Avvento - Marana thà! Vieni Signore!

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Che cos’è l’avvento? Anche se nella lingua latina la parola “avvento” significa “venuta”, il significato più comune indica l’attesa, ossia il tempo liturgico che è posto prima del Natale
L’anno liturgico cristiano inizia con il tempo di Avvento: invito alla speranza. Ogni inizio suscita speranza. È il desiderio di giungere alla fine e portare a termine l'opera in cui abbiamo impegnato il desiderio più intimo del cuore. Al contrario, quando non speriamo, la vita si congela nella tristezza, nel non-senso e nella routine del vivere. Non c'è alcun obiettivo.

Per comprendere bene questo inizio, occorre ricordare che l'anno ebraico inizia e finisce con la chiamata alla conversione e al ritorno a Dio. La festa di Rosh ha Shana, che inizia il nuovo anno, è un invito al rinnovamento totale. Gesù inizia il suo ministero in questo spirito di spiritualità ebraica. Il motivo è chiaro: Dio si avvicina, viene per rinnovare il mondo. 

La vicinanza del regno di Dio, cioè della sua sovranità su tutte le cose, spinge l'uomo a rivolgersi a lui. Cristo inaugura il tempo nuovo e definitivo. 

Secondo i rabbini, anche Dio prega. Com'è possibile? E possiamo chiederci: come può Dio pregare? A chi si rivolge quando prega? 
Il Talmud babilonese mette sulla bocca di Dio queste sorprendenti parole: "Possa la misura della mia misericordia prevalere sulla misura della mia giustizia!" 
Dio è pura misericordia e viene nel mondo attraverso il suo Figlio, che è misericordia incarnata in favore degli uomini.

La Chiesa si fa voce di questa attesa e, nel tempo di avvento, ripete con più forza e assiduità l’antica invocazione dei cristiani: “Marana thà! Vieni Signore!”.
San Basilio alla domanda: “Chi è il cristiano?”, rispondeva: “Il cristiano è colui che resta vigilante ogni giorno e ogni ora sapendo che il Signore viene”. 

Il Signore Gesù è venuto nella storia con l’incarnazione e la nascita a Betlemme, viene ogni giorno e verrà nella gloria alla fine dei tempi. Se riuscissimo ad avere più presente questa realtà, saremmo meno affaticati dal quotidiano, meno prigionieri dell’effimero e più disposti a camminare con cuore misericordioso sulle vie della salvezza.

Purtroppo si continua a fare dell’avvento la “preparazione” al Natale. Come se avessimo bisogno di un tempo per disporci a commemorare la venuta storica di Gesù nella carne.

Ora, se siamo cristiani, crediamo non solo che Dio si à fatto uomo in Gesù, ma anche che è risorto e verrà nella gloria. La venuta nella carne di Gesù è la garanzia della sua venuta futura nella gloria. Il tempo dell’avvento, allora è il tempo della memoria, dell’invocazione e dell’attesa, della venuta del Signore con due precisi atteggiamenti: l’impegno e la perseveranza

Già nel IV secolo Basilio di Cesarea diceva che proprio del cristiano è “vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronto, sapendo che all’ora che non pensiamo il Signore viene”. Attendere non è un atteggiamento passivo né un’evasione, ma un movimento attivo.

L’attesa apre gli uomini e le donne all’incontro e alla relazione, chiama alla gratuità e alla possibilità di ricominciare sempre. L’attesa non è segno di debolezza, ma di forza, stabilità, convinzione. È responsabilità.

Animata dall’amore, l’attesa diviene desiderio, desiderio colmo di amore, di incontrare il Signore. Ti invita alla condivisione e alla comunione, ti spinge a dilatare il cuore alle dimensioni della creazione intera che aspira alla trasfigurazione e attende cieli nuovi e terra nuova”.
Per tutti questi motivi, il tempo di Avvento è sì un tempo di preparazione al Natale ma è molto di più, è attesa del Signore che verrà nella gloria alla fine dei tempi.
L'attesa non autorizza nessuno ad abbandonarsi al disimpegno; al contrario: proprio perché il Signore viene e la nostra vita ha senso nel tendere a lui, l'impegno serio, maturo e generoso nel nostro quotidiano diventa la strada che abbiamo da percorrere con perseveranza.

La tentazione può essere quella di tradire, di cedere, di annacquare la propria fede per non compromettersi troppo, talvolta per debolezza o paura, talvolta anche per comodità calcolata e superficiale.

Impegno e perseveranza risultano così profondamente connessi e ci rivelano il senso dell’Avvento non solo mentre cammino verso il Natale, ma più ancora come stile di vita cristiana.

Vita cristiana vissuta all’insegna della vigilanza. Vigilare significa non perdere la bussola e proseguire il cammino intrapreso; significa ritrovare forza e coraggio; significa nutrire la speranza cristiana e non cadere nella disperazione.

La vigilanza tende a impedire l’appesantimento del cuore, il suo ispessirsi che lo conduce a perdere lucidità, il suo rivestirsi di una corazza che lo difenda dalle sofferenze della vita. 

La vigilanza è lotta contro l’abitudine e la sua influenza anestetica. Attendere il Signore nella vigilanza e nella preghiera significa farlo regnare sul nostro oggi e conoscerne dunque la venuta già qui e ora. E significa essere irrobustiti, ricevere forza così da perseverare nelle tribolazioni e nelle prove e discernere in esse l’avvicinarsi della salvezza.
 
Preghiera e vigilanza pongono il credente alla presenza di Dio, e mostrano una valenza escatologica: vivendo alla presenza del Signore nell’oggi. Così il credente si prepara a incontrarlo e a stare davanti a lui, con atteggiamento di franchezza, fiducia e libertà, alla sua venuta.

Camminiamo con gioia e con speranza perché il Signore viene, andiamogli incontro.
Buon cammino di Avvento!