L'eredità di Benedetto XVI

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Per 8 anni, dal 2005 al 2013, la fede di Benedetto XVI è stata la roccia su cui è stata edificata la Chiesa. 
Il 31 dicembre 2022 è tornato alla Casa del Padre.
Devo ammettere la mia ammirazione per la persona di Benedetto XVI, per la sua intelligenza, il suo rigore, la semplicità e la disponibilità al servizio della Chiesa e dell'umanità. Mi ha sempre affascinato e attratto la sua capacità di sintesi.
 
Joseph Ratzinger è stato un grande Padre della Chiesa, un vero pastore mite e umile di cuore. La stabilità interiore e la fortezza evangelica lo hanno reso una guida sicura e luminosa per la Chiesa e per il mondo.
Il mondo si è inginocchiato all’umiltà profetica del «semplice operaio della vigna del Signore» e dell’infaticabile «cooperatore della Verità»
 
Ma non cesserà la suggestione provocata dai suoi insegnamenti relativi all’essenza del cristianesimo quale approdo di salvezza per ogni persona umana, quale bussola per i popoli in ricerca del proprio destino di sviluppo nella fraternità.
 
È stato il primo Papa in tutto e per tutto del XXI secolo. Con il suo insegnamento ha voluto confermare, rafforzare e radicare la fede nella società e nella cultura globalizzata dei nostri giorni, divenuta sospettosa delle sue origini cristiane. 
 
Benedetto XVI ha sempre ripetuto che «condurre gli uomini verso Dio, questa è la priorità suprema della Chiesa e del Successore di Pietro in questo tempo... Aprire agli uomini l’accesso a Dio, non a un Dio qualsiasi, ma a quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine, in Gesù Cristo crocifisso e risorto».
 
Joseph Ratzinger – il teologo e il pastore –  è sempre stato convinto che la ragione e la fede hanno bisogno l’una dell’altra nel cammino di avvicinamento e di servizio alla verità, per il bene delle persone umane e della creazione, per sviluppare l’umanesimo di cui oggi abbiamo bisogno. Il grande compito del suo pensiero, è stato quello di elaborare una sintesi tra fede e ragione, mostrando come entrambe vadano di pari passo, e come la Chiesa e il il mondo hanno bisogno di loro, per renderli un luogo più umano, secondo la dignità dei figli di Dio.
 
Nell'omelia della Messa in occasione dell'inizio ufficiale del suo ministero di Vescovo di Roma, il 24 aprile 2005, ha pronunciato, in conclusione, queste parole molto significative: «Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera.… Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo e troverete la vera vita».
E chiosava in una sintesi stupenda: «Chi crede, non è mai solo!».

Le sue encicliche sono autentici capolavori: "Deus caritas est" e "Caritas in veritate" , con l' enciclica "Spe salvi". I titoli dei primi due testi citati, lasciano intravedere due grandi idee: Dio è Amore e l'Amore che si fa Carità, deve manifestarsi nella Verità. Certamente la Verità non è così facilmente apprendibile, intellettualmente, come l'Amore, ma nella vita pratica l'Amore è più di un sentimento: L'Amore deve sottomettersi al vaglio, se non alla Verità, almeno alla ricerca della Verità.
 
Nella sua prima enciclica significativamente titolata Deus caritas est scrisse: «Non si comincia a essere cristiani con una decisione etica o una grande idea, ma dall'incontro con un evento, con una Persona, che dà un nuovo orizzonte alla vita e, con esso, un orientamento decisivo» (n. 1).
 
Nell’omelia della messa pro eligendo Romano Pontifice disse: «“Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità». 
 
Di fronte alla “dittatura del relativismo” e allo scetticismo imperanti, Joseph Ratzinger ingaggiò un deciso confronto e si è sforzato per tutta la vita di dimostrare che credere non è un atto irrazionale o un atto puramente soggettivo e privato, che la fede illumina tutta la realtà dall'amore. E sempre nell’omelia della messa pro eligendo Romano Pontifice disse: «Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie».
 
“Quaerere Deum”.  E’ uno dei temi appassionanti sui quali spesso è tornato Papa Benedetto. Cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui. Joseph Ratzinger era persuaso che questa oggi è la fida delle sfide. La ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura. Nell’incontro con il mondo della cultura presso il Collège des Bernardins a Parigi. In uno splendido, articolato ed elevato discorso, egli disse «Il desiderio di Dio include l’amore per la parola, il penetrare in tutte le sue dimensioni. Poiché nella Parola biblica Dio è in cammino verso di noi e noi verso di Lui».  E concluse: «Per molti, Dio è diventato veramente il grande Sconosciuto… Quaerere Deum – cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario che in tempi passati. Una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi».    

