Omelia nella 5 domenica di Quaresima
«Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me»

<< Torna indietro

 

 
Dal Vangelo secondo Giovanni 10,31-42
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.
 
Il vangelo della quinta Domenica di Quaresima riferisce l’episodio accaduto nell’ultima settimana di vita di Gesù dopo l’ingresso trionfale in Gerusalemme. Ancora qualche giorno e il Giovane Rabbi di Nazaret sarebbe stato condannato e crocifisso.
Questa contestualizzazione faciliterà la comprensione dell’insegnamento della pericope evangelica odierna.
La morte in croce di Gesù era imminente ed Egli nella sua consapevolezza affermò: “E’ giunta l’ora nella quale il Figlio dell’uomo deve essere glorificato”.
 
Vi erano molti i pellegrini a Gerusalemme giunti in città in occasione della Pasqua ebraica. Tra loro vi erano alcuni gentili; altri erano ebrei che vivevano nella diaspora; altri ancora pagani che provenivano dal mondo greco e che guardavano con favore la cultura e la fede degli Ebrei. Costoro avevano sentito parlare di Gesù. Per questo si avvicinarono a Filippo e con una rispettosa richiesta, dissero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Il verbo utilizzato da Giovanni non indica un semplice “vedere”, ma un andare al di là delle apparenze, un vedere, per conoscere e per credere. Conoscere per Giovanni indica, appunto, una conoscenza profonda e vitale.
 
Ma in questo episodio evangelico vi è un secondo atto.
Dopo aver ascoltato il messaggio trasmesso da Filippo e Andrea, Gesù sembrò cadere in una profonda meditazione. Egli sapeva che era ormai giunto il tempo della sua consegna e della sua glorificazione. Non si trattava di un destino inevitabile, ma di un atto amato e accettato con il quale Gesù rispose generosamente alla volontà del Padre.

Egli sapeva che "se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto".
Gesù parlò della sua morte paragonandola a quella del grano che morendo nella terra produce nuova vita. La morte di Gesù sarà la premessa perché la vita nuova del Risorto sia donata a quanti lo accoglieranno con fede.
 
Gesù non ignorò la domanda dei Greci: «Vogliamo vedere Gesù». Ma, paragonandosi al grano che muore per portare frutto, rivelò la strada che il discepolo dovrà percorrere per giungere alla conoscenza profonda di lui. Questo è il vero volto di Cristo; e ogni discepolo deve saper questo se vuole seguire il maestro. Il mistero della salvezza si rivela solo nella croce di Cristo.
 
In questa Quaresima siamo stati invitati a percorrere lo stesso itinerario di Cristo, ritirato nel deserto, trasfigurato sul Tabor, uomo del silenzio e della preghiera. A conclusione dell’itinerario quaresimale la Chiesa ci invita a concentrarci maggiormente sul mistero della passione e della morte di Gesù; e lo fa proponendoci l’icona del chicco di grano che, per legge naturale, se non muore non dà frutto.

Cristo Gesù morirà sulla croce e dalla sua morte nasce la vera vita per l’umanità.
Domenica prossima sarà quella delle Palme e quella successiva, infine, Pasqua. Ecco perché Gesù dice: “E’ giunta l’ora”. L’ora con il suo mistero, la sua grandezza e le sue conseguenze; l’ora in cui egli sarà “innalzato da terra”. L’ora – appunto - in cui il Figlio dell’Uomo dice: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.
 
A prima vista, è triste la storia del piccolo chicco di grano, che sprofonda nel solco, e, nel buio della terra sembra morire e decomporsi; ma è proprio lì, nel buio, che germoglia una nuova, e più potente vita, perché un solo chicco darà vita a un’intera, rigogliosa, spiga. Sì: un chicco di grano che volesse ostinatamente restare integro non servirebbe a nulla. Solo il chicco disposto a marcire nella terra produrrà frutto. Ma il centro della espressione evangelica non è il morire, ma il produrre molto frutto. La sottolineature che ne fa il Si­gnore è sulla fecondità, non sul sacrificio. Così è della morte del Figlio di Dio, sceso nel buio di una tomba, dalla quale risorgerà, rinnovando l'umanità e tutta la creazione.

