Omelia nella 18 domenica per annunm
«Affamati di Dio»

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 Dal Vangelo secondo Matteo 14, 13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

  
Il Vangelo della XVIII domenica per annum presenta l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci operata da Gesù. E’ una delle pagine più note al popolo cristiano, e particolarmente importante nella tradizione evangelica. Infatti il miracolo è l’unico presente in tutti e quattro i Vangeli. E addirittura Marco e Mat­teo ne riportano due redazioni. Gli esegeti sono concordi nel sostenere che si tratti di un evento decisivo per com­prendere la vicenda e il messag­gio di Gesù. Ovviamente il miracolo racconta qual­cosa di molto più grande e bello che non la semplice moltiplica­zione di cinque pani e due pesci. Più che un miracolo è un segno prospettiva di mistero.

Al termine del discorso parabolico (13,1-52) e prima di quello ecclesiale (c. 18) Matteo riporta una sezione narrativa fatta di episodi dotati, ciascuno, di un proprio peculiare messaggio. Secondo la prospettiva matteana l’intera sezione può suddividersi in tre parti:
1. La missione dei discepoli e il destino del Battista (13,53-14,12);
2. La sezione dei pani e la nascita del popolo della nuova alleanza (14,13-16,12);
3. La Chiesa fondata su Gesù, il Messia sofferente. (16,13-17,27).
 
Matteo inizia la pericope evangelica riferendo che Gesù si recò in barca in un luogo solitario. Il Maestro aveva ricevuto la notizia della morte di Giovanni il Battista e si era ritirato in un luogo solitario per rielaborare il dolore causato dalla morte del cugino e forse per non suscitare l’attenzione di Erode. “Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città”. Alla vista delle folle Gesù ne ebbe compassione. Il verbo «avere compassione» indica la misericordia di Dio.

La compassione di Gesù è misericordia, è commozione interiore, è con-passione.
Essa non esprime una semplice emozione del suo animo, bensì l’impegno di Dio verso i poveri, tipico del tempo messianico. E Matteo sottolinea proprio il significato messianico, ecclesiale ed eucaristico della racconto. L’evangelista non si sofferma sulla situazione di indigenza delle folle, ma focalizza l’attenzione sul fatto che Gesù fu coadiuvato dai Dodici, i quali distribuirono alla folla il cibo da lui ricevuto. Essi anticiparono così l’immagine viva della Chiesa che distribuisce a tutti i benefici della salvezza attuata da Gesù, il Messia di Israele.
 
Nella pagina evangelica ricorrono, ancora, alcuni elementi:
-     In primo luogo, è evocata la necessità e la fame della gente. Il Vangelo non ignora la situazione dell'umanità. Né la ignora il credente. Il testo insinua che la soluzione non è quella di andare lontano per comprare il cibo altrove. Non c’è soddisfazione e benessere allontanandosi da Gesù, ma stando sempre vicino a Lui.
-       La vera fede non è un trucco magico. La Divinità riconosce il valore dell'umanità. Scoprire la presenza di Dio richiede un movimento da parte dell'uomo. Richiede la decisione di mettere a disposizione di Gesù, con rapidità e con generosità, ciò che la persona è e i valori che possiede Questo è il significato dei pani e dei pesci.
-       Inoltre, il racconto evangelico include una espressione che costituisce la chiave dell’intero messaggio. Quando i discepoli dichiarano di avere a disposizione pochi pani e alcuni pesci Gesù: «Portatemeli qui». Le risorse umane sono valide, senza dubbio. Ma il Vangelo suggerisce che esse debbono passare attraverso le mani di Gesù. In Lui si trasfigura tutto l'umano. «Noi dobbiamo essere affamati di Dio», dice Sant'Agostino.
 
Alcuni esegeti ritengono che in questo segno prodigioso sia evidente un forte richiamo all'eucaristia attraverso una simbologia e una terminologia tipicamente eucaristica: "Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla”. Una prefigurazione, anticipo di ciò che Gesù realizza ogni volta che si fa cibo e bevanda nel mistero eucaristico della santa messa, memoriale della sua pasqua di morte e risurrezione. Ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: “I miracoli della moltiplicazione dei pani, allorché il Signore pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li distribuì per mezzo dei suoi discepoli per sfamare la folla, prefigurano la sovrabbondanza di quest'unico pane che è la sua Eucaristia” (Mt 14,13-21; 15,32-39).

L'atto miracoloso della moltiplicazione dei pani e dei pesci è lasciato intuire ma non è descritto. Il testo ne descrive il risultato finale, affermando: "Tutti mangiarono e furono sazi". Non solo, ma "si portarono via, dei pezzi avanzati, dodici ceste".
Non una parola di stupore e di meraviglia!
Anzi, sembra che la folla non si sia neppure accorta del miracolo.
Il pane fu distribuito dai discepoli ed essi soltanto sono stati in grado di valutare l'accaduto.

