parole della investitura messianica. Colui che i discepoli avevano seguito, colui che avevano ascoltato e visto agire come Maestro, Profeta e Messia, è rivelato dal Padre come «Figlio amato».
 
Cari Amici,
L’intervento del Padre si conclude con un comando perentorio: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!».  Compito del discepolo è di ascoltare e seguire il Maestro. Saremo discepoli autentici nella misura in cui sapremo fare nostro l’insegnamento e le scelte di vita del Signore. Guardando a lui il cristiano capisce che la strada della vita passa attraverso la morte, l’umiliazione e la croce. Il Vangelo invita a prendere in considerazione la glorificazione di Gesù per ricevere conforto e coraggio per seguirlo anche sulla via della passione.
 
Scendendo la montagna, Pietro, Giacomo e Giovanni si trovarono ancora soli con Gesù. L'anticipo della gloria della risurrezione era finita e non lo avevano compreso: si chiedevano «che cosa volesse dire risorgere dai morti». La gloria della risurrezione, di cui lo scenario della Trasfigurazione fu solo una breve anticipazione, può essere compreso vissuto nell’orizzonte della croce. Poiché non avevano compreso la croce, non poterono capire la risurrezione.
 
La Trasfigurazione di Gesù sul Tabor fa pensare al nostro cammino come cristiani. L'esistenza umana è un cammino più nella penombra che nella piena luce. Ciascuno di noi conosce e ha il proprio cammino che è distinto da quello degli altri; tuttavia il cammino della vita è pressoché simile per tutti: greve, oscuro, specialmente quando abbiamo l’impressione che non si compiano e non si realizzano le nostre aspettative e quando la vita cristiana – che è seguire Cristo – non risolve e non da risposte alle nostre aspirazioni e ai nostri desideri.
 
Con ragione Santa Teresa diceva: "La vita è una brutta notte trascorsa in una brutta locanda”. Per qualcuno si tratta di “molte brutte notti trascorse in assai brutte locande”. Anche noi, molto spesso, siamo portati a chiederci se abbiamo sbagliato a seguire Gesù, poiché ci sembra di non intravvedere salvezza da nessuna parte.

Ed è proprio in queste circostanze che abbiamo più bisogno di trovare momenti e spazi in cui la vita normale si trasfiguri per farci vedere dove ci conducono il lavoro e le sofferenze del momento presente. Per un momento, almeno si ha bisogno di pregustare almeno qualcosa di ciò che costituirà la beatitudine del Paradiso. Abbiamo la necessità di esperienze luminose e gioiose per gustare un anticipo di Pasqua nel cammino spesso faticoso e oscuro di ogni giorno.
 
Quali potrebbero essere alcune esperienze di Trasfigurazione?
 
     Quando nel corso di una celebrazione liturgica abbiamo sperimentato la soddisfazione di sentirci bene vicino a Gesù ...
   Quando, dopo un dialogo cordiale con il sacerdote, con i nostri genitori, con un vero amico abbiamo recuperato il coraggio, o si è riaccesa la nostra speranza e abbiamo dato un senso al nostro soffrire ...
    Quando siamo entrati in una chiesa e abbiamo detto al Signore: “Non ce la faccio più!” e fissando in silenzio il Crocifisso e il Tabernacolo ci siamo sentiti consolati e rafforzati ...
    Quando con la nostra comunità di uomini peccatori ma chiamati a santità abbiamo condiviso fede, speranza e carità e ci siamo sentiti bene ...
 
Allora possiamo dire di aver fatto anche noi una piccola esperienza di Trasfigurazione. Con una accorgimento importante: anche se bello, gioioso e consolante non è il momento di fare capanne! A nessuno … è dato di vivere sul Tabor mentre si è su questa terra. Gesù ci ama e ci fa intravvedere uno spaccato di Risurrezione.

Ma il nostro cammino occorre che lo percorriamo tutto. Con una raccomandazione:
«Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!». E la voce del Padre che ci indica in quale modo possiamo vivere già qui, anche se non ancora in pienezza la gloria della salvezza mentre percorriamo il nostro cammino, anche se percorso “in valle oscura”. Ascoltare Gesù; crescere alla scuola della Sua Parola, annunciando la sua morte e la sua risurrezione nell’attesa dell’incontro definitivo con Lui.
 
Se vogliamo pregustare già il cielo qui sulla terra dobbiamo incontrare, seguire e ascoltare Cristo Maestro:
Ascoltarlo nella sua Parola, custodita nella Sacra Scrittura e ascoltarlo negli eventi stessi della nostra vita cercando di leggere in essi i messaggi della Provvidenza.
Ascoltare ciò che il Signore ha detto e insegnato e che la Chiesa ripete da oltre venti secoli, riecheggiando, con il suo magistero, i precetti, i desideri del Salvatore, cioè distribuendo a tutti la rivelazione.
Ascoltare Cristo e ubbidire alla sua voce.
 
E’ questa la via maestra: l’unica che conduce alla pienezza della gioia che non avrà fine, di cui la Trasfigurazione è anticipo e caparra.
 
O Padre, che ci chiami
ad ascoltare il tuo amato Figlio,
nutri la nostra fede con la tua parola
e purifica gli occhi del nostro spirito,
perché possiamo godere la visione della tua gloria.

 

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