Domenica nell’ottava di Natale
Gesù «segno di contraddizione affinché siano svelati i pensieri di molti cuori»

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Oggi si parla molto della crisi dell'istituzione familiare. Certamente, la crisi è seria. Tuttavia, sebbene stiamo assistendo a una vera rivoluzione nel comportamento familiare e molti hanno profetizzato la morte di varie forme tradizionali della famiglia, nessuno oggi annuncia seriamente la scomparsa della famiglia.
 
Al contrario, la storia sembra insegnarci che è proprio nei momenti difficili che i legami familiari si fanno più stretti. L'abbondanza separa gli uomini. La crisi e la penuria li uniscono. Cosicché, stante il presentimento di tempi futuri difficili, sono in molti a presagire una nuova rinascita della famiglia.

Spesso, il sincero desiderio di molti cristiani di imitare la Santa Famiglia di Nazareth ha favorito l'ideale di una famiglia basata sull'armonia e sulla felicità della propria casa. Non v’è dubbio che guardando a tale icona e modello oggi più che mai è necessario promuovere l'autorità e la responsabilità dei genitori, l'obbedienza dei figli, il dialogo e la solidarietà familiare. Senza questi valori, la famiglia fallirà.

Ma non ogni famiglia risponde alle esigenze del regno di Dio posto da Gesù. Ci sono, infatti, famiglie aperte al servizio della società e famiglie egoiste, ripiegate su se stesse. Famiglie autoritarie e famiglie in cui si impara a dialogare. Famiglie che educano nell'egoismo e famiglie che insegnano la solidarietà.
 
Nello specifico e nel contesto della grave crisi economica che stiamo soffrendo, la famiglia può essere una scuola di mancanza di solidarietà in cui l'egoismo familiare si converte in criterio di azione che modellerà il comportamento sociale dei figli. Mentre, al contrario, potrebbe essere un luogo in cui il figlio può apprendere di avere un Padre comune, e che il mondo non finisce dentro le mura della propria casa, o poco più in là.

Ecco perché non possiamo celebrare la festa della Famiglia di Nazareth senza ascoltare la sfida della nostra fede. Le nostre case saranno un luogo dove le nuove generazioni potranno ascoltare la chiamata del Vangelo alla fraternità universale, alla difesa degli abbandonati e alla ricerca di una società più giusta, o diventeranno la più efficace scuola di indifferenza, inibizione e passività egoista di fronte ai problemi degli altri?
 
Impariamo da «Simeone, uomo giusto e pio». Egli fu un personaggio singolarissimo. È immaginato quasi sempre come un anziano sacerdote del Tempio, anche se nel testo biblico non viene detto nulla. Simeone era un buon uomo che teneva stretta nel suo cuore la speranza di vedere un giorno «la consolazione d’Israele» di cui il popolo aveva tanto bisogno. «Mosso dallo Spirito, si recò al tempio» nel momento in cui Maria, Giuseppe e il bambino Gesù stavano entrando.
 
L'incontro fu commovente. Simeone riconobbe nel Bambino che quella povera coppia di devoti ebrei presentava al Tempio il Salvatore che atteso così tanti anni. L'uomo si sentì felice. Con un gesto audace e materno, «accolse [il Bambino] tra le braccia» con grande amore e affetto. Benedisse Dio e benedisse i genitori. Senza dubbio, l'evangelista lo presenta come un modello.
 
È così che dobbiamo accogliere il Salvatore ogni giorno della nostra vita.
Egli sarà «segno di contraddizione»: dal nostro modo di accoglierlo saranno «svelati i pensieri di molti cuori». Gesù rivelerà tutto ciò che vi è nel profondo di ogni persona persone. L’accoglienza di questo Bambino richiede un profondo cambiamento. Gesù non viene per lasciarci tranquilli, ma per generare un processo doloroso di conversione radicale e permanente.  Una relazione più vitale con Gesù non è possibile senza camminare decisamente verso livelli più elevati di verità.
 
È questo il senso del vero Natale cristiano!

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