L'impegno dei cattolici

<< Torna indietro

L’impegno dei cattolici
nel sociale e nella politica
 
 
stato_chiesa
 
Il tema del laicato cattolico - protagonista nella storia e corresponsabile con il ministero sacerdotale nella vita della Chiesa - è un argomento a me assai caro. Ho trascorso molti anni dedicandomi alla formazione dei laici anche in qualità di responsabile prima di una Scuola di Teologia per Laici e poi preside di un Istituto di Scienze Religiose. 
 
Recentemente papa Benedetto ha offerto un sorso d’acqua viva in un grigiore e torpore politico senza pari.
Erano molti anni che un Pontefice non si esprimeva con gli accenti di Benedetto.
Cosa ha detto il Papa? Innanzitutto giova ricordare il contesto; il Vicario di Cristo fa riferimento alla Vergine “Stella della nuova evangelizzazione”, alla cui scuola imparare come recare Cristo Salvatore agli uomini e alle donne contemporanei”. E’ chiaro il contesto della testimonianza cristiana.
In quest’ottica di recare e annunciare Cristo ecco gli aspetti cogenti:
 
1. “Vi aiuti a portare Cristo alle famiglie, piccole chiese domestiche e cellule della società, oggi più che mai bisognose di fiducia e di sostegno sia sul piano spirituale che su quello sociale.
2. Vi aiuti a trovare le opportune strategie pastorali per far sì che Cristo sia incontrato dai giovani, portatori per loro natura di nuovo slancio, ma spesso vittime del nichilismo diffuso, assetati di verità e di ideali proprio quando sembrano negarli.
3. Vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”.
 
E la conclusione ribadisce e rinvigorisce la contestualità del messaggio: “In tutti questi aspetti dell’impegno cristiano potete sempre contare sulla guida e sul sostegno della Vergine Santa”.
 
Sì; il Papa situa il suo dire nel contesto ampio della evangelizzazione: “Vi renda capaci di evangelizzare”, questi che sono “tutti aspetti dell’impegno cristiano”! 
 
Si tratta, quindi, per i cattolici di un vero amoris officium. Sì: proprio un servizio d’amore!
 
La Chiesa ha un'alta stima per la genuina azione politica; la dice "degna di lode e di considerazione" (GS 75), l'addita come "forma esigente di carità" (Octogesima adveniens, 46). Riconosce che la necessità di una comunità politica e di una pubblica autorità è inscritta nella natura sociale dell'uomo e quindi deriva dalla volontà di Dio.
 
Lo ricordava Paolo VI affermando che “la politica è la più alta forma di carità”.   
 
La Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato il 24-XI-2002 una «Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica».
La Nota porta la firma dell’allora card. Joseph Ratzinger.
E Benedetto XVI in diversi discorsi, ha toccato i punti più importanti di quella Nota.
Ha affermato tra l’altro che «uno Stato democratico laico deve proteggere la pratica religiosa dei suoi cittadini, senza preferenze né rifiuti [...] In uno Stato laico sono i cittadini che, nell’esercizio della loro libertà, danno un determinato sentimento religioso alla vita sociale ».
Ha sottolineato che «l’intrinseca dimensione etica di ogni decisione politica è essenziale per l’edifica­zione di un mondo che riconosca e promuova la dignità, la vita e la libertà di ogni persona umana, mentre crea le condizioni di giustizia e di pace nelle quali gli individui e le comunità possono realmente fiorire».
 
Orbene dopo aver proposto l’urgenza di una forte identità cristiana del credente nella storia e tra gli uomini e auspicando ora la presenza del laico cattolico nella vita politica e sociale, occorre ribadire che la cultura politica e sociale del cittadino cattolico non può non essere illuminata e informata dalla sua fede in Cristo, la quale per il cristiano è il criterio supremo di vita.
 
Per questo il cristiano dovrà promuovere e difendere ciò che, secondo la propria coscienza illuminata dai valori evangelici.
 
Certamente un tema che appassiona è quello della libertà politica dei cattolici nello scegliere «tra le opinioni politiche compatibili con la fede e la legge morale naturale, quella che secondo il proprio criterio meglio si adegua alle esigenze del bene comune».
 
Infatti il cattolico deve superare l’idea relativista secondo la quale tutte le concezioni dell’uomo e della vita sociale hanno lo stesso valore.
Chi agisce nel sociale e nel politico deve avere ben chiaro che il suo operato deve mirare alla realizzazione concreta del bene umano in un contesto molto concreto.
 
L’obiettivo è il vero bene della persona umana.
Ma attenzione: la legittima libertà politica che godono i cattolici non va confusa però «con un indistinto pluralismo nella scelta dei principi morali e dei valori so­stanziali a cui si fa riferimento.
 
