Omelia nella 16 domenica per annum
«Venite in disparte e riposatevi un po’»
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✠ Dal Vangelo secondo Marco 6,30-34
“In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”. +++++
Il Vangelo di oggi è la continuazione di quello di domenica scorsa.
Gesù aveva inviato i dodici apostoli, a due a due, nei villaggi della Galilea per proclamare che la gente si convertisse, scacciare i demòni, ungere con olio gli infermi e guarirli. Aveva anche suggerito il modo con cui affrontare la missione: «non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche».
Il brano evangelico di questa domenica costituisce l’inizio della cosiddetta “sezione dei pani” (Mc 6,30 – 8,26); sono quelle pagine del vangelo di Marco che sono dominate dai racconti delle due moltiplicazioni o, meglio, dei due “spezzamenti” dei pani.
La pericope evangelica odierna narra il ritorno dei discepoli dalla loro prima missione, i quali: «si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato». In questo contesto, forse proprio in riferimento alla missione, essi hanno ricevuto l’appellativo di «apostoli», cioè inviati. È importante notare che soltanto qui Marco usa il termine apostoli.
Non è difficile immaginare la loro felicità e la loro stanchezza. Difatti gli apostoli sono tornati con un bagaglio carico di emozioni, di “successi” e di “insuccessi”; hanno sperimentato non solo la forza della Parola di Dio, ma anche la fatica e il rifiuto. Tutto ciò non deve essere sfuggito allo sguardo attento e penetrante di Gesù. Per questo con grande benevolenza e con un tratto di straordinaria delicatezza disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Era, questo, anche un modo per restare da soli perché la folla era talmente numerosa che «non avevano neanche il tempo di mangiare».
Gesù pare essere più interessato alle persone piuttosto che ai risultati delle loro azioni. Per Gesù è più importante l’essere che il fare. E, conclusa l’esperienza del lavoro missionario, Gesù ha dato valore al riposo e allo stare insieme.
Raccontare la missione! Non va dimenticato che la missione dei dodici fu anzitutto eco e ampliamento della missione di Gesù. Non è difficile immaginare con quale entusiasmo i Dodici abbiano dato conto al Maestro della loro opera di evangelizzazione, di «tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato»! Un quasi processo di revisione. Ciò sta a indicare che per essere autentica la missione deve essere ripensata, contrastata, valutata. Non si tratta, tuttavia, di una valutazione accademica o sociologica, ma di una valutazione raccontata. Gli inviati di Gesù tornarono per renderlo partecipe delle loro esperienze. Gesù lo sapeva e volle ascoltarli. Il Maestro si fece così, discepolo.
Una gara per raccontare, ciascuno, che cosa aveva fatto. Riunirsi attorno al Maestro in persona e fare revisione di vita con lui che aveva per gli apostoli proprio lo scopo di vedere se ciò che avevano vissuto era quello che volevano raggiungere con la missione; e soprattutto se avessero interpretato bene il mandato di Gesù.
Stare con Gesù! L’unione tra due persone nasce sempre dal raccontarsi, dall’aprire il cuore all’altro. L’unità nasce dall’intimità, dal potersi accogliere, dal poter entrare l’uno nel cuore dell’altro. E’ il vero riposo e il segreto per ricuperare le energie fisiche e spirituali. Ma non solo; Gesù indicò agli apostoli a fare ciò che faceva lui stesso: ad armonizzare azione e meditazione; a passare dal contatto fisico e spirituale con la gente, al dialogo intimo e interiore con se stessi e con Dio; a rigenerarsi nel rapporto personale con Dio. Lui è il Maestro che desidera formare i suoi discepoli insegnando loro il Vangelo, trasmettendo loro il suo pensiero, formandoli allo spirito e al senso della preghiera. Solo in una vera e permanente “intimità divina” gli apostoli potranno essere testimoni autentici e credibili.
Ma la tenerezza di Gesù si spostò dai discepoli alla folla. Gesù provò amorevolezza e premura non solo verso i suoi più stretti collaboratori, ma anche per tutta la gente che era venuta a cercarlo. Infatti la medesima sensibilità Gesù di Nazareth la espresse allorquando, scendendo dalla barca, «vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose». Il gregge senza pastore era una immagine diventata proverbiale nel Testamento Antico per stigmatizzare la sofferenza del popolo di non essere guidato e di non avere un pastore ad indicare il cammino (cf 1Re 22, 17). A quelle pecore senza pastore il Maestro diede loro quello di cui avevano bisogno: una guida, un orientamento che desse senso a opere e giorni. «Si mise a insegnare».
