Omelia nella 23 domenica per annum
«Nulla anteporre all'amore di Cristo»

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Dal Vangelo secondo Luca 14,25-33

 In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.

Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.

Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.

Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

 

 

Il testo evangelico della XXIII domenica per annum si situa nella seconda parte della sezione del grande viaggio di Gesù verso Gerusalemme (9,51 - 19,27) in cui sono presentate le esigenze del Regno di Dio sullo sfondo della morte di Gesù (13,22 - 18,30). La sequela di Gesù non è una cosa di poco conto. L’evangelista propone una raccolta di insegnamenti sul discepolato scandita da un’espressione ripetuta tre volte in cui si dice che chi non assolve particolari condizioni «non può essere mio discepolo» (vv. 26.27.33).
 
Il brano inizia con un versetto di origine redazionale mediante il quale viene creato un collegamento con quanto precede: «una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro». Gesù durante il suo viaggio rivolse la sua parola alle folle prima ancora che a coloro che si erano già messi al suo seguito. Disse loro che per seguirlo sarà doveroso compiere una scelta radicale: mettere la sua persona al primo posto: nulla e nessuno anteporre al suo amore, riconoscere che solo lui offre salvezza all’uomo.
Infatti è lo stesso Maestro a indicare le condizioni per esser suoi discepoli: condizioni che possono essere sintetizzate in tre parole: radicalità, priorità e coerenza di vita.
1.   Se uno «non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo».
2.   Se uno «non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo».
3.      Se uno «non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
 
Sono parole brucianti quelle di Gesù. La sua parola suona dura, ardua, inattesa. Vorremmo obiettare: “ma cosa stai dicendo, Signore? Non sei stato tu a codificare nei comandamenti l’amore e l’onore per il padre e la madre? Non sei stato tu a porre al centro delle dieci parole il rispetto e l’amore per la vita? Non ci è stato affidato da te il compito di provvedere allo sviluppo della terra e dei suoi beni?”

Ma il centro delle espressioni categoriche del Maestro non sta in una serie di «no» det­ti alle cose belle della vita, ma in un «sì» detto a u­na cosa ancora più bella che Dio solo ha e nessun al­tro può dare. L'accento del­le frasi non è sulla rinuncia, ma sulla conquista. Questo è ciò che il Signore vuole comunicare nel brano evangelico apparentemente così duro di questa domenica. Per il vero discepolo di Gesù il Regno di Dio, presente nella sua persona, rappresenta il valore assoluto in base al quale tutti gli altri valori vengono valutati, interpretati e vissuti.
 
 In primo luogo è da notare il gesto di Gesù che si voltò e mostrò il suo volto a coloro che lo seguivano. In questo vi è il segreto di ogni vocazione e l’esperienza che produce il coinvolgimento più radicale della persona. Il segreto del discepolo è incontrarsi con il volto di Gesù, dono di sapienza. Ogni volta, infatti, che ci viene annunciato il Vangelo, particolarmente nella liturgia della Parola domenicale, si attua nuovamente questo "voltarsi" di Gesù.

La sequela non vincola il credente a una idea, ma alla persona stessa di Gesù. Si tratta dell’incontro non con un’idea o con un progetto di vita, ma con una Persona viva che trasforma in profondità noi stessi. È necessario, però, lasciarsi coinvolgere totalmente da Lui e dal suo Vangelo. Basta notare le tre frasi chiave utilizzate dal Maestro: "Se uno viene a me” … “Non viene dietro a me”, “non può essere mio discepolo”. È Gesù che chiama ed è solo Lui che dobbiamo seguire lungo la strada. Cristiano è solo una persona conquistata dall'amore di Cristo.
 
In secondo luogo, la sequela di Gesù comporta una gerarchia di valori. Davanti alla persona di Gesù perdono importanza tutti i beni di questa terra, i legami familiari e anche la stima della propria vita. «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo». Con il suo appello Gesù non intende abolire il quarto comandamento, ma semplicemente proporre a chi vuole seguirlo una gerarchia di valori in cui al primo posto non c’è il proprio io o i parenti più stretti, ma Gesù.

