Omelia nella 15 domenica per annum
«Va' e anche tu fa' lo stesso»
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In quel tempo un dottore della legge si alzò per mettere Gesù alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai». Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso». <+>
“Questo non è un problema mio!” Un simile modo di dire sembra essere diventato un nuovo dogma nella società contemporanea che favorisce autonomia e individualismo e non sembra accettare la compassione e la misericordia nemmeno da parte di chi soffre.
Il Vangelo di questa domenica è la lectio continua del passo in cui Gesù ─ in cammino verso Gerusalemme dove avrebbe concluso la sua vita terrena e la sua missione salvatrice ─ inviò 72 discepoli ad annunciare il Regno di Dio. Subito dopo Luca presenta l’amore di Dio e del prossimo come la condizione essenziale non solo per seguire Gesù, ma anche per ereditare la vita eterna.
Noi pure siamo in cammino nel corso della nostra vita.
Ma dobbiamo chiederci: Verso dove?
Qual’è la meta?
In verità il dottore della legge non intendeva porre una domanda a Gesù per ottenere una risposta, quanto piuttosto tendere un tranello al Divino Maestro. Gesù non diede una risposta, ma alla domanda tendenziosa del dottore della legge il Maestro pose una contro-domanda, secondo lo stile rabbinico della disputa, in modo da stimolare la riflessione dell’interlocutore: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». La risposta del dottore della legge fu pronta e pertinente citando alla lettera il duplice comando dell’amore di Dio e del prossimo tratto uno dal libro del Deuteronomio e uno dal Levitico che il pio israelita era tenuto ad osservare: «Amerai il Signore tuo Dio e il prossimo come te stesso».
Pronta e pertinente anche la osservazione di Gesù: è esattamente questo che si deve fare. E tuttavia il dottore della legge non si ritenne pienamente soddisfatto dall’approvazione di Gesù alla sua risposta, e insistette: «E chi è mio prossimo?». Evidentissima la caparbietà dell’uomo di legge e il suo pretesto «per mettere alla prova Gesù».
Lungo la strada scendeva un uomo. Di lui non si sa nulla. Gesù immaginò, appunto, un malcapitato derubato di tutto, percosso a sangue e abbandonato mezzo morto. Gli passarono accanto un sacerdote e poi un levita: due uomini che facevano parte delle caste più rispettate nell'antico Israele. Nessuno dei due si fermò; nessuno dei due si occupò di lui. Invece, un samaritano ─ cioè uno straniero che gli ebrei detestavano ─ si fermò a prestargli soccorso. Non si preoccupò dell'identità dello sventurato, gli si fece vicino, gli prestò il primo soccorso, si prese cura di lui e lo accompagnò alla locanda. Quel samaritano divenne modello dell'amore nelle sue declinazioni più concrete.
Tutti infatti siamo pellegrini e viandanti verso la stessa ultima meta, anche se lo sappiamo o non lo vogliamo sapere.
Mio prossimo è chiunque ha bisogno del mio aiuto perché si trova in qualsivoglia condizione di bisogno.
Ci sono molti, troppi uomini “lasciati mezzi morti” sui cigli delle strade del mondo: poveri, disoccupati, emarginati, drogati, alcoolisti, bimbi concepiti e mai nati, donne costrette ad abortire, matrimoni sfasciati …
Gli uomini e le donne di oggi sembrano impegnati a convertire la vita in una competizione dove vige la legge del più forte. È questa l’origine dell’individualismo, dell’egoismo, della autonomia assoluta da Dio.
Ma ha denunciato il sacerdote che scendeva per quella medesima strada e passò oltre.
Ha denunciato il levìta che, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.
Nessuno si è fermato davanti alla necessità e alla miseria di quel malcapitato.
In questo caso la denuncia di Gesù è magistrale: non si può mai separare l’amore di Dio dall’amore del prossimo.
Era assolutamente contraddittorio per il sacerdote e il levita andare al tempio per offrire il sacrificio, dopo aver abbandonato mezzo morto sulla strada un fratello.
Gesù è stato chiarissimo: occorre amare Dio e amare il prossimo con estrema intensità.
Tutto di noi deve tendere verso questo scopo.
L’amore è il distintivo dei cristiani perché senza amore l'uomo perde la sua stessa identità di creatura capace di entrare in relazione con gli altri. Ma anche perché senza amore qualunque forma di vita associata, diventa soltanto terreno di conflitti e di morte.
Papa Benedetto nella Enciclica Desu caritas est ha invitato ciascuno ad avere “un cuore che vede”.
Quando ci lasciamo condurre dove ci porta il cuore, sicuramente siamo capaci di grandi gesti d'amore.
Per essere buoni samaritani non è necessario andare lontano; è sufficiente imboccare una corsia di ospedale o suonare alla porta di un appartamento. C’è sempre qualcuno a cui alleviare le pene e le sofferenze. “Un cuore che vede” saprà rilevare senza distinzioni tutte codeste istanze di tenerezza, di amore e di attenzione.
Si è fermato, ha prestato le prime cure con i mezzi che aveva a disposizione, lo caricò sul suo giumento, lo consegnò a un oste per che se ne prendesse cura, facendosi carico di tutte le spese. Lo trattò non come un estraneo o un nemico, ma come un fratello nel bisogno. Quello è il prossimo che Gesù indica a ogni uomo.
che nel comandamento dell’amore
hai posto il compendio e l’anima di tutta la legge,
donaci un cuore attento e generoso
verso le sofferenze e le miserie dei fratelli,
per essere simili a Cristo,
buon samaritano del mondo.
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