Parrocchie senza preti:
reinvestire sui laici

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Uno dei temi ecclesiali che investono consigli presbiterali, consigli pastorali diocesani e parrocchiali è il calo numerico del clero, la media elevata dell’età dei presbiteri e il sempre più frequente accorpamento di parrocchie, con il conseguente affidamento delle stesse a un unico sacerdote. Sono problematiche alle quali la Chiesa cattolica deve dare risposte concrete. In quasi tutte le diocesi del Nord del paese il fenomeno è pressoché drammatico

A questo segno dei tempi è fortemente legata la necessità di aprire le parrocchie all’apporto dei laici. È fondamentale muovere dalla crisi delle vocazioni a un rinnovato servizio ecclesiale laicale.

 

Secondo il sociologo Franco Garelli negli ultimi tre decenni il corpo sacerdotale italiano:

-    si è contratto del 16% circa;

-    registra un’età media di oltre 61 anni;

-    un terzo del clero ha più di 70 anni;

-    oltre un quinto ha più di 80 anni

-    un decimo del clero ha meno di 40.

 

I sacerdoti sono sempre meno e sempre più vecchi. I seminari sono mezzi vuoti.

Questa realtà è chiamata a far di conto con l’accorpamento di più parrocchie realtà che la nostra gente non accetta di buon grado. Questa situazione dovrà far di conto con alcune prospettazioni: una Chiesa più missionaria; una Chiesa più partecipata per la corresponsabilità dei laici; una Chiesa in uscita, come stimola ad essere papa Francesco.

 

Risulta evidente che per poter svolgere tutte le attività pastorali derivanti da questa nuova realtà ecclesiale è necessario un prete che non si pensi più da solo, ma impari a collaborare fattivamente con la comunità. Anche perché sempre più spesso i nostri preti denunciano stanchezza, isolamento, sfiducia, ritmi eccessivi di lavoro, poco tempo da dedicare alla formazione personale.

 

Tuttavia il coinvolgimento della comunità e dei laici non deve essere visto solo per riempire dei vuoti, ma spostare l’attenzione dal “che cosa fare” al “chi è coinvolto”. Quanti saranno coinvolti nelle attività pastorali dovranno essere professionalmente qualificati e competenti, anche se non nell’ottica di un mero mestiere, ma di una coniugazione con l’aspetto sacramentale della Chiesa.

 

Ai fedeli laici va chiesta preparazione, sensus ecclesiale, e competenza. E non è da escludere che, gradualmente, ad alcuni operatori pastorali laici possa essere assicurato anche un compenso lavorativo perché la comunità ecclesiale possa contare sulla loro stabilità di prestazione e di presenza.

 

Anche se il clero non è ancora totalmente convinto della necessità della valorizzazione dei laici anche con una prestazione stabile, essi dovrebbero essere già presenti con ruoli precisi, in particolare nelle situazioni in cui a un solo sacerdote siano affidate più parrocchie. In tali situazioni solo questa “nova tipologia di fedeli laici” potrà assicurare la continuità dei progetti sul territorio.

 

Per questo, devono essere superate il tradizionalismo, la paura del futuro, la paura di aprirsi al mondo; il clericalismo, la paura di perdere potere. Il Regno di Dio che ci chiama a una conversione pastorale: la sinodalità!

Sinodalità è lavorare, insieme nella corresponsabilità tra prete e laici e nella comunione degli specifici obiettivi comuni. Solo così sarà possibile consentire la promozione di una collaborazione efficace e configurare la comunità stessa con la varietà dei doni.

 

Qui si innesta in termini seri il tema del laicato e il nuovo ruolo di laici e sacerdoti. Premesso che, come direbbe Papa Francesco “non dobbiamo clericalizzare i laici” per farne mezzi preti, è fuor di dubbio che sia sempre più necessario innescare ed evangelizzare una maggior responsabilizzazione dei laici. Il loro ruolo nelle parrocchie è quello di realizzare la propria vocazione cristiana. E’ il battesimo che rende tutti corresponsabili della vita di una comunità!

 

In un prossimo futuro saranno sempre più le parrocchie non solo sprovviste di un sacerdote residente, ma anche impossibilitato, nel giorno di domenica, a raggiungere tutte le parrocchie affidate al suo ministerpo per la messa domenicale e festiva. In quel caso i membri di quella comunità dovranno spostarsi in un’altra chiesa nella quale sono state accorpate numerose realtà parrocchiali.

In questi casi dovranno essere dei fedeli laici battezzati a proclamare la Parola di Dio e distribuire la Eucarestia nella comunione.

 

E naturale che questi fedeli laici dovranno essere preparati!

 

Tuttavia quel che più conta in tutto questo contesto è ripensare la pastorale parrocchiale nel contesto della creatività e discernimento.

Al riguardo rimando alla mia riflessione, presente su questo sito, a titolo: “Creatività, discernimento e pastorale”.

 

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