Per seguirlo occorre saper rinunciare anche agli affetti più cari e persino alla propria vita. Gesù vuole sottolineare che ogni interesse o affetto terreno deve essere subordinato alle esigenze prioritarie del regno e
alla scelta primaria indispensabile che è il Signore. A tutti i battezzati è richiesto di amare Cristo e di collocarlo al di sopra di tutti le altre cose. Egli chiede che nessun altro amore condizioni e tanto meno escluda l’amore per lui. Egli deve costituire il motivo primo del nostro vivere, del nostro operare, del nostro amare.

Ne consegue che i beni terreni, la stessa famiglia e gli umani affetti debbano certamente essere considerati rispettabili, apprezzabili e degni di ossequio, ma di fronte a Cristo assumono un ruolo marginale e secondario. «Nihil amori Christi praeponere». Si tratta di porre la fede in lui come fondamento e criterio di tutto. Nella prospettiva della fede non possono esistere compromessi, né dilazioni, né "patteggiamenti" poiché il Cristo va accolto nella forma totalizzante e non possiamo pretendere di essere cristiani quando si accetta di Lui solamente quello che più ci fa comodo, rigettando quello che richiede impegno, rinuncia e sacrificio. Cristo va scelto in tutto e per tutto.
 
In terzo luogo, la sequela di Gesù richiede prudenza e fedeltà. Il Maestro riprende e illustra due insegnamenti mediante due similitudini. «Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa?... Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare? Con esse egli invita gli uditori a soppesare bene le proprie forze, prima di mettersi alla sua sequela, che rappresenta un ideale molto alto, ma pieno di rischi e di difficoltà. Le due similitudini sono costruite secondo lo stesso schema: in ciascuna di esse si consiglia, prima di iniziare un’impresa, di verificare attentamente se si hanno i mezzi per portarla a termine, per evitare di doverla lasciare a metà.
 
È un richiamo alla serietà che il seguire Gesù richiede. La sequela non è fatta per i superficiali, per gli irriflessivi, per coloro che presumono di sé. Prima di accingersi a seguire Gesù occorre «calcolare e riflettere». Sono molti coloro che iniziano, ma pochi coloro che seguono il Signore fino alla fine. La scelta di Cristo non va effettuata da uno spirito debole, labile e velleitario, ma da chi si è innamorato di Lui ed è disposto con tutti i mezzi a porsi alla sua sequela in tutte le circostanze, capace di poter affrontare qualsiasi sfida o imprevisto.
 
La scelta della fede cristiana si fa concreta nell'aderire pienamente alla persona di Cristo.
 
Cari amici
Seguire Gesù Cristo è l'ideale cristiano. Gesù indirizza a tutti l’invito a seguirlo. Tuttavia seguirlo con verità e lealtà non è facile. Non possiamo illuderci. Né si devono illudere gli altri, proponendo capziosi sconti in ordine alle esigenze della sequela Christi. Inutile rivestire la non verità con i panni della seduzione. Incapsulati nei propri costumi, rituali e le distrazioni, molti cristiani non cercano nemmeno di seguire Gesù Cristo. Altri cercano di conciliare le esigenze della sequela con i propri impegni e i propri comodi. E altri, che pur lo hanno deciso con sincerità, abbandonano il proposito a causa delle difficoltà che la sequela comporta.

Troppo spesso il nostro apprezzamento della realtà è spesso molto frivolo e superficiale. L’irrequieta brama di vita che oggi non dà pace agli uomini finisce nel vuoto della vita persa. Lo stesso libro della Sapienza afferma che solo alla luce dello Spirito Santo gli uomini possono imparare ciò che piace al Signore, seguire la strada giusta e raggiungere la salvezza (Sap 9, 13-18).
 
«Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo». Questa sembra essere la frase che dà senso a tutto il breve discorso di Gesù. È questa la sequela di Cristo: un'esistenza che procede passo passo sui passi di Lui, mettendo in pratica la sua parola, parola di verità e di vita eterna; non è un percorso facile e Gesù non lo nasconde. La sequela di Cristo è essenzialmente "via crucis", via del Calvario e via di totale consacrazione al discepolato mediante scelte radicali per la causa del vangelo.
 