A Benedetto XVI stette molto a cuore la famiglia. Mi pare davvero opportuno citare alcuni suoi pensieri e convincimenti in ordine alla famiglia. Diceva:
«Il mio desiderio è proporre per la Chiesa e per la società il ruolo centrale della famiglia fondata sul matrimonio».   
O quando diceva: «L'amore, la dedizione e la fedeltà dei genitori, così come l'armonia nella famiglia sono l'ambiente propizio perché la chiamata divina sia ascoltata e il dono della vocazione sia accolto». 
«Il tesoro più prezioso è fondare una famiglia», «trasmettere la fede ai figli è una responsabilità che i genitori non possono dimenticare, trascurare o delegare totalmente», «il linguaggio della fede si impara nelle famiglie dove questa fede cresce e si rafforza attraverso la preghiera e pratica cristiana». 
E quasi in procinto di salutarci, Benedetto XVI disse: «Per avanzare nel cammino della maturità umana, la Chiesa ci insegna a rispettare e promuovere la meravigliosa realtà del matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna, che è, anche l'origine della famiglia».
 
Da Cardinale Joseph Ratzinger mise in campo tutti i suoi sforzi per aprire strade di dialogo con chi non la pensava come lui. Dialoghi di alto livello intellettuale, che mantenne quando fu prima cardinale e poi papa, con personalità come Jürgen Habermas, Marcello Pera, Paolo Flores d'Arcais, Piergiorgio Odifreddi, solo per citarne alcuni. 
 
Sia da cardinale che da Papa, mantenne intensi contatti con teologi che potremmo definire "ribelli". Iconico è l'esempio di Hans Küng, con il quale ebbe una lunga amicizia, fin dagli anni precedenti il ​​Concilio Vaticano II. 
 
Le sue ricche riflessioni sulle radici cristiane dell'Europa mostrano quanto la fede possa apportare alla vita e alla convivenza tra i popoli. Coraggiosamente Benedetto XVI ha sempre denunciato i tentativi di scristianizzazione della società, tra i quali la negazione del riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa, provocati da quelle ‘correnti laicistiche e relativistiche’.
 
Ai giovani diceva: «Ci sono molti che, credendosi dei, pensano di non aver bisogno di più radici o fondamenti di loro stessi. Vorrebbero decidere da soli cosa è vero o no, cosa è buono o cattivo, cosa è giusto o cosa è ingiusto; decidere chi è degno di vivere o chi può essere sacrificato... Noi, invece, sappiamo bene che siamo stati creati liberi, a immagine di Dio, proprio per essere protagonisti nella ricerca della verità e del bene, responsabili delle nostre azioni, e non semplici carnefici ciechi».
 
Per quanto riguarda il Concilio Vaticano II Benedetto XVI ci lascia questa stupenda sintesi: «Guardando alla ricchezza contenuta nei documenti del Vaticano II, vorrei solo nominare le quattro Costituzioni, quasi i quattro punti cardinali della bussola capace di orientarci. La Costituzione sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium  indica come nella Chiesa all’inizio c’è l’adorazione, c’è Dio, c’è la centralità del mistero della presenza di Cristo. E la Chiesa, corpo di Cristo e popolo pellegrinante nel tempo, ha come compito fondamentale quello di glorificare Dio, come esprime la Costituzione dogmatica Lumen gentium. Il terzo documento che vorrei citare è la Costituzione sulla divina Rivelazione Dei Verbum: la Parola vivente di Dio convoca la Chiesa e la vivifica lungo tutto il suo cammino nella storia. E il modo in cui la Chiesa porta al mondo intero la luce che ha ricevuto da Dio perché sia glorificato, è il tema di fondo della Costituzione pastorale Gaudium et spes».
 
Il Concilio Vaticano II è stato per Benedetto XVI un forte appello a riscoprire ogni giorno la bellezza della nostra fede, a conoscerla in modo profondo per un più intenso rapporto con il Signore, a vivere fino in fondo la nostra vocazione cristiana.
Resterà memorabile il discorso rivolto alla Curia Romana per lo scambio di auguri del Natale 2005, durante il quale, tornato per qualche minuto professore, Benedetto XVI parlò del Concilio circa l’ermeneutica della discontinuità e della rottura, e  l'“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa.

