Omelia nella 2 domenica per annum
«Che cosa cercate? Venite e vedrete!»

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 Dal Vangelo secondo Giovanni 1,35-42

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

 
Con la scorsa domenica, nella quale la Chiesa ha celebrato il Battesimo del Signore, è iniziato il tempo ordinario dell'anno liturgico. La bellezza di questo tempo sta nel fatto che esso invita a vivere la nostra vita ordinaria come un itinerario di santità, di fede e di amicizia con Gesù, continuamente scoperto e riscoperto quale Maestro e Signore, Via, Verità e Vita dell'uomo.
 
Il Tempo Ordinario
 
Il Tempo Ordinario rappresenta il pellegrinaggio del cristiano verso la meta finale. Si tratta di 34 settimane: un lungo periodo in cui la Parola di Dio viene proclamata e per interiorizzarla. In questo modo il fedele cristiano potrà conoscere meglio il Mistero dell'amore di Dio. Nell'ordinario si celebra lo straordinario: il mistero pasquale di Cristo e la nostra comunione con Lui.  In questa lunga tappa Dio ci fa scoprire che è Lui che conduce la storia: e si tratta di una storia di salvezza! Questo tempo che è kairos, ossia tempo del Signore, aiuta ad assimilare e meditare i misteri della vita di Gesù attraverso la lettura progressiva e quasi continua che ogni domenica si fa della sua Parola.

Il Tempo Ordinario è così definito non nel senso che si tratti di un tempo di scarsa importanza, ma inteso come il tempo in cui si ricorda la missione ordinaria del Signore, esclusi i grandi misteri come l’Incarnazione del Figlio di Dio, preceduto dall’Avvento e il Mistero pasquale, preceduto dal tempo forte della Quaresima.

Il Tempo Ordinario ha una sua specifica valenza liturgica, riferita sempre – come del resto gli altri periodi dell’Anno liturgico – al mistero di Cristo e alla vita della Chiesa.

Il Tempo Ordinario non è segnato da grandi feste, ma scorre regolare, ritmato soltanto dalla domenica come celebrazione della Pasqua settimanale. La domenica, infatti, è la «festa primordiale» dei cristiani (SC 106). In questo giorno la Chiesa celebra la fonte della sua vita e la meta del suo cammino e il Prefazio X° per le domeniche del tempo ordinario canta: «Oggi la tua famiglia, riunita nell’ascolto della tua Parola e nella comunione dell’unico pane spezzato fa memoria del Signore risorto nell’attesa della domenica senza tramonto, quando l’umanità intera entrerà nel tuo riposo».
 
Riflessione Omiletica
 
Il tema di questa seconda domenica del tempus per annum è quello della chiamata. Nella prima Lettura il protagonista è il profeta Samuele che opportunamente orientato da Eli, sacerdote del tempio di Silo dove era custodita anticamente l’arca dell’alleanza, ha riconosciuto la voce di Dio. “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Sam 3,9). In questa disponibilità c'è tutta la grandezza di Samuele: egli ha compreso la differenza che esiste tra Dio e tutto il resto; egli ha capito il senso della chiamata e della missione.

Il Vangelo sembra volerci trattenere sulle rive del Giordano. Era da poco avvenuto il battesimo di purificazione di Gesù il Figlio di Dio, il Salvatore promesso, e la sua epifania con l'irruzione dello Spirito e il riconoscimento pubblico del Padre. “Questi è il mio figlio, l’amato”.
La pericope evangelica si divide in tre scene:
      nuova testimonianza di Giovanni (vv. 35-36);
      due discepoli del Battista seguono Gesù (vv. 37-39);
      la vocazione di Pietro (vv. 40-42).
 
La testimonianza di Giovanni

All’inizio della pericope l’evangelista riporta una nuova testimonianza di Giovanni in favore di Gesù. Dopo il battesimo di Gesù nel Giordano, Giovanni era solo con alcuni discepoli. Incontrando Gesù che passava di là Giovanni riconobbe il Cristo nella sua vera identità e lo indicò ai suoi discepoli come l’Agnello di Dio. La sua conoscenza delMessia appare come il frutto della ricerca di tutta una vita e frutto del dono di Dio.
 
