L’incarnazione di Gesù di Nazareth, culmine della rivelazione di Dio

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Gesù di Nazareth è il volto umano di Dio. In Gesù, Dio è venuto nel nostro mondo nel modo migliore: cioè facendosi uomo. E tutto e solo per amore. La domanda posta da questa umanità di Dio è se vi sia "qualcosa" in Dio che lo muova a farsi uomo; se l'umano sia all'interno della Trinità, in modo che, facendosi uomo il Verbo divino stia mostrando qualcosa della più intimità più profonda di Dio.
Poiché l'essere umano è immagine di Dio, vi è una tendenza nell'uomo che lo conduca a Dio?
È possibile fare la stessa domanda, ma dalla parte di Dio? Vi è, cioè, una tendenza in Dio che lo conduca all'umano? E se così è, questa tendenza aiuta a capire meglio le profondità di Dio?

Alcuni teologi osano dire che la divinità di Dio include la sua umanità. In Gesù Cristo si manifesta che né l’uomo è chiuso verso l’alto, né Dio è chiuso verso il basso. L'umano appartiene all’essere proprio del Dio Trinitario. San Paolo scrivendo a Tito afferma che in Gesù apparuit humanitas Dei Nostri. In Gesù Cristo non appare soltanto un Dio umanizzato, ma l'umanità di Dio. Dio può comunicare con noi perché tra lui e noi c'è un'affinità essenziale, come si legge in Atti 17,28: “Poiché di lui stirpe noi siamo”. La cosa più sorprendente, tuttavia,  
non è che un uomo sia Dio, ma che Dio sia uomo. Il primo (che l'uomo Gesù sia divino) potrebbe essere considerato come una bestemmia: infatti proprio così lo hanno considerato gli ebrei, secondo quanto narrato da Giovanni (10,33), ma il secondo è una follia inconcepibile e inimmaginabile (cfr 1 Cor 1,23).

In effetti, non sorprende molto che il piccolo sia elevato (che Gesù Cristo sia Dio); questa è l’ambizione che tutti abbiamo, il sogno di tutti gli uomini, la proiezione dei nostri desideri: "essere come dei". La cosa sorprendente è che il divino si sia ridotto a piccolezza. Ciò che sorprende è che Gesù “pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini”
(Fil 2, 6-7).
 
Questo è il motivo per cui l'Incarnazione debba essere intesa non tanto come un rimedio per il peccato, ma come il culmine della rivelazione di Dio. Dio diventò ciò che è: "Venne tra i suoi" (Gv 1,11).
L'incarnazione manifesta il primato dell'amore: "Dio ha tanto amato il mondo da mandare suo Figlio" (Gv 3,16).

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