1 Lettera di san Paolo ai Tessalonicesi

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Premessa
 
Questa riflessione non ha la pretesa di essere un approfondimento scritturistico-esegetico, ma solamente uno strumento catechistico/pastorale, attraverso il quale provocare nel lettore il desiderio di conoscenza e l’interesse per scoprire le meraviglie degli scritti dell’Apostolo Paolo.
 
 
La Prima Lettera ai Tessalonicesi è sicuramente il libro più antico del Nuovo Testamento. Non si tratta di una lunga esposizione dottrinale, come le Lettere ai Romani e ai Corinzi, ma di uno scritto più breve e ricco di memorie personali ravvivate alla luce della fede e dell'amore. Possiede, all'interno del suo stile semplice e diretto, una grande ricchezza di contenuti.

Paolo intese, attraverso la sua lettera, risolvere la povertà della fede degli abitanti di Tessalonica. Ma perché era preoccupato?
Questa città aveva un'importanza difficile da superare a quei tempi. Nel I secolo d.C., la città era un importante porto situato a nord del Mar Egeo e un importante centro commerciale sulla Via Egnatia, una strada romana che collegava Bisanzio (poi Costantinopoli) con l’odierna Durazzo in Albania, che a sua volta – via mare – si collegava con Brindisi, e da lì a Roma. Così divenne la capitale di quattro province della Macedonia.

Paolo vedeva in questa città – come Corinto e Antiochia – un vero e proprio centro di irradiazione della Buona Novella, poiché insieme a Corinto, rappresentavano i bastioni missionari pronti per la diffusione del cristianesimo in ambito ellenico. Era quindi necessario prendersi cura, preservare ed esortare la piccola comunità dei cristiani di Tessalonica.


San Paolo, con Sila e Timoteo, arrivò a Salonicco nella prima fase del suo secondo viaggio apostolico (anni 50-53), e lì fondò una comunità cristiana, composta per lo più da pagani convertiti alla fede. Ma la loro permanenza a Tessalonica fu molto breve, poiché a causa dell'opposizione dei Giudei dovettero lasciare frettolosamente la città e a interrompere la formazione cristiana di quei fedeli appena convertiti. Alla loro partenza, la comunità rimase sola, nel mezzo della persecuzione da parte degli ebrei e con una formazione religiosa insufficiente.

Preoccupato per la sorte dei cristiani, Paolo inviò loro Timoteo da Atene (3,1-5).
Intanto Paolo si diresse a Corinto, e lì incontrò Timoteo, che, di ritorno da Tessalonica, portò all'Apostolo una notizia molto incoraggiante: la comunità era rimasta salda nella fede e nella carità e ricordava Paolo con affetto.

Timoteo riferì anche su alcune questioni di cui aveva preso atto: la sorte dei defunti e la seconda venuta del Signore o Parusia. Fu così che l'Apostolo, nell'inverno del 50-51, scrisse loro la Prima Lettera che
è la più antica lettera di Paolo e, allo stesso tempo, è probabilmente la più antica scrittura del Nuovo Testamento.

Struttura e contenuto

Paolo ha realizzato la 1 Lettera ai Tessalonicesi lettera per sviluppare tre temi teologici principali: la venuta di Gesù, la preparazione e la persecuzione.
Venuta: Paolo sottolinea che l'obiettivo principale a cui punta tutta la storia è il ritorno di Cristo.
 
Preparazione: come risultato di questo evento culminante, apocalittico ed escatologico, la prima priorità di ogni individuo è vivere per prepararsi al ritorno di Cristo.
Persecuzione: ogni cristiano deve aspettarsi la persecuzione e deve rimanere fermo nella sua fede fino alla venuta di Cristo.
 
Oltre all'intestazione, caratteristica dello stile epistolare, si possono distinguere due grandi sezioni.
 
Nella prima, l'Apostolo ricorda gli inizi dell'evangelizzazione di Tessalonica. I ricordi della sua predicazione e la risposta di quei fedeli si alternano. In questo contesto egli spiega le circostanze in cui scrive la lettera: l'aver dovuto lasciare frettolosamente quella città e il desiderio di tornare a Tessalonica per continuare a riempire di beni i Tessalonicesi.
 
La seconda sezione è un'esortazione a vivere coerentemente con la dottrina del Vangelo predicato e ricevuto. L'Apostolo si sofferma in modo particolare su ciò che appare più urgente per i fedeli di Tessalonica: la ferma speranza che le difficoltà che incontrano si trasformino in gioia con la venuta del Signore. L'attesa deve essere paziente e attiva allo stesso tempo, perché non sappiamo quando accadrà, quindi è necessario essere sempre preparati a quell'incontro.
 
La lettera si conclude con alcune brevi parole di commiato.
 