Due discepoli di Giovanni seguono Gesù
 
Giovanni Batista aveva una vasta cerchia di discepoli e, tra questi, vi erano anche le due coppie di fratelli Simone e Andrea, Giovanni e Giacomo, pescatori della Galilea. Proprio a due di questi il Battista indicò Gesù, il giorno dopo il suo battesimo nel fiume Giordano. E lo indicò loro dicendo: “Ecco l’agnello di Dio!” (Gv 1,36), che equivaleva a dire: Ecco il Messia. La forza della fede di Giovanni accese, nei due giovani, il desiderio di conoscere meglio Gesù di Nazareth e si incamminarono dietro Colui che il Battista aveva loro indicato come il Messia.

Cosicché da discepoli di Giovanni diventarono discepoli di Gesù che li formerà fino a farli suoi apostoli, coinvolgendoli nella sua missione e nel suo stesso destino. A prima vista sembra che siano loro a prendere la decisione di seguire Gesù. Invece è Gesù che, quando si accorse che essi lo seguivano, si rivolse a loro chiedendo: «Che cosa cercate?». Sono le prime parole che Giovanni nel suo Vangelo pone sulle labbra di Gesù all’inizio della sua vita pubblica.

È Gesù per primo che stabilì con loro un rapporto personale. Alla domanda di Gesù risposero con una contro-domanda: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Essi dimostrano così di sapere che Gesù era il vero Maestro e sanno che quanto cercano può essere conferito solo da lui. La risposta di Gesù è molto significativa: «Venite e vedrete». Gesù li invitò ad andare da lui affinché potessero «vedere». Il giovane profeta di Nazareth sapeva di avere una vita da comunicare; per questo propone una immediata esperienza concreta.

Nel crescendo progressivo affidato a tre verbi: andarono, videro, si fermarono
è contenuto il senso profondo della vocazione dei due discepoli. La progressione dell’esperienza è indicata anche dalla progressione dei titoli cristologici che si succedono lungo la pericope: Agnello di Dio, Rabbì-maestro, Messia-Cristo. Essi rimasero così colpiti nelle poche ore trascorse con Gesù, che subito uno di loro, Andrea fu il primo degli Apostoli ad essere chiamato a seguire Gesù. Per questo la liturgia della Chiesa Bizantina lo onora con l'appellativo di Protóklitos, che significa “primo chiamato”.
 
La vocazione di Pietro
 
L'incontro con Cristo trasformò radicalmente la vita di Andrea, il quale “incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù”. Finora l’evangelista non aveva rivelato l’identità dei primi due discepoli.  Ora scrive che uno di loro era Andrea, fratello di Simon Pietro. Del suo compagno non si dice il nome, ma è lecito pensare che fosse il discepolo a cui è attribuito il quarto vangelo: Giovanni, “il discepolo che Gesù amava”.

La definizione di Gesù come «Messia» contiene già un’esplicita professione di fede. Secondo il quarto vangelo Gesù manifestò fin dall’inizio la sua messianicità e i suoi la riconobbero. Andrea condusse Simone da Gesù, il quale, lo fissò intensamente, e gli disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa». "Su questa pietra edificherò la mia Chiesa". Secondo Matteo il cambio del nome di Simone sarebbe avvenuto dopo che il discepolo aveva proclamato Gesù come Messia e figlio di Dio (cfr. Mt 16,16-18).

Cambiare il nome, secondo la mentalità orientale e biblica, indica il cambiamento della persona stessa e del suo destino. Nel nuovo nome c’è tutta la vocazione di Pietro e sottolinea il fatto che, tra i discepoli, egli sarà un punto di riferimento a quella roccia che è Dio, rappresentato da Gesù, la sua Parola fatta carne.
 
Cari Amici,
«Venite e vedrete».
Con queste semplici parole è indicato il cammino di ogni discepolo. La prima azione pubblica che Gesù fece fu quella di chiamare alcune persone a vivere con lui. Gesù a questi uomini ha fatto una proposta: da pescatori di pesci a pescatori di uomini. La proposta rivolta a Simone e Andrea era davvero ardita, certamente rischiosa e fuori dagli schemi comuni, alternativa e controcorrente. Ma quelle parole riempirono la loro anima. Che fare? Si sono fidati e hanno scelto le ragioni del loro cuore. Hanno accolto il messaggio del Cristo-Messia. Il tempo di lasciare le barche, di lasciare il padre, di cambiare prospettiva di vita. E hanno seguito Gesù.

