«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami la propria vita non può essere mio discepolo»

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Gesù era in cammino verso Gerusalemme. L'evangelista nota che «una folla numerosa andava con Gesù». Tuttavia il maestro non si faceva illusioni. Egli non si è mai fatto ingannare dai facili entusiasmi della gente. Inoltre Gesù era più interessato alla qualità dei suoi seguaci che al loro numero.

 

Improvvisamente «si voltò» e cominciò a parlare a quella moltitudine delle esigenze concrete e radicali per seguirlo in maniera decisa, lucida e responsabile. Egli non ha mai voluto che la gente lo seguisse … a prescindere! Essere discepolo di Gesù è una decisione che deve segnare tutta la vita della persona.


Gesù parlò della famiglia. Le persone che lo seguivano avevano tutte una famiglia: genitori, moglie e figli, fratelli e sorelle. Erano i loro cari e amati. Ma il Maestro con decisione disse che «se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo».


Ovviamente Gesù non stava pensando di eliminare il focolare domestico annullando l'amore e la vita familiare. Ma se qualcuno mette sopra tutto e prima di tutto l'onore della sua famiglia, il patrimonio, l'eredità o il benessere familiare non può essere suo discepolo e lavorare con lui al suo progetto di un mondo più umano.


Inoltre, se qualcuno pensa solo a se stesso e alle sue cose, se vive solo per godere il proprio benessere, se si preoccupa solo dei propri interessi, non si illuda: non potrà essere discepolo di Gesù! Gli mancherebbe la libertà interiore, la coerenza e la responsabilità di prendere sul serio la sequela Christi.

 

Gesù continuò a parlare senza mezzi termini: «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo». Nel cristianesimo la croce è il criterio decisivo per verificare tutto ciò che merita di essere chiamato cristiano. E quando le generazioni cristiane lo dimenticano, il cristianesimo si annacqua e perde la sua forza. Benché appaia sorprendente i cristiani hanno spesso sviluppato diversi aspetti della croce, tuttavia hanno dimenticato il primo e più fondamentale: essere disposti a soffrire reazioni, rifiuti e condanne da parte della propria gente, degli amici e anche dalla propria famiglia, causati proprio dalla fedeltà a Dio e al Vangelo di Gesù Cristo.

Se uno vive evitando problemi e conflitti, se non sa correre rischi e sanzioni, se non è disposto a sopportare la sofferenza per il regno di Dio e la sua giustizia non può essere discepolo di Gesù.

 

Non si può essere cristiani in qualche modo. Non dobbiamo confondere la vita cristiana con modi di vivere la vita che deturpano e svuotano di contenuti la sequela umile ma responsabile di Gesù.

È un errore essere «discepoli» di Gesù senza mai fermarsi a riflettere sulle esigenze concrete e radicali che comporta seguire le sue orme e sulle forze su cui si deve contare camminare alacremente con lui. Gesù non ha mai immaginato di avere con sé seguaci incoscienti, ma persone lucide e responsabili.

 

Le due immagini utilizzate nella pericope evangelica odierna sono molto concrete. Chi «volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine». Sarebbe, infatti, uno smacco incominciare a costruire e non poter portare a compimento l'opera iniziata.

L’insegnamento di Gesù allude qui al modo per "costruire" la vita. Un progetto ambizioso, capace di trasformare l’esistenza. Ma proprio per questo non è possibile vivere in modo evangelico senza fermarsi a riflettere sulle decisioni opportune da prendere in ogni momento.

 

E altrettanto chiaro è il secondo esempio. Nessuno affronta inconsciamente un avversario che viene ad attaccare con un esercito molto più potente senza prima pensare se quel combattimento potrebbe concludersi con la vittoria o potrebbe essere un autentico suicidio. Seguire Gesù è spesso scontrarsi con agguerriti avversari del regno di Dio e della sua giustizia. Non si può combattere per il regno di Dio in qualche modo. Sono necessarie lucidità, responsabilità e decisione.


Cari Amici la radicalità evangelica, per quanto difficile, è comunque praticabile con la forza della fede, l’intensità dell’amore a Dio e soprattutto con la sua grazia.