L'ermeneutica della discontinuità, secondo cui i testi del Concilio sarebbero il risultato di compromessi; per questo il vero spirito del Concilio e la sua novità andrebbe al di là dei testi, facendo spazio coraggiosamente alla novità nella quale si esprimerebbe l’intenzione più profonda, sebbene ancora indistinta, del Concilio. In una parola: occorrerebbe seguire non i testi del Concilio, ma il suo spirito.
L'ermeneutica della riforma vuole trasmettere pura e integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti. Il dovere del Concilio non è soltanto di custodire questo tesoro prezioso, come se ci preoccupassimo unicamente dell'antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell'opera, che la nostra età esige… È necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo.
 
Innamorato della Liturgia Papa Benedetto scrisse: “C’è bisogno come minimo di una nuova consapevolezza liturgica che sottragga spazio alla tendenza a operare sulla liturgia come se fosse oggetto della nostra abilità manipolatoria. Siamo giunti al punto che dei gruppi liturgici imbastiscono da se stessi la liturgia domenicale. Il risultato è certamente il frutto dell’inventiva di un pugno di persone abili e capaci. Ma in questo modo viene meno il luogo in cui mi si fa incontro il totalmente Altro, in cui il sacro ci offre se stesso in dono; ciò in cui mi imbatto è solo l’abilità di un pugno di persone. E allora ci si accorge che non è quello che si sta cercando. E’ troppo poco e insieme qualcosa di diverso. La cosa più importante oggi è riacquistare il rispetto della liturgia e la consapevolezza della sua non manipolabilità. Reimparare a riconoscerla nel suo essere una creatura vivente che cresce e che ci è stata donata, per il cui tramite noi prendiamo parte alla liturgia celeste. Rinunciare a cercare in essa la propria autorealizzazione per vedervi invece un dono. Questa, credo è la prima cosa: sconfiggere la tentazione di un fare dispotico, che concepisce la liturgia come oggetto di proprietà dell’uomo, e risvegliare il senso interiore del sacro(da Dio e il mondo, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2001)
 
Solo un accenno al Gesù di Nazareth. Quest'opera di Benedetto XVI/JosephRatzinger è pubblicata in tre volumi: Gesù di Nazaret: dal Battesimo nel Giordano alla Trasfigurazione è stato pubblicato nell'aprile 2007. Gesù di Nazaret: dall'ingresso in Gerusalemme alla Risurrezione è stato pubblicato nel marzo 2011. L'infanzia di Gesù è del nel novembre 2012. Costituisce uno dei lasciti più preziosi di Benedetto XVI per diversi motivi. Da un lato, è un riflesso dell'approccio cristocentrico. D'altra parte, in questi volumi si osserva il teologo Ratzinger, anzi, un ricercatore. L'unica differenza che può esistere tra il «Gesù storico» e il «Cristo della fede» è la decisione personale di assumere che Gesù di Nazareth, uomo di carne e sangue, è il Figlio di Dio. Cosa che il metodo storico non potrebbe mai confermare né negare.
 
Sarebbe ingiusto non includere nell’eredità di Benedetto XVI il suo amore verso Maria, la madre di Gesù. In occasione della Solennità di Santa Maria Madre di Dio del 1° gennaio 2009, il Papa ha tenuto un'omelia in cui ha detto: «Credo che la Vergine Maria si sia posta più di una volta questa domanda: perché Gesù ha voluto nascere da una giovane donna semplice e umile come me? E poi, perché ha voluto venire al mondo in una stalla e avere come prima visita i pastori di Betlemme? Maria ha accolto pienamente la risposta alla fine, dopo aver deposto nel sepolcro il corpo di Gesù, morto e avvolto in un lenzuolo (cfr Lc 23,53). Allora comprese appieno il mistero della povertà di Dio. Ha capito che Dio si è fatto povero per noi, per arricchirci con la sua povertà piena d'amore».
 
L'eredità di Benedetto XVI, il suo patrimonio spirituale in dialogo con la scienza e la filosofia, va oltre il tempo del suo pontificato e continuerà certamente a illuminare la vita della Chiesa negli anni a venire. 
 
Ci ha lasciato un magistero di teologo, che ha preceduto, accompagnato e continuerà dopo il suo magistero di Pastore. Ora la cristianità si ferma per rendere omaggio al pensiero teologico limpido e profondissimo di Joseph Ratzinger.
 

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