Gli apostoli, che chiamati da Cristo, risposero immediatamente alla sua chiamata, ci offrono un limpido esempio di sequela Christi; la loro stessa vita è cambiata radicalmente, a cominciare dalle attività quotidiane nelle quali spendevano prima tutte le loro energie, per assumere il compito definitivo di testimoni e annunciatori del regno. Simone, Andrea, e poi via via tutti gli altri discepoli, hanno seguito l’Uomo di Nazareth senza esitazioni; e si trattava di una persona di cui forse conoscevano appena le idee e le proposte. Gesù non aveva ancora fatto miracoli, ma loro hanno abbandonato tutto e lo hanno seguito. Lo hanno seguito come uomini, con i loro dubbi, con le loro incertezze, con le loro debolezze; ma hanno creduto, si sono fidati.

«Che cosa cercate?».
È la domanda che oggi Gesù rivolge a ognuno di noi mentre sta camminando lungo e rive della nostra vita. Anche la nostra vita può essere attraversata da Lui. La storia del rapporto tra Dio e l’uomo è una storia di domande e di ricerca. En­trambi cercatori: cercatori d’amore. Noi che conosciamo i miracoli di Gesù, che abbiamo avuto le testimonianze dei discepoli, noi che lo conosciamo come il Risorto …

Perché non ce la facciamo a metterci seriamente e permanentemente alla ricerca di Dio, vero maestro di vita? Noi mettiamo di mezzo sempre delle indecisioni, delle condizioni, tante incertezze. Paolo ci ricorda che i tempi sono stretti e dobbiamo abbandonare ogni legame con questo mondo per seguire la Parola di Dio.

Oggi spetta a noi essere, per vocazione, i continuatori di quell’opera, iniziata da Cristo, proseguita dagli apostoli e dai primi testimoni della fede. Spetta a noi irradiare nel mondo la parola della salvezza e della gioia del Vangelo. È sorprendente davvero che il Signore abbia voluto affidare l’annuncio e la testimonianza della Sua Parola a uomini fragili e peccatori, ma convertiti dalla sua chiamata e sorretti dalla sua grazia.

L’unica cosa che Dio ci chiede è di lasciarci coinvolgere; dare a Lui la disponibilità a metterci in gioco e a fidarci e andare. Ci viene chiesto un’unica cosa: abbandonarci a Lui. Come Simone e Andrea dobbiamo anche noi abbandonarci: dobbiamo fidarci e dobbiamo seguire Gesù. Non sapremo, forse, che cosa avverrà: ma dobbiamo lasciarci andare. Dobbiamo essere convinti e persuasi che Gesù è Uno di cui fidarsi; e dobbiamo fidarci! e dobbiamo seguirLo senza porre tante domande, tante richieste; senza bisogno di controllare.

Il segreto della vita cristiana è abbandonarsi e fidarsi di Dio. La nostra fede sarà sempre fragile e incerta finché non scopriamo personalmente la persona di Cristo.

Essere discepolo di Cristo: questo basta al cristiano. L'amicizia col Maestro assicura all'anima pace profonda e serenità anche nei momenti bui e nelle prove più ardue. Questo vuol dire donarsi a Dio: abbandonarsi e lasciare che Lui ci porti là dove ci deve portare. Donarsi a Dio non è realizzare qualcosa o diventare qualcosa ma lasciarci plasmare da Lui.

È il segreto di una vita cristiana non facile ma felice che non teme di aderire al Signore come i primi discepoli i quali hanno vissuto il loro rapporto con il Signore come la scoperta più preziosa della loro vita e l’hanno comunicata anche ad altri.
 
Occhi ben aperti, allora, perché Egli passa e noi non ce ne accorgiamo.
Sarebbe davvero triste!
 
O Dio, che riveli i segni della tua presenza
nella Chiesa, nella liturgia e nei fratelli,
fa’ che non lasciamo cadere a vuoto
nessuna tua parola,
per riconoscere il tuo progetto di salvezza
e divenire apostoli e profeti del tuo regno.


 
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