Papa Francesco - Evangelii gaudium
capitolo 5
Evangelizzatori con spirito

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Il quinto capitolo di Evangelii gaudium è quello conclusivo (259-288). Ed è il Papa che ne indica lo scopo: “Proporrò alcune riflessioni circa lo spirito della nuova evangelizzazione” (260). Chi sono gli evangelizzatori secondo lo Spirito? Sono coloro che “si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo” (259) che “infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia (parresia), a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente” (ibid).
Il Papa respinge lo spiritualismo intimista (cf. 262) e auspica corrispondenza tra vissuto spirituale e vissuto ecclesiale. È una vita trasfigurata dalla presenza di Dio, dall’azione del suo Spirito, a evangelizzare, non le parole (cf. 259).
 
L’evangelizzatore è un contemplativo del Vangelo, lì ha trovato una fiducia fondamentale che lo umanizza, la orienta a una vita rinnovata (cf. 264). Il cristiano che evangelizza non solo è colui che prima si è lasciato evangelizzare, ma è colui che ha assimilato lo stile di Gesù, l’unità profonda della sua persona e della sua esistenza.
Papa Francesco vuole “evangelizzatori che pregano e lavorano” (262), nella consapevolezza che “la missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo” (268). “Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri” (270). «Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale» (265).
 
Dal punto di vista metodologico il papa Francesco precisa che “nel nostro rapporto col mondo siamo invitati a dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che puntano il dito e condannano” (271). E afferma: Questa non è l’opinione di un papa, né un’opzione pastorale tra altre possibili; sono indicazioni della Parola di Dio così chiare, dirette ed evidenti che non hanno bisogno di interpretazioni” (271). Tutto nella chiesa, anche il ministero del papa, richiede innanzitutto fedeltà al Vangelo. “Può essere missionario solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri” (272). Per il Vescovo di Roma la logica del Vangelo è la logica dell’incontro. Ognuno è degno di attenzione, indipendentemente dal suo aspetto, dalle sue capacità, dalle sue convinzioni (cf. 274).
 
Quanto all’atteggiamento dell’evangelizzatore il Papa ne sottolinea un atteggiamento libero, gratuito, senza calcoli e senza pretese, che non guarda anzitutto al risultato, anche a costo i patire il fallimento e l’incomprensione perché si fonda sulla fede nel Signore che è risorto, passando però per la morte (cf. 275). La fiducia del cristiano è paziente, tenace, non conta su un potere della chiesa, ma sulla forza umile e nascosta del Regno di Dio che è come il seme che cresce senza che dipenda dal contadino, come il lievito che fa fermentare la pasta, come il grano che cresce in mezzo alla zizzania. I segni ci sono, ma sono visibili solo allo sguardo contemplativo della fede, educato dalla preghiera (cf. 278-279). Il Papa invita a non scoraggiarsi di fronte ai fallimenti o agli scarsi risultati perché la “fecondità molte volte è invisibile, inafferrabile, non può essere contabilizzata”; dobbiamo sapere “soltanto che il dono di noi stessi è necessario” (279). 
 
L’icona biblica delle disposizioni spirituali dell’evangelizzatore è Maria, che è madre della fede (284-288). Quel che più ha contato per Maria non sono stati i privilegi, i prodigi, ma l’atteggiamento spirituale che ha contraddistinto la sua vicenda tutta intrecciata con quella del suo Figlio e Signore. «Ella è la donna di fede che cammina nella fede. (..) Ella si è lasciata condurre dallo Spirito, attraverso un itinerario di fede, verso un destino di servizio e fecondità. (…) In questo pellegrinaggio di evangelizzazione non mancano le fasi di aridità, di nascondimento e persino di una certa fatica, come quello che visse Maria negli anni di Nazaret, mentre Gesù cresceva» (287).
 
Papa Francesco insiste nell’indicare all’evangelizzatore Maria e scrive: “Vi è uno stile mariano nell’attività evangelizzatrice della Chiesa. Perché ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto” (288).

L’Esortazione Evangelii gaudium si conclude con una preghiera a Maria:
 
Ottienici ora un nuovo ardore di risorti
per portare a tutti il Vangelo della vita
che vince la morte.
Dacci la santa audacia di cercare nuove strade
perché giunga a tutti
il dono della bellezza che non si spegne.


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