“Il Vangelo della vita, gioia per il mondo”

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Luomo è homo vivens: egli è umano finché è vivo. Egli è avvolto dal grande mistero della vita.
Ieri, domenica 4 febbraio, la Chiesa italiana ha celebrato la 40.ma giornata per la vita il cui tema è stato: “Il Vangelo della vita, gioia per il mondo”. L’auspicio è che la fantasia dell’amore consenta di inaugurare un uovo umanesimo per vivere fino in fondo ciò che è umano, ciò che migliora il cristiano e feconda la città. La costruzione di un nuovo umanesimo è la vera sfida che ci attende e parte dal sì alla vita. Occorrerà scommettere sulla «forza rivoluzionaria della tenerezza», che sa mobilitarsi nel segno della festa, della riflessione, della preghiera e che vuole «vivere fino in fondo ciò che è umano». 
 
Papa Francesco ha ricordato: "non sono tanti quelli che lottano per la vita in un mondo dove ogni giorno si costruiscono più armi, ogni giorno si fanno più leggi contro la vita, ogni giorno va avanti questa cultura dello scarto, di scartare quello che non serve, quello che dà fastidio. Per favore preghiamo perché il nostro popolo sia più cosciente della difesa della vita in questo momento di distruzione e di scarto dell’umanità" (Angelus, 4 febbraio 2018).

Da sempre l’uomo si interroga sul suo nascere, il vivere e il morire; ma il mistero della vita non può mai essere compreso per intero.
Un punto di partenza è imprescindibile: la vita umana è sempre, in ogni caso, un bene inviolabile e indisponibile, che poggia sulla irriducibile dignità di ogni persona, dignità che non viene meno, quali che siano le contingenze o le menomazioni o le infermità che possono colpire nel corso di un’esistenza.
 
Questa consapevolezza, iscritta nel cuore stesso dell’uomo,  non è scalfibile da evoluzioni scientifiche o tecnologiche o giuridiche.
 
L'uomo è chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza terrena, poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio. L'altezza di questa vocazione soprannaturale rivela la grandezza e la preziosità della vita umana anche nella sua fase temporale. La vita nel tempo, infatti, è condizione basilare, momento iniziale e parte integrante dell'intero e unitario processo dell'esistenza umana. Un processo che, inaspettatamente e immeritatamente, viene illuminato dalla promessa e rinnovato dal dono della vita divina, che raggiungerà il suo pieno compimento nell'eternità.
 
Nello stesso tempo, proprio questa chiamata soprannaturale sottolinea la relatività della vita terrena dell'uomo e della donna. Essa, in verità, non è realtà "ultima", ma "penultima"; è comunque realtà sacra che ci viene affidata perché la custodiamo con senso di responsabilità e la portiamo a perfezione nell'amore e nel dono di noi stessi a Dio e ai fratelli.
La Chiesa sa che questo Vangelo della vita, consegnatole dal suo Signore ha un'eco profonda e persuasiva nel cuore di ogni persona, credente e anche non credente, perché esso, mentre ne supera infinitamente le attese, vi corrisponde in modo sorprendente. Pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene primario. Sul riconoscimento di tale diritto si fonda l'umana convivenza e la stessa comunità politica.
 
Questo diritto devono, in modo particolare, difendere e promuovere i credenti in Cristo, consapevoli della meravigliosa verità ricordata dal Concilio Vaticano II: "Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo" . In questo evento di salvezza, infatti, si rivela all'umanità non solo l'amore sconfinato di Dio che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3, 16), ma anche il valore incomparabile di ogni persona umana. E la Chiesa, scrutando assiduamente il mistero della Redenzione, coglie questo valore con sempre rinnovato stupore e si sente chiamata ad annunciare agli uomini di tutti i tempi questo "vangelo", fonte di speranza invincibile e di gioia vera per ogni epoca della storia. Il Vangelo dell'amore di Dio per l'uomo, il Vangelo della dignità della persona e il Vangelo della vita sono un unico e indivisibile Vangelo. È per questo che l'uomo, l'uomo vivente, costituisce la prima e fondamentale via della Chiesa.

Per l’uomo di fede, la vita è dono di Dio.
La vita viene dalla libertà benedicente di Dio e, quando raggiunge il culmine nell’uomo, si svela come dono che si gioca nell’ambito della libertà. Solo l’accettazione di essa come dono di cui si deve rinunciare a voler disporre autonomamente, per riconoscerlo con gratitudine e ubbidienza come proveniente dalla libera benevolenza di Dio, fa in modo che la vita possa crescere come vita di qualità. La vita, infatti, in senso assoluto, appartiene solo a Dio. Vi è sempre un di più in Dio che può creare vita perfino nella morte.

La domanda sul significato della vita in genere e di quella umana in particolare è al tempo stesso, un po’ ovunque, per tutti e sempre, tensione conoscitiva nei confronti del suo mistero e tentativo umano, ora lecito ora proibito, come nel caso di Adamo ed Eva, di appropriarsi sempre di più e sempre meglio del suo più recondito significato. La vita appare ora come trascendenza, ora come tragedia, ora come luogo da esplorare sia geograficamente che speculativamente, ora come rapporto di amore evanescente, irrompente, travolgente, passionale o catartico, ora come processo maieutico o contemplativo, ora come realtà da scomporre in tutti i suoi particolari o come itinerario esistenziale verso un al di là raggiunto e al tempo stesso irraggiungibile, ora infine come un accavallarsi di più sentimenti contrapposti ed il conseguente prevalere alternato dell’uno o dell’altro di essi.

Pertanto, la vita, dall’uomo posseduta, trascende la sua stessa realtà personale, non essendo lui a darsela, non essendo lui a potersela togliere. Credente o non credente, la persona avverte sempre che quella vita che adesso è nelle sue mani sia e resti sempre qualcosa di molto superiore alla sua stessa realtà: pur possedendola, non la ritiene come cosa sua; la usa, ma non la domina; la trasmette, ma non la origina; la possiede, ma ne è anche posseduto.