Paolo VI e lo spirito del Concilio

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La recente canonizzazione Paolo VI ha portato alla mente ricordi di quando ero studente di filosofia e di Teologia preso la Pontificia Università di S. Tommaso d’Aquino in Urbe. Era appena concluso il Concilio Vaticano II e i professori, molti dei quali avevano seguito in prima persona i lavori conciliari come sponsultori o assistenti, ci spezzavano il pane della dottrins cocniuliare autentica, rendendoci participi delle elaborazioni dei documenti, degli orientamenti dei padri, dell’aria che si era respirata nella Basilica di S. Pietro trasformata in grande aula conciliare.
 
Il professore di Teologia pastorale, l'indimenticabile padre Raimondo Spiazzi o.p. infervorò tutti noi riferendoci la consegna che aveva lasciato il Papa Paolo VI a coloro che avevano partecipato a diverso titolo ai lavori della storica assise. "Il compito della vostra vita sarà quello di predicare e diffondere il Concilio Vaticano II" . Ricordo lucidamente di aver formulato nel mio cuore questo proposito quasi se Paolo VI avesse affidato a me stesso quel mandato. Egli sarebbe stato il Papa della mia ordinazione sacerdotale.
 
Ma per predicare il Concilio Vaticano II occorreva essere fedeli al suo spirito. E allora in che cosa consiste lo spirito del Concilio Vaticano II?
Certamente non la posizione degli integralisti rappresentati dalla destra opinionista secondo la quale dal momento che il Concilio Vaticano II non ha definito alcun nuovo dogma sarebbe possibile prescindere dal suo insegnamento. Supporre che ben più di duemila vescovi provenienti da tutto il mondo si siano potuti raccogliere in assise per quattro periodi di tre mesi ciascuno senza approdare a nulla di nuovo e di importante mi era parso subito come un insulto all'intelligenza dello Spirito Santo e dei Padri conciliari stessi. Un gruppo assai tradizionalista aveva fatto circolare una barzelletta secondo la quale tale gruppo era stato destinatario di un telegramma inviato dallo Spirito Santo in cui si leggeva: "Impossibile essere presente. Tutte le date occupate per precedenti impegni assunti con il ...” (e qui si faceva il nome del movimento destinatario del pseudo-telegramma).
 
Ma anche a causa delle posizioni della “sinistra” lo spirito del Concilio è stato tradito; essa, infatti, ha considerato i documenti conciliari non come un punto di arrivo e di riflessione, ma come una apertura per una concezione puramente democraticistica della Chiesa. Gli appartenenti a tale movimento ideologico iniziarono ben presto a parlare di sacerdozio alle donne, di abolizione del celibato sacerdotale o comunque della sua facoltatività, della liceità del controllo artificiale delle nascite attribuendo al Concilio alla possibilità di tale aperture.
 
Ricordo la palese preoccupazione dei professori della Facoltà di Teologia che ho avuto la fortuna di avere quali Maestri con la quale orientarono provvidamente al discernimento a rifuggire posizione estremistiche sia in una direzione come nell’altra. Lo spirito conciliare doveva essere tratto dai 16 documenti approvati pressoché all’unanimità (taluni con qualche decina di voti di differenza) dai Padri conciliari. Occorrerà allora tornare alla lettura e meditazione di tali documenti per scoprire o riscoprire il tesoro prezioso e il frutto vero del Concilio. Tale lettura faciliterà la comprensione della Chiesa, del mondo e della nostra vita spirituale.
 