Cari Amici
Non possiamo dimenticare il dialogo di Gesù con i discepoli. Uomini di grande senso pratico non hanno avuto alcun dubbio di dire a Gesù: «Congedali perché possano comprarsi da mangiare». E specificarono: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ma Gesù replicò: «Voi stessi date loro da mangiare».
C'è qui un invito alla responsabilità di ognuno, contro l’abitudine troppe volte individualistica dell’ "ognuno pensi per sé!". Il Signore chiede ai suoi discepoli un comportamento totalmente diverso. Quei “cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini” non dovevano, non potevano essere mandati via. E dovranno essere proprio i discepoli ad aiutarla.
La comunità cristiana trova in queste parole un orientamento per l'azione comunitaria, in modo particolare per noi cristiani. Il pane, nutrimento fondamentale, è segno di comunione, di fraternità e di amicizia.

«Voi stessi date loro da mangiare». Nel resto del mondo c'è una massa di innumerevoli persone senza cibo e acqua, salute e cultura. Le risorse della terra appartengono a tutti. La fame nel mondo è un problema drammatico in un tempo in cui la civiltà ha toccato traguardi notevoli in tanti campi e sembra aver risolto tanti problemi; ma non ha risolto quello dell'amore tra gli uomini, se, in tanti paesi ancora si muore letteralmente per la fame. Non ci può essere sviluppo integrale senza raggiungere ogni uomo e tutti gli uomini.

«Voi stessi date loro da mangiare». La crisi economica e finanziaria ha rivelato una profonda crisi morale. Abbiamo, forse, vissuto al di sopra dei nostri mezzi. Non abbiamo voluto guardare in faccia la realtà, ingannandoci a vicenda. E non abbiamo praticato la virtù della giustizia accaparrandoci i beni destinati anche agli altri. La condivisione è il segno della fraternità. A coloro che dicevano: «congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare»,Gesù risponde: «Voi stessi date loro da mangiare». Solo una misericordiosa condivisione opera una prodigiosa moltiplicazione. Solo la carità salva la giustizia. Nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo” (Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 88).

• «Voi stessi date loro da mangiare». Oltre alla fame di cibo, la nostra umanità soffre la fame di senso, fame di significato, di pienezza, di felicità, di pace. Abbiamo fame che colmi i nostri cuori, ogni cuore. Gesù ci manda a trasmettere le ragioni della nostra fede, a testimoniare la speranza che ci è stato concessa, a vivere in modo semplice e radicale le esigenze dell’amore. La carità possibile non è delegabile ed è il primo dovere del cristiano. Bisogna che il primo gesto di carità parta da noi, provenendo dal profondo di “un cuore che vede”.
 
Il prodigio della moltiplicazione dei pani non può non generare un cambiamento di mentalità. I discepoli, nell'atto di distribuzione del pane, hanno compreso l'importanza di essere dei donatori. Anche a noi tutti è richiesto il medesimo cambiamento nella speranza che le nostre mani umane chiuse e contratte, mani paralizzate e rinsecchite, si dischiudano e lascino cadere ciò che prima stringevano con avidità ed egoismo. Più che a ricevere dobbiamo imparare a donare.
 
Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci indica che nell’uomo vi è una fame che non è solo quella del pane. Solo il Maestro può saziare la fame e spirituale che attanaglia il nostro essere. Abbiamo tutti bisogno di Dio! Fame e sete esprimono nel linguaggio biblico non solo il bisogno fisico di assumere cibo o bevanda, ma ancor più i desideri più profondi dell'anima e tutto ciò che concorre a saziare lo spirito. È Dio che ci dà il vero pane. E questo pane, di cui abbiamo bisogno, è Cristo. Innanzitutto nella Eucarestia, nella celebrazione della Messa, ma anche nella Parola di Dio. Dobbiamo metterci continuamente in ascolto della Parola di Dio; prenderla come criterio del nostro modo di pensare e di agire; conoscerla con la lettura personale e la meditazione; ma, specialmente, dobbiamo farla nostra, realizzarla giorno dopo giorno, in ogni nostro comportamento.

L'uomo può essere salvato solo da un amore che si lascia mangiare e bere. Questa è l'opera regale di Dio in Cristo.


O Dio, che nella compassione del tuo Figlio
verso i poveri e i sofferenti
manifesti la tua bontà paterna,
fa’ che il pane moltiplicato dalla tua provvidenza
sia spezzato nella carità,
e la comunione ai tuoi santi misteri
ci apra al dialogo e al servizio verso tutti gli uomini


 
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