Gesù darà la vita per amore! Sarà innalzato da terra sulla croce e attirerà tutti a sé! Con queste parole Gesù parla dell'evento centrale della sua vita e della sua missione: la morte per la resurrezione, la passione e la morte per la redenzione di ogni uomo, che si lasci attrarre a Lui. Ed è lui, il Figlio di Dio, quel simbolico chicco di grano, caduto a terra, il chicco che muore, per moltiplicare all'infinito la vita che dura in eterno.
 
Ma Gesù prosegue: “Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”. Chi ama la propria vita, nel senso egoistico di chi pensa solo a se stesso senza curarsi degli altri, condanna la propria vita alla sterilità e all’inutilità. Vi è in questo una proposta di sequela che non è facile da accettare, e, tanto meno, da realizzare se non in forza dell’amore.
 
Cari Amici,
Quante volte anche noi abbiamo detto: «Vogliamo vedere Gesù». L’uni­ca visione che ci è concessa è la sequela. Seguire Cristo e l’u­nico modo per vederlo. Seguirlo fino alla croce; poiché è dalla croce che fiorirà la vita nuova. Lui sarà fedele sino alla fine e attirerà tutti.
   «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Come nella notte in cui parò con Nicodemo, Gesù richiama l'immagine del serpente innalzato da Mosè. Anche Lui sarà innalzato per attirare lo sguardo dell’umanità e per offrire a tutti i doni della salvezza e della grazia.
   «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Il contesto evoca i gentili che volevano vedere Gesù. Ma Egli non attira solo i pagani, i lontani e gli increduli. Anche coloro che si dicono credenti debbono volgere lo sguardo verso di lui per imparare la sua strada e accettare la verità della sua vita.
   «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Che la chiamata dei pagani, dei lontani e degli increduli non ci faccia dimenticare la nostra vocazione alla fede. Per ognuno di noi è Gesù morto. Per me è stato innalzato per catturare il mio sguardo, ogni volta che i miei occhi si allontanano dal suo volto. Egli è la luce del mondo. E la luce per la mia esistenza.
 
L'esperienza della fede non è una semplice curiosità o una ricerca intellettuale o culturale. Essa è un coinvolgimento intenso e intimo in un gioco di partecipazione e di imitazione che esalta la vita dell'uomo. Dio non chiede una banale adesione a lui, quasi una sorta di mediocre affetto; al contrario, invita a una partecipazione feconda al mistero della sua vita. "Voler vedere Gesù", in fondo, significa semplicemente questo.

Quello che ha vissuto Cristo, seme caduto in terra, sacrificato per la nostra salvezza, diventa quello che è chiamato a vivere il cristiano che crede in Lui per camminare nella via della salvezza e per poter "far vedere" Gesù a chi lo cerca, anche oggi.

Mentre si sta per concludere l’itinerario quaresimale facciamo entrare in profondità dentro di noi queste espressioni schiette e decise di Gesù, nella misura in cui si pongono all'opposto della concezione comune e immediata.
 
"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua..." La morte di Gesù è il seme della vita nuova, della vita eterna. Siamo stati tutti salvati dalla sua Croce, accettata come volontà del Padre!

La nostra fede è nella Croce di Cristo. Solo la via della Croce ci conduce al Padre che sta nei cieli. L'ha percorsa Gesù per primo, anche noi siamo chiamati a percorrerla. Il Rabbì di Nazareth ci insegna che ciò che abbiamo di più prezioso, non si salva chiudendolo in una cassaforte, ma solo avvolgendolo nell’amore, solo donandolo, solo perdendolo. La vita è come un respiro: se la tieni per te, soffochi.
 
Questo è il Gesù di Nazareth che vogliamo vedere e in cui crediamo; che si è fatto uomo nell’amore, per amore, per amare.
 
Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso,
perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità,
che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi.

© Riproduzione Riservata