Papa Benedetto XVI poco dopo la sua elezione alla Cattedra di Pietro in una memorabile allocuzione alla Curia Romana tornò sulla ermeneutica del Concilio con parole ferme e chiare. E disse: “Da una parte esiste un'interpretazione che vorrei chiamare “ermeneutica della discontinuità e della rottura”; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall'altra parte c'è l'“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino.
L'ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare. Essa asserisce che i testi del Concilio come tali non sarebbero ancora la vera espressione dello spirito del Concilio. Sarebbero il risultato di compromessi nei quali, per raggiungere l'unanimità, si è dovuto ancora trascinarsi dietro e riconfermare molte cose vecchie ormai inutili. Non in questi compromessi, però, si rivelerebbe il vero spirito del Concilio, ma invece negli slanci verso il nuovo che sono sottesi ai testi: solo essi rappresenterebbero il vero spirito del Concilio, e partendo da essi e in conformità con essi bisognerebbe andare avanti. Proprio perché i testi rispecchierebbero solo in modo imperfetto il vero spirito del Concilio e la sua novità, sarebbe necessario andare coraggiosamente al di là dei testi, facendo spazio alla novità nella quale si esprimerebbe l’intenzione più profonda, sebbene ancora indistinta, del Concilio. In una parola: occorrerebbe seguire non i testi del Concilio, ma il suo spirito. In tal modo, ovviamente, rimane un vasto margine per la domanda su come allora si definisca questo spirito e, di conseguenza, si concede spazio ad ogni estrosità. Con ciò, però, si fraintende in radice la natura di un Concilio come tale…..
All'ermeneutica della discontinuità si oppone l'ermeneutica della riforma … Vorrei qui citare soltanto le parole ben note di Giovanni XXIII, in cui questa ermeneutica viene espressa inequivocabilmente quando dice che il Concilio “vuole trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti”, e continua: “Il nostro dovere non è soltanto di custodire questo tesoro prezioso, come se ci preoccupassimo unicamente dell'antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell'opera, che la nostra età esige… È necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo. Una cosa è infatti il deposito della fede, cioè le verità contenute nella nostra veneranda dottrina, e altra cosa è il modo col quale esse sono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata” (S. Oec. Conc. Vat. II Constitutiones Decreta Declarationes, 1974, pp. 863-865). È chiaro che questo impegno di esprimere in modo nuovo una determinata verità esige una nuova riflessione su di essa e un nuovo rapporto vitale con essa; è chiaro pure che la nuova parola può maturare soltanto se nasce da una comprensione consapevole della verità espressa e che, d’altra parte, la riflessione sulla fede esige anche che si viva questa fede. In questo senso il programma proposto da Papa Giovanni XXIII era estremamente esigente, come appunto è esigente la sintesi di fedeltà e dinamica. Ma ovunque questa interpretazione è stata l’orientamento che ha guidato la recezione del Concilio, è cresciuta una nuova vita e sono maturati frutti nuovi”….
Ho voluto citare questa lunga riflessione dell’amato papa emerito Benedetto XVI perché riascoltando le sue parole si possa recepire correttamente lo spirito del Concilio.
 
Tale spirito conciliare emerge altresì dai messaggi che il Concilio ha rivolto al mondo nel giorno della sua chiusura. Era l’8 dicembre 1965 quando Paolo VI, quasi con voce di antico patriarca, si rivolse ai governanti, agli uomini di pensiero e di scienza, agli artisti, alle donne, ai lavoratori, ai poveri, ai malati, ai giovani. Anche in questi messaggi è contenuto lo spirito autentico del Concilio che i Padri del Vaticano II hanno inteso destinare al mondo contemporaneo.
 
Ai Governanti: “Noi rendiamo onore alla vostra autorità e alla vostra sovranità; noi rispettiamo la vostra funzione; noi riconosciamo le vostre giuste leggi; noi stimiamo quelli che le fanno e quelli che le applicano. Abbiamo però una parola sacrosanta da dirvi, ed eccola: Dio solo è grande. Dio solo è il principio e la fine. Dio solo è la sorgente della vostra autorità e il fondamento delle vostre leggi … [La Chiesa] non vi chiede altro che la libertà. La libertà di credere e di predicare la sua fede, la libertà di amare il suo Dio e di servirlo, la libertà di vivere e di portare agli uomini il suo messaggio di vita. Non temetela … La Chiesa vi offre con la nostra voce la sua amicizia, i suoi servizi, le sue energie spirituali e morali”.
 