I primi tre capitoli della lettera offrono uno splendido ritratto dell'opera evangelizzatrice svolta a Tessalonica. A sua volta, quest'opera apostolica costituisce un modello per l'annuncio del messaggio cristiano in ogni tempo e in ogni luogo. Dio prende l'iniziativa e rende feconda la predicazione del Vangelo: l'elezione viene da Dio Padre ed è conseguenza del suo amore; il suo Figlio Gesù, «che ci libera dall'ira futura», sostiene la speranza. L'azione dello Spirito Santo rende pienamente persuasive le parole del predicatore e riempie coloro che le accolgono di una gioia indicibile, che permette loro di superare ogni tribolazione.
 
Il contenuto fondamentale della predicazione è il Vangelo, cioè la Buona Novella della nostra salvezza, annunciata dai profeti e compiuta in nostro Signore Gesù Cristo; un annuncio che faccia sapere a chi l'ascolta di essere "amato da Dio" e di essere stato oggetto di una scelta speciale. L'obiettivo che si prefigge di raggiungere è la conversione a Dio. A sua volta, Dio stesso infonde le tre virtù teologali – fede, speranza e carità – in coloro che accolgono il messaggio cristiano.
 
L'esempio di coloro che rispondono prontamente e fedelmente alla parola di Dio rafforza l'efficacia della predicazione. Un elemento importante per questa efficacia è l'atteggiamento dell'evangelizzatore. Chi insegna la dottrina cristiana non agisce per desiderio di profitto, ma per amore di Dio e del prossimo. L'Apostolo svolge il suo compito affidandosi alla preghiera e, quando è possibile, trattando con coloro a cui insegna, incoraggiando tutti, uno per uno, e indicando loro la via per vivere in modo coerente la vocazione cristiana.
 
La lettera menziona le principali verità della fede, così come i fondamenti della morale e le ragioni della preghiera cristiana.
 
I principali articoli di fede, che la Tradizione cristiana ha formulato nel Credo degli Apostoli, compaiono già in questo scritto, composto solo circa vent'anni dopo la morte di Cristo. San Paolo insegna che Dio è Padre e Gesù è suo Figlio. La salvezza si compie "per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, che è morto per noi" ed è "risorto". Egli deve tornare, in tutta la sua potenza e maestà, per giudicare i vivi e i morti. Dio Padre manda lo Spirito Santo, che ci spinge ad accogliere con gioia la predicazione della Parola di Dio.
 
La dottrina morale di questa lettera si fonda sull'appello di tutti i cristiani alla santità: «Questa infatti è la volontà di Dio: la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Per raggiungere questo fine, è necessario partecipare alla vita stessa di Cristo, facendo affidamento sulle virtù teologali: dobbiamo essere «rivestiti della corazza della fede e della carità, dell'elmo della speranza» (cfr 1 Ts 5,8).
 
I rapporti tra gli uomini devono essere fondati sulla carità fraterna. Bisogna essere vigilanti, non lasciarsi dominare dalla concupiscenza, vivendo in tutto la sobrietà. Dobbiamo essere sempre gioiosi, pregare incessantemente, ringraziare per tutto e lavorare seriamente.
 
Insieme alle verità della fede e alle linee guida morali di comportamento, l'istruzione cristiana ha sempre attribuito grande importanza alla preghiera, e questo è anche il caso di questa lettera. Da una parte c'è la raccomandazione di pregare incessantemente, ma ci sono anche notevoli allusioni al contenuto della preghiera.
 
In effetti, in qualche modo sono presenti in questa lettera gli elementi fondamentali del Padre Nostro, così come è stato più comunemente diffuso nella tradizione cristiana, cioè secondo la versione contenuta nel Vangelo di San Matteo (Mt 6,9-13).
 
Una delle questioni su cui san Paolo si sofferma maggiormente in questa Lettera è quella che riguarda le realtà ultime dell'essere umano. Lo fa per alimentare la speranza di quei neofiti che soffrivano in mezzo alle tribolazioni.
 
La vita dell'uomo non finisce con la morte. Pertanto, i fedeli non devono rattristarsi di fronte a questa realtà, come accade a coloro che non hanno speranza. La ragione ultima è che se Cristo è risorto, anche noi risorgeremo con Lui.
 
Il linguaggio apocalittico usato per narrare la seconda venuta del Signore, chiamato anche Parusia, manifesta il mistero e la potenza di Dio. Dopo la Parusia, avrà luogo la resurrezione dei morti. I corpi torneranno in vita e coloro che sarebbero rimasti fino a quel giorno andranno insieme con i loro fratelli defunti ad incontrare il Signore. Pertanto, coloro che sono morti prima della Parusia non saranno svantaggiati rispetto a coloro che sono ancora vivi in quel momento.

In sintesi, uno degli obiettivi principali nella vita di ogni cristiano dovrebbe essere la venuta di Gesù. Questo obiettivo dovrebbe motivare la santificazione personale e l'edificazione degli altri nella loro fede.

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