Giovanni Paolo I è beato

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Albino Luciani, divenuto Giovanni Paolo I con l’elezione alla Sede Apostolica il 26 agosto 1978, nacque il 17 ottobre 1912 a Forno di Canale, oggi Canale d’Agordo (Belluno).

Primogenito di quattro figli di Giovanni Luciani e Bortola Tancon, fu battezzato il giorno stesso della nascita. Appresi dalla madre i primi insegnamenti della dottrina cristiana, il 26 settembre 1919 ricevette la cresima dal vescovo Giosuè Cattarossi, nella Pieve di San Giovanni Battista.

 

La scelta della vocazione, maturata precocemente sotto l’egida dell’opera del suo maestro don Carli, s’inquadra in una significativa vitalità culturale ed ecclesiale.

 

Albino Luciani il 17 ottobre 1923 iniziò a frequentare il Seminario minore a Feltre. Cinque anni dopo, nel 1928, fece il suo ingresso al Seminario Gregoriano di Belluno per gli studi filosofici e teologici. Concluso l’iter della formazione teologica, durante il quale si era distinto per le doti morali, le capacità intellettive e l’alto profitto negli studi, il 10 febbraio 1935 ricevette il diaconato.

 

Il 7 luglio dello stesso anno fu ordinato sacerdote dal vescovo Cattarossi nella chiesa di San Pietro apostolo a Belluno. L’indomani della celebrazione della prima messa nel paese natale, l'8 luglio 1935, venne nominato vicario-cooperatore di Canale d’Agordo, poi coadiutore di monsignor Luigi Cappello ad Agordo.

 

Nell’ottobre del 1937, appena venticinquenne, fu chiamato a Belluno a ricoprire l’incarico di vice rettore del Seminario Gregoriano e contemporaneamente di docente delle classi di liceo e teologia.

 

All’intensa attività didattica ed educativa unì anche quella di pubblicista, scrivendo con assiduità articoli per il settimanale diocesano «L’Amico del Popolo», affrontando anche i grandi problemi posti dalle vicende politiche italiane. Come animatore culturale si profuse per la formazione di diversi gruppi giovanili, in particolare promuovendo l’interesse critico dei mass media e curando il cineforum nella sua città.

Nel 1941 si iscrisse alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Nel luglio del 1942 vi conseguì la licenza in teologia “magna cum laude” con una tesi sulle Ordalie.

Nel 1947, presso la medesima Università, conseguì il dottorato in teologia, con una dissertazione su L’origine dell’anima umana secondo Antonio Rosmini.

 

Vicerettore e professore in seminario, studioso, predicatore, giornalista e animatore culturale sono le sue prerogative fino al 1947.

Al cumulo di queste mansioni si affiancarono gli incarichi di carattere pastorale e di governo.

Nel novembre 1947 il nuovo vescovo di Belluno e Feltre Girolamo Bortignon lo nominò pro-cancelliere vescovile e lo designò segretario del Sinodo diocesano che fu celebrato dal 28 al 30 ottobre 1947, affidandogli la responsabilità dell’organizzazione.

 

Un anno dopo gli fece giungere la nomina di pro-vicario e la carica di assistente diocesano della gioventù femminile di Azione Cattolica, a cui aggiunse quella di direttore dell’Ufficio catechistico a motivo del quale nel 1949 Luciani diede alle stampe Catechetica in briciole, per la formazione dei catechisti.

 

Nel 1951 su incarico di Bortignon, ormai vescovo di Padova, collaborò all'organizzazione del terzo concilio provinciale veneto.

 

Il successore a Belluno del vescovo Bortignon, monsignor Gioacchino Muccin, confermò a Luciani tutti gli incarichi e l’8 febbraio 1954 lo promosse vicario generale della diocesi, nominandolo infine, nel 1956, canonico della cattedrale. I vescovi Bortignon e Muccin, che lo avevano scelto come stretto collaboratore nel governo della diocesi, lo sostennero nel suo cammino verso l’episcopato.

 

Il 15 dicembre 1958, nel primo concistoro indetto da Giovanni XXIII, venne preconizzato vescovo di Vittorio Veneto. Il successivo 27 dicembre ricevette la consacrazione episcopale nella basilica di San Pietro e l’11 gennaio 1959 fece il suo ingresso nella diocesi veneta.

 

Il periodo vittoriese (1959-1969) costituirà una tappa decisiva nell’iter di Albino Luciani.

Il motto episcopale Humilitas,  tratto da quello di San Carlo Borromeo e che egli volle impresso sullo stemma insieme alle tre stelle – simbolo della fede, della speranza e della carità – intendeva indicare l’orientamento nell’esercizio del suo ministero episcopale. La sua missione si svolse con pari intensità sul piano spirituale, caritativo e culturale. Incline al dialogo e all’ascolto, diede da subito priorità alle visite pastorali e al contatto diretto con i fedeli, mostrando sensibilità verso i problemi sociali.

 

Nel suo servizio episcopale prendendo a modello san Francesco di Sales, sollecitò con impegno la partecipazione attiva dei laici alla vita della Chiesa. Ebbe attenzione per la vita del clero, favorendo la collaborazione tra i sacerdoti, dedicandosi alla cura delle vocazioni e alla formazione dei giovani.

 

Nel corso del suo episcopato il vescovo Luciani partecipò a tutte le quattro sessioni del Concilio vaticano II (1962-1965). Seppure non prese mai la parola durante i lavori in aula depositò un intervento scritto a favore della collegialità episcopale e presentò ai vescovi italiani, fuori dell'aula conciliare, il capitolo VIII della Lumen Gentium (sulla figura di Maria nella Chiesa), esprimendo un parere positivo.

