Ascensione del Signore
«È salito al cielo, siede alla destra del Padre»

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Ogni domenica proclamiamo nel Credo questo punto fondamentale della nostra fede: «È salito al cielo, siede alla destra del Padre». Ma perché non siano solo parole ripetute e stanche, senza vibrazioni nel nostro mondo interiore e senza seguito nella mentalità, nelle attese e nella vita, la Chiesa oggi, come ogni anno, propone alla nostra contemplazione la realtà dell’ascensione del Signore. Una realtà che è centrale nella storia della salvezza e anzi nella storia umana, sicché non deve mai sbiadire nella nostra coscienza di credenti e di uomini pensosi del loro destino.
 
Qual è il significato della Festa dell'Ascensione? I Vangeli e gli Atti degli Apostoli descrivono il movimento della “salita al cielo” di Gesù facendo ricorso a un linguaggio raffigurativo idoneo per la gente del tempo. Nella pagina degli Atti degli Apostoli si dice dapprima che Gesù fu “elevato in alto”, e dopo si aggiunge che “è stato assunto”.

Infatti secondo una concezione riconosciuta dalla Bibbia, Dio abita in un luogo superiore e l’uomo per incontrarlo deve elevarsi, deve salire. Nel linguaggio biblico l’idea dell’avvicinamento a Dio è data spontaneamente dal monte e i riferimenti al “salire” sono tanti e continui. Tuttavia la nostra immaginazione non deve ingannarci presentando alla nostra fantasia l’ascensione al cielo di Gesù come un movimento da un luogo all’altro: dalla terra al cielo.
 
L'evento è descritto non come un viaggio verso l'alto, bensì come un’azione della potenza di Dio che introduce Gesù nello spazio della prossimità divina.
La festa dell’Ascensione celebra il cambiamento della condizione umana di Gesù, di una intima trasformazione accaduta nella sua umanità, di una vera e propria trasfigurazione. In realtà Gesù è stato glorificato dal Padre: egli lo ha risuscitato e glorificato.  Oggi, noi celebriamo, la perfetta glorificazione della santa umanità di Cristo.
 
Gli evangelisti hanno descritto con accenti differenti la missione che Gesù affidò ai suoi seguaci prima di essere «elevato in cielo».
Secondo Matteo, avrebbero dovuto "fare discepoli" che imparassero a vivere come ha insegnato loro.
Secondo Luca, avrebbero dovuto essere "testimoni" di ciò che avevano vissuto insieme.
All'originale Vangelo di Marco è stata aggiunta, a un certo punto, un'appendice contenente il mandato finale di Gesù: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura». 

Il Vangelo non avrebbe dovuto rimanere nel piccolo gruppo dei suoi discepoli. Avrebbero dovuto raggiungere
«tutto il mondo» e portare la Buona Novella a tutte le persone, «a ogni creatura».

Merita appena ricordare che lo stesso Marco intitolò il suo Vangelo: «Buona Notizia di Gesù, il Messia, il Figlio di Dio». Ed è per questo che, nel suo Vangelo, il mandato finale del Risorto è quello di andare ad annunciare al mondo intero la Buona Notizia di Gesù.
In mezzo a tante brutte esperienze la "buona notizia" porta luce, risveglia gioia, dà un nuovo significato e senso a tutto, incoraggia le persone a vivere più apertamente e fraternamente. Tutto questo e molto altro è Gesù.
 
Ma torniamo alla festa della Ascensione del Signore.
Come si diceva all’inizio normalmente si presta
poca attenzione alla teologia dell'Ascensione di Cristo, e il suo profondo significato passa quasi inosservato, non solo per i cristiani della domenica, ma anche per coloro che si impegnano a essere fedeli a Gesù Cristo.

Tuttavia, l'Ascensione offre la chiave per comprendere le dinamiche del cristianesimo dopo Cristo e la pedagogia per vivere la fede in modo responsabile e adulto.
 
Andare in paradiso non è arrivare in un posto, ma entrare per sempre nel Mistero dell'amore di Dio.
Per comprendere il significato dell'Ascensione, dobbiamo ricordare il dialogo tra Gesù e i suoi discepoli.

Il Maestro si rivolse loro con accenti umani e partecipativi: "Io me ne torno al Padre e comprendo che voi possiate essere triste ...
Tuttavia, vi conviene che io me ne vada: in tal mondo invierò su di voi lo Spirito Santo". Il senso potrebbe essere questo: "non mi avrete con voi nella vostra esperienza immediata, ma è giusto che io me ne vada perché voi possiate essere adulti e camminare da soli sotto l'azione dello Spirito".

In realtà la tristezza e la preoccupazione dei discepoli avevano una spiegazione.
Volevano sicurezza: avrebbero voluto avere il Cristo sempre con loro per risolvere i loro problemi o, almeno, mostrare loro il modo sicuro per trovare la soluzione. È la tentazione di vivere la fede in modo protetto e un po’ infantile.

La pedagogia di Cristo consistette nell'assentarsi in modo che la libertà dei suoi seguaci potesse crescere.
Avrebbe lasciato loro solo l'impronta del suo Spirito.
 
L'Ascensione ci ricorda che viviamo, appunto, "il tempo dello Spirito", un tempo di creatività e di crescita responsabile, poiché lo Spirito non dà mai ricette precostituite per affrontare il cammino dei cristiani e della Chiesa.
Tuttavia, quando lo accogliamo in spirito e verità,

Egli ci rende capaci di individuare nuove vie per il Vangelo di Cristo.
L'Ascensione ci invita a vivere sotto "la pedagogia dello Spirito", l'unico che ci renda fedeli al Vangelo di Gesù.
 
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