Questo esempio della sensibilità di Gesù riguarda il gregge disperso dei tanti uomini e donne di oggi in cerca di una guida; di quanti si interrogano, senza trovare risposta. Gesù intuisce il male profondo di questo popolo: smarrimento, insicurezza, mancanza di senso … Quanta gente si chiede il perché del penare e del vivere! Eppure, per uscire dalle secche la guida c’è. E’ Gesù Cristo! E’ lui il “bel” Pastore. Un Pastore tanto sollecito da disporre, per tutte le generazioni, altri pastori incaricati di continuare la sua opera. Pastori che – come ricorda Geremia profeta nella prima lettura - non distruggano e disperdano il gregge del pascolo di Dio. Per questo, dice il Signore, “costituirò sopra [le pecore] pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi”.
Il Canto responsoriale di questa domenica ci invita a ripetere il bellissimo Salmo 22 (23). Esso riflette la fede di Israele e anche la fiducia di tutti coloro che hanno scoperto la bontà e la misericordia di Dio.
─ “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”. Questa è la preghiera di una Chiesa che non pone la sua fiducia in se stessa. I suoi mezzi e le sue strategie non saranno mai abbastanza per l’annuncio del vangelo.
─ “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”. Questa è la confessione del vero credente. Nel bel mezzo delle oscurità e delle prove della vita egli confida nel Signore, che dirige i suoi passi.
─ “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”. Questa è la nostalgia, a volte inconsapevole, dell'umanità. Troppo spesso si vede frustrata e defraudata dai leaders di questo mondo che offrono paradisi ingannevoli.
Cari Amici,
L’invito di Gesù «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’» è rivolto anche a noi; un invito a trovare più tempo per riposare, per dedicare alla famiglia, agli amici, a se stessi, al nostro rapporto con Dio. A volte non è facile considerare la gerarchia dei valori. Che cosa conta davvero? Che cosa è importante? Spesso diamo eccessiva importanza alle troppe preoccupazioni, alle attività, alle nostre ansie e paure e in questo contesto appare difficile riservarci un po’ di silenzio fuori e dentro sé. Ma queste sono le condizioni essenziali per ascoltare la voce di Dio, per approfondire e nutrire il rapporto d’amore con lui per confrontare la nostra vita con la sua Parola e riuscire a portare i suoi insegnamenti nella vita quotidiana in un armoniosa integrazione tra fede e vita.
Dobbiamo ricordare che la vita cristiana, con tutto ciò che essa comporta, non può essere disgiunta dalla contemplazione e dalla preghiera, dal ritiro e dal silenzio. Il deserto, il silenzio dentro di noi e attorno a noi, il luogo spirituale dove si ha solo l'essenziale e dove, privati di tutto quello che normalmente si ritiene importante, ci si ritrova a tu per tu con Dio, sono necessari. E mentre tacciono le parole degli uomini e delle cose, finalmente si può riascoltare la voce di Dio.
E Dio lo si trova nella preghiera e nella contemplazione. La preghiera è l’anima dell’apostolato! Durante questo periodo di ferie ritagliamoci un po’ di tempo da dedicare al deserto; "riposarsi un po’" in un luogo solitario. Il riposo intimo con il Signore è l'invito a restare con lui per gustare la sua dolce presenza, fare esperienza personale del Maestro, arricchirsi di lui per poi darlo anche agli altri. Non si può dare ciò che non si possiede.
Per tutti, pastori e gregge, è necessaria la contemplazione perché sia fruttuosa l'attività apostolica di evangelizzazione.
Il momento, lo spazio silenzioso e solitario per la contemplazione, è il momento fecondo che prepara qualunque attività apostolica. L'annuncio della parola che salva, l'annuncio del Vangelo, non nasce che dalla grazia della comunione con Dio, la grazia della contemplazione, che non è prerogativa di pochi, ma è grazia per ogni credente, anzi vocazione di ciascun uomo, destinato a vedere e godere il suo Dio e Padre. Ecco perché, ogni uomo o donna, ha il suo posto di contemplativo nella storia.
Occorre essere capaci di silenzio per lasciarsi abitare da Dio. Il silenzio e la solitudine, in tutte le religioni, sono dimensioni necessarie per l’incontro con il Mistero. Il silenzio è un atteggiamento attivo. E’ il nostro silenzio che dà a Dio la possibilità di parlare al nostro cuore. Abbiamo bisogno di quel silenzio che diventa contemplazione, che ci fa entrare nel silenzio di Dio e così arrivare al punto dove nasce la Parola. Sì: i discepoli di Cristo sono chiamati a far rinascere in se stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e di testimoniarlo.
E’ Cristo, il Figlio di Dio, il Redentore e il Salvatore, il Bel Pastore l'oggetto della nostra predicazione.
Ma, ancor prima, della nostra contemplazione, il dono di grazia che rende l'annuncio del Vangelo credibile e fecondo.
Dona ancora, o Padre, alla tua Chiesa,
convocata per la Pasqua settimanale,
di gustare nella parola e nel pane di vita
la presenza del tuo Figlio,
perché riconosciamo in lui il vero profeta e pastore,
che ci guida alle sorgenti della gioia eterna.
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