"Colui che non porta la propria croce".
Gesù pronunciò questa frase mentre camminava verso Gerusalemme, ove lo avrebbe atteso, appunto, la croce. La gente sapeva che la croce era il supplizio praticato dai Romani per distruggere una persona fisicamente e moralmente. Era l’espressione massima della sofferenza e della umiliazione. Gesù chiede ai suoi discepoli la disponibilità a compromettere per lui la loro vita e disposti a seguirlo praticando la strada stretta del vangelo. La croce è il sigillo di garanzia che ci rassicura che stiamo percorrendo la via di Cristo, la via della redenzione e della salvezza; ogni altro percorso, anche costellato di opere buone e pratiche di pietà, può non essere autentico. Ma la Croce, portata con fede e con amore, rende certi i nostri passi nel cammino della vita.

Gesù non cerca di imporre una croce. E neppure chiede di aiutare a portare la sua. Gesù intende dare un senso alla croce. Croce equivale a dire: amare fino alla fine; amare senza condizioni, consumati nell'amore. Proprio come ha fatto Lui. Egli dà per scontato che tutti dobbiamo portare la nostra croce. Questo non è un triste privilegio di cristiani. Dobbiamo tenerne conto sia per non cadere nella tentazione del vittimismo sia per non a ignorare le croci egli altri. È stato detto che chi cerca Gesù senza la croce, troverà la croce senza Gesù!
 
"Dietro a me".
Primo fondamentale atto della sequela è lasciare tutto e tutti per seguire solo Lui. Il farsi discepoli del Signore comporta anche la libertà del cuore da ogni attaccamento ai beni terreni. Lui vuole essere amato in modo incondizionato. Occorre rinunciare alla logica del possesso come riferimento delle nostre attese di salvezza. Occorre un cuore disponibile al dono e alla gratuità. Le nostre attese sono poste nel Signore non nei beni materiali. Andare dietro a Gesù vuol dire partecipare al suo destino, essere una cosa sola con Lui. Qui sta la differenza. Colui che seguiamo segna la nostra vita.

Non si è discepoli finché non si guarda a Lui come unico senso dell'esistenza. Tutto viene da Lui. Seguire Cristo che è luce significa vivere la luminosità di un incontro. Ai cristiani Gesù chiede di portare la croce dietro di Lui per le stesse ragioni e per lo stesso motivo che Egli ha portato la sua.
 
"Mio discepolo".
Tutta la vita è una scuola. E ci sono molti insegnanti. Tutti abbiamo imparato da altri: dalla lingua materna ai consigli per invecchiare con dignità. Discepolo è colui che apprende le lezioni del Maestro Gesù per dare un tono diverso alla vita e alla vita eterna. Il cardinale Joseph Ratzinger, poche settimane prima di essere eletto Vescovo di Roma, disse: “Ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento della storia, sono uomini e donne che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo … Abbiamo bisogno di uomini e donne che tengano lo sguardo diritto verso Dio, imparando da Lui la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini e donne il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all'intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini toccati da Dio, Dio può fare ritorno presso gli uomini".
 
Non è certo una pagina facile quella del Vangelo odierno e che il Signore ci propone. Se considerata con la ragione e le sole forze umane appare una strada persino impraticabile Ma ogni proposta del Signore è resa possibile mediante il suo aiuto, mediante la sua luce che viene dall’alto e che consente di conoscere la strada della salvezza.
È la luce che ci viene offerta dal Vangelo che ci invita non solo a valutare l’opportunità o meno di seguire il Signore, ma altresì di conoscere i mezzi per “salvare” la nostra vita facendoci suoi discepoli.

Egli ci attende.
 
O Dio, tu sai come a stento
ci raffiguriamo le cose terrestri,
e con quale maggiore fatica
possiamo rintracciare quelle del cielo;
donaci la sapienza del tuo Spirito,
perché da veri discepoli
portiamo la nostra croce ogni giorno
dietro il Cristo tuo Figlio.

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