La legittima pluralità di opzioni temporali mantiene integra la matrice da cui proviene l’impegno dei cattolici nella politica e questa si ri­chiama direttamente alla dottrina morale e sociale cristiana.
È su questo insegnamento che i laici cattolici sono tenuti a confrontarsi sempre per poter avere cer­tezza che la propria partecipazione alla vita politica sia segnata da una coerente responsabilità per le realtà temporali».
 
Per approfondire il fondamento della libertà politica bisogna interrogarsi sul rapporto tra fede cristiana e cultura politica.
 
Due sono gli aspetti a considerare:
 
1) Da una parte, la fede cristiana non si identifica con alcuna sintesi poli­tica e culturale concreta. La fede non è una cultura politica completa, alter­na­tiva alle culture politiche umane, e che potrebbe essere ricevuta soltan­to da co­loro che fossero interamente privi di qualsiasi cultura politica (cioè, po­trebbe essere ricevuta soltanto in uno scenario politico vuoto).
 
2) Ma d’altra parte è anche vero che la fede cristiana ha molteplici conseguenze per l’attività politica.
La fede è per i credenti il criterio supremo di vita, e pertanto la fede informa, aggiunge o modifica le diverse culture politiche umane di coloro a cui arriva la fede. La storia dimostra che la fede è stata più di una volta innovativa e creativa in ambito sociale e politico.
Mettere insieme le due cose richiede attenzione ed equilibrio. Nella pratica questioni religiose o morali possono essere molto legate a questioni politiche, ed è facile confondersi. È necessaria molta attenzione, e non per­mettere che gli insegnamenti morali vengano strumentalizzati politicamente.
 
Ogni confusione o identificazione tra entrambi i piani alla fine è sempre nociva, soprattutto per la fede.
L’attuale Codice di Diritto Canonico, c. 227, offre una sintesi della questione che mi sembra particolarmente chiara: «È diritto dei fedeli laici che venga loro riconosciuta nella realtà della città terrena quella libertà che compete ad ogni cittadino; usufruendo tuttavia di tale li­ber­­tà, facciano in modo che le loro azioni siano animate dallo spirito evangelico e pre­stino attenzione alla dottrina proposta dal magistero della Chiesa, evitando però di presentare nelle questioni opinabili la propria tesi come dottrina della Chiesa».
Di conseguenza, tutti gli uomini sono chiamati da Dio a vivere con responsabilità i propri doveri sociali e a perseguire lo sviluppo personale e comunitario anche nel compimento di tali doveri.
Questo è oggi un diritto ampiamente accettato nella società. Ma è anche un dovere, poiché libertà non significa soltanto mancanza di coazione o indifferenza nell'agire; la libertà è una formidabile energia, una fonte potenziale di progresso che non deve rimanere inattiva, né nelle singole persone, né nelle comunità e nei paesi.
Anzi, la "salute" di una comunità politica si esprime, tra l'altro, «mediante la libera partecipazione e responsabilità di tutti alla cosa pubblica».
La politica è soprattutto un servizio al bene comune, che necessariamente include il bene integrale di ogni persona.
Parlando di bene comune ci si riferisce al bene comune politico, come spesso accade nell'insegnamento sociale cristiano. Tale bene non abbraccia, di conseguenza, tutto il bene umano, neanche quello proprio di questa vita. Deve tener conto però dell'uomo nella sua integrità, che non è soltanto materiale, ma anche e soprattutto spirituale e morale.

Oggi si assiste a una crescente spoliticizzazione dei cittadini, che si manifesta con una indifferenza generalizzata verso i problemi che riguardano la società (a condizione che essi non ledano gli interessi personali). L'uomo appare ipersensibile di fronte a ciò che lo riguarda personalmente e incredibilmente apatico nei confronti del bene comune. La causa principale di tale atteggiamento è forse la perdita di significato della vita personale e sociale, per cui le persone tendono a rifugiarsi nell'immediato e nell'effimero. In definitiva la spoliticizzazione di cui parlo è dovuta, soprattutto, a cause morali e culturali. Una ragione in più per impegnarsi seriamente e con un alto profilo etico nell'ambito dell'attività politica.
Tengo a sottolineare che il cristiano coerente non può disinteressarsi di tale attività, non può essere succube della passività o della rassegnazione in questa sfera così importante per il bene di tutti gli uomini.
 
La partecipazione alla vita politica è un diritto e un dovere, che ognuno dovrà assumersi a seconda delle personali competenze e delle proprie condizioni, ma senza cessioni né scoraggiamenti.