Agli uomini di pensiero e di scienza: “Un saluto tutto speciale a voi, ricercatori della verità, a voi, uomini di pensiero e di scienza, esploratori dell’uomo, dell’universo e della storia, a voi tutti, pellegrini in marcia verso la luce, e anche a quelli che si sono fermati nel cammino, affaticati e delusi da una vana ricerca … Il vostro cammino è il nostro. I vostri sentieri non sono mai estranei ai nostri. Noi siamo gli amici della vostra vocazione di ricercatori, gli alleati delle vostre fatiche, gli ammiratori delle vostre conquiste e, se occorre, i consolatori dei vostri scoraggiamenti e dei vostri insuccessi … Continuate a cercare, senza stancarvi, senza mai disperare della verità! … Se il pensare è una grande cosa, pensare è innanzitutto un dovere …”
 
Agli Artisti. “Ora a voi tutti, artisti che siete innamorati della bellezza e che per essa lavorato: poeti e uomini di lettere, pittori, scultori, architetti, musicisti, gente di teatro e cineasti... A voi tutti la Chiesa del Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amici della vera arte, voi siete nostri amici! … Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi… Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”.
 
Alle Donne: “La Chiesa è fiera, voi lo sapete, d’aver esaltato e liberato la donna, d’aver fatto risplendere nel corso dei secoli, nella diversità dei caratteri, la sua uguaglianza sostanziale con l’uomo. Ma viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si completa in pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto … È per questo, in questo momento nel quale l’umanità sperimenta una così profonda trasformazione, che le donne imbevute dello spirito del Vangelo possono tanto per aiutare l’umanità a non decadere … Donne di tutto l’universo, cristiane o non credenti, a cui è affidata la vita in questo momento così grave della storia, spetta a voi salvare la pace del mondo!”
 
Ai lavoratori: “State prima di tutto sicuri che la Chiesa conosce le vostre sofferenze, le vostre lotte, le vostre speranze; che essa apprezza altamente le virtù che nobilitano le vostre anime: il coraggio, la dedizione, la coscienza professionale, l’amore alla giustizia; che riconosce pienamente gli immensi servizi che voi rendete all’insieme della società, ciascuno nel proprio posto e spesso nei posti più oscuri e più disprezzati … La Chiesa è vostra amica. Abbiate fiducia in lei! … La Chiesa cerca sempre di comprendervi meglio. Ma voi dovete cercare a vostra volta di comprendere che cosa è la Chiesa per voi lavoratori …”
 
Agli ammalati: “La nostra pena si accresce al pensiero che non è in nostro potere procurarvi la salute corporale, né la diminuzione dei vostri dolori fisici … Cristo non ha soppresso la sofferenza; non ha neppure voluto svelarcene interamente il mistero: l’ha presa su di sé, e questo basta perché ne comprendiamo tutto il valore. O voi tutti che sentite più gravemente il peso della croce, voi che siete poveri e abbandonati, voi che piangete, voi che siete perseguitati per la giustizia, voi di cui si tace, voi sconosciuti del dolore, riprendete coraggio: voi siete i preferiti del regno di Dio, il regno della speranza, della felicità e della vita; siete i fratelli del Cristo sofferente; e con lui, se lo volete, voi salvate il mondo!”
 
Ai Giovani: “Siete voi che raccoglierete la fiaccola dalle mani dei vostri padri e vivrete nel mondo nel momento delle più gigantesche trasformazioni della sua storia …La Chiesa è desiderosa che la società che voi vi accingete a costruire rispetti la dignità, la libertà, il diritto delle persone: e queste persone siete voi … Essa ha fiducia che voi troverete una tale forza ed una tale gioia che voi non sarete tentati, come taluni i dei vostri predecessori, di cedere alla seduzione di filosofie dell'egoismo e del piacere, o a quelle della disperazione e del nichilismo; e che di fronte all'ateismo, fenomeno di stanchezza e di vecchiaia, voi saprete affermare la vostra fede nella vita e in quanto dà un senso alla vita: la certezza della esistenza di un Dio giusto e buono … La Chiesa vi guarda con fiducia e con amore”.
Anche questo è lo spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II