Omelia nella VI domenica per annum
«Beati voi!»

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  Dal Vangelo secondo Luca 6,17-26
 In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
  
 
Siamo ancora sulle rive del lago di Tiberiade dove Gesù raccontò ai discepoli e agli apostoli il segreto della felicità.
E’ la gioia ciò che la persona umana cerca più di ogni altra cosa.
 
La liturgia della Parola di questa domenica ripropone uno dei brani più celebri del Vangelo, "il discorso delle beatitudini" che rileggiamo, oggi nella versione di Luca, più breve ma più incisiva di quella parallela di Matteo (10,1-4).
 
Le Beatitudini sono dono, buona notizia e programma di vita.
Con la proclamazione delle “beatitudini” ha avuto inizio l’annuncio del Regno di Dio che non è regolato dalla logica di questo mondo, ma da principi che vi si oppongono e che lo stesso Signore enuncia come “beatitudini”.
Inoltre, con le beatitudini Gesù proclamò che il tempo messianico era arrivato e che il Regno era per tutti.
 
Le beatitudini lucane si situano all’interno della prima parte del Vangelo in cui si racconta il ministero di Gesù in Galilea, il cui nucleo centrale è costituito dal “discorso della pianura”. Diversamente da Matteo, il discorso fu pronunziato non su un monte ma in un «luogo pianeggiante». 
«C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne». Segno questo dell’influsso che Gesù esercitava anche sul mondo dei gentili.
 
E Gesù proclamò «beati» i poveri, coloro che hanno fame, le persone che soffrono, i discepoli odiati, messi al bando e insultati «a causa del Figlio dell'uomo».
In sintesi un nuovo programma di vita per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri.
«Beati» dice il Signore. Cioè: sarete felici se ...,"avrete il cuore pieno di gioia se...", "sarete raggianti se ... E quel “se” sconcerta: "se sarete poveri; se avrete fame; se ora piangerete".
I motivi che Gesù pone come condizione della nostra possibile beatitudine contrastano radicalmente con la nostra mentalità.
 
Ma come? Davvero Gesù dichiara felice chi soffre? Chi è povero? Chi ha fame?
Ovviamente Gesù non loda la condizione di sofferenza e di disagio! Dice però che, se nonostante quella fatica, quella sofferenza e quel disagio non ci allontaneremo da lui, se anzi saremo perseveranti fino alla fine, allora saremo beati.
 
Le Beatitudini sono un programma di vita sicuramente difficile eppure hanno un grande fascino.
Si tratta di atteggiamenti spirituali che costituiscono la via maestra per raggiungere la piena felicità che Gesù ha promesso a coloro che sono già entrati, mediante la fede, nella fase iniziale del regno di Dio.

Le Beatitudini indicano la strada della libertà mediante il distacco dai beni, mediante l’esercizio della misericordia e della mitezza, mediante la solidarietà all’uomo, mediante l’amore e la convivenza nella pace.
I «beati!» che Gesù ripete nove volte sono, quelli che vivono fin d'ora la felicità, sono i miti, i pacifici, i puri, quelli che vivono con intensità e dono la propria vita.
 
La seconda parte della pericope contiene quattro ammonizioni («guai!»), che si contrappongono in modo simmetrico alle benedizioni e ne costituiscono il risvolto negativo: I «guai» sono una forma letteraria tipica del linguaggio profetico.
 
Gesù parla di una ricompensa che non è mai immediata, ma sempre da goderne in futuro, in uno stato di vita molto diverso da quello che conduciamo in questo mondo. Vuole dirci indirettamente che solo alla luce della fede e ai bagliori della croce vanno lette e vissute quelle beatitudini.
 
Si tratta di vivere il presente, fatto di lavoro, di studio, di fatica, di gioie e di speranze aspettando e cominciando a gustare nel cuore la gioia più grande che verrà quando saremo tutti intorno a Gesù, come i discepoli e gli apostoli quel giorno in cui gli ha spiegato il segreto della felicità.
 
Cari Amici
Scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Le beatitudini ci insegnano il fine ultimo al quale Dio ci chiama: il Regno, la visione di Dio, la partecipazione alla natura divina, la vita eterna, la filiazione, il riposo in Dio». (1726)

Qualcuno si chiederà, e legittimamente: “Ma è possibile che Gesù abbia proposto un messaggio così alienante? Davvero, Signore, dichiari felice/beato chi soffre? Chi è povero? Chi ha fame?”. No: non si è beati perché poveri o piagenti, ma perché pur essendolo confidiamo in Dio; perché capaci di confidare nel Signore.

Gesù non loda la condizione di sofferenza e di disagio; dice che se nonostante quella fatica, quella sofferenza e quel disagio non ci allontaneremo da lui; se anzi saremo perseveranti fino alla fine, allora saremo beati.
Solo confidando totalmente in Dio, solo seguendo la sua strada che a volta potrà apparire perdente agli occhi del mondo, potremo vivere la beatitudine e la felicità dell’appartenere al regno.
 
Gesù parla di una ricompensa che non è mai immediata, ma sempre da goderne in futuro, in uno stato di vita molto diverso da quello che conduciamo in questo mondo. Vuole dirci indirettamente che solo alla luce della fede e ai bagliori della croce vanno lette e vissute quelle beatitudini.
 
Si tratta di vivere il presente, fatto di lavoro, di studio, di fatica, di gioie e di speranze aspettando e cominciando a gustare nel cuore la gioia più grande che verrà quando saremo tutti intorno a Gesù, come i discepoli e gli apostoli quel giorno in cui gli ha spiegato il segreto della felicità.
 
A proposito di Beatitudini ha detto il santo Paolo VI: “É Cristo che annuncia il suo programma e condensa in sentenze limpide e scultoree tutto il Vangelo. Il Regno della terra e il Regno del cielo hanno nelle beatitudini il loro codice iniziale e finale… Chi non ha ascoltato le beatitudini non conosce il Vangelo. Chi non le ha meditate non conosce Cristo. In altre parole, Cristo ha esaltato nelle beatitudini non tanto delle misere condizioni umane, quasi queste fossero fine a se stesse, ma piuttosto ha predicato delle virtù magnifiche che dalle misere condizioni umane prendono il nome e che mediante quelle possono fare buono e grande e pio l'uomo pellegrino… Chi ha compreso questa difficile lezione e l'ha applicata alla propria vita è il beato, il perfetto”.
 
Il credente, il figlio di Dio non può che porre la propria fiducia in Dio; allora sperimenteremo la vera felicità e saremo «beati».
Al di fuori della scelta fondamentale di Cristo è molto difficile, per non dire impossibile, dare un senso a questo discorso che sembra esaltare le situazioni più dolorose della vita; ma con Cristo, "ogni beatitudine" ha la sua ragion d'essere.

È Lui, il Signore, Gesù, la ragione vera e profonda della beatitudine che resta inalterata anche nelle situazioni estreme.

 
Le beatitudini si possono riassumere in una: la beatitudine della fede. Il centro e il fondamento di ogni beatitudine è la fede in Dio, presente tra gli uomini nella persona del Cristo.
 
O Dio, che hai promesso ai poveri e agli umili
la gioia del tuo regno,
fa’ che la Chiesa
non si lasci sedurre dalle potenze del mondo,
ma a somiglianza dei piccoli del Vangelo,
segua con fiducia il suo sposo e Signore,
per sperimentare la forza del tuo Spirito.

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