 

Negli anni seguenti si adoperò per un’applicazione del Concilio sottolineando che esso avrebbe dovuto favorire un cambiamento delle strutture nella Chiesa, ma soprattutto una riforma nell’atteggiamento interiore dei cattolici. Del Concilio trasmise costantemente gli insegnamenti e gli orientamenti nella sua diocesi attraverso la parola e gli scritti.

 

La Conferenza Episcopale Triveneta lo vide, nel frattempo, sempre più impegnato nel delicato compito affidatogli: la stesura delle parti di pertinenza teologica dei documenti, e la preparazione dei documenti collegiali. Nel 1967 fu incaricato dal patriarca di Venezia cardinal Urbani di preparare, a nome dell'episcopato veneto e lombardo, una relazione destinata a Paolo VI sul problema della regolazione delle nascite.

 

Il 15 dicembre 1969 segnò un nuovo periodo nella vita del vescovo Luciani. Paolo VI annunciò la sua nomina alla sede patriarcale di Venezia e l’8 febbraio 1970 egli fece il suo ingresso nella nuova diocesi. In quegli anni si moltiplicarono le manifestazioni di considerazione e stima di Paolo VI nei suoi confronti.

 

Il 16 settembre 1972, in visita a Venezia, Paolo VI gli pose sulle spalle la propria stola, quasi a precorrere l’elevazione al cardinalato, che avvenne il 5 marzo 1973.

 

A Venezia Luciani raccolse la successione del patriarca Giovanni Urbani in anni di crescenti tensioni sociali ed ecclesiali. Nella sede patriarcale di Venezia restò fedele all’impostazione di lavoro e allo stile sobrio vissuti a Vittorio Veneto. Da Patriarca non fece mancare il suo appoggio agli operai di Marghera, spesso in agitazione.

 

Nel 1976 diede alle stampe un’opera letteraria, Illustrissimi, originale silloge di quaranta epistole fittizie indirizzate ai grandi del passato su temi di attualità, l’unica delle sue pubblicazioni che volle ridare alle stampe nel corso del suo pontificato.

 

Negli anni difficili della contestazione e delle derive postconciliari il vescovo di origini bellunesi sentì l’urgenza di intervenire fermamente per correggere errori dottrinali diffusi da taluni teologi e professori di seminario. Prese posizione in modo chiaro su vari aspetti della vita diocesana: dall’impostazione del lavoro del consiglio presbiterale alla pratica liturgica, dalla formazione dei chierici all’impiego dei neosacerdoti nella pastorale del lavoro.

 

Nel 1974 intervenne con decisione per la posizione assunta dall’Azione Cattolica diocesana nei confronti del referendum sul divorzio, mostrando ancora una volta la sua guida ferma nell’aderenza alla comunione episcopale e nella fedeltà al Papa.

 

L’indomani della morte di Paolo VI, il 6 agosto 1978, il Patriarca lasciò Venezia. Il 25 agosto entrò in Conclave. Quello radunato per eleggere il successore di Paolo VI era il primo Conclave dopo la conclusione del Concilio Vaticano II; il primo da cui vennero esclusi i cardinali ultraottantenni.

 

Con un consenso «quasi plebiscitario», «che aveva il sapore dell’acclamazione», «un regale tre terzi» – secondo l’espressione attribuita al cardinale belga Léon-Joseph Suenens –, dopo un Conclave rapidissimo, durato soltanto ventisei ore, il 26 agosto 1978 Albino Luciani saliva al soglio di Pietro.

 

Per la prima volta nella bimillenatria storia della Chiesa il neo eletto scelse di prendere il doppio nome: Giovanni Paolo I in ossequio ai due pontefici che lo avevano preceduto. Con la scelta del binomio “Giovanni Paolo”, aveva voluto erigere l’arco di congiunzione di coloro che erano stati le colonne portanti del Concilio.

 

Il 27 agosto rivolse il primo radiomessaggio Urbi et Orbi e recitò il primo Angelus in piazza San Pietro rivolgendosi ai fedeli senza usare il plurale maiestatis.

 

Nel corso del pur breve pontificato si sono manifestate le priorità in cantiere di un pontefice che ha fatto progredire la Chiesa lungo le strade maestre indicate dal Concilio: la risalita alle sorgenti del Vangelo e una rinnovata missionarietà, la collegialità episcopale, il servizio nella povertà ecclesiale, il dialogo con la contemporaneità, la ricerca dell’unità con le Chiese cristiane, il dialogo interreligioso, la ricerca della pace.

 

Ognuna di queste priorità ha scandito i gesti e le parole dei trentaquattro giorni di pontificato, come frutto di un lavoro da tempo cominciato e attraverso un magistero piantato nella radicale scelta teologica di un linguaggio semplice, conversevole e accessibile, di quel sermo humilis canonizzato da sant’Agostino, che è comprensivo del mondo e degli uomini ed è con essi dialogante e comprensibile.

 

Nella tarda sera del 28 settembre dopo appena trentaquattro giorni di pontificato, mentre attendeva al lavoro nel proprio appartamento, Giovanni Paolo I morì improvvisamente a causa di un infarto acuto del miocardio.

 

Il 4 ottobre, nella memoria liturgica di Francesco d’Assisi, Giovanni Paolo I venne tumulato nelle Grotte Vaticane.

 

FONTE FONDAZIONE GIOVANNI PAOLO I