Omelia nella 11 domenica per annum
«Così è il regno di Dio»

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Dal Vangelo secondo Marco 4,26,34
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

In questo anno liturgico la Liturgia della Parola propone la lettura e la meditazione del Vangelo di Marco. L’evangelista non fu apostolo di Gesù ma discepolo di Pietro, e soprattutto dalla sua predicazione raccolse i dati storici per scrivere il suo Vangelo. Il testo secondo Marco ─ secondo la tradizione scritto dopo la morte di Pietro (64 d.C.) ─ è il più antico dei quattro Vangeli canonici e il più breve. Il pregio più grande di quest’opera è la vivacità dello stile con cui l’Autore tratteggia il ritratto di Gesù rivolgendosi in modo particolare a chi si è appena avvicinato al mondo cristiano.
Marco è l'unico evangelista che ha intitolato "Vangelo" (to euaggelion = buona notizia) il suo libro su Gesù Cristo. «Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio». Con Gesù “inizia” qualcosa di nuovo. Tutto ciò che era in precedenza appartiene al passato. La parola «Vangelo», qui, non indica il libro scritto da Marco, ma la buona notizia, il messaggio predicato dagli apostoli. E qual è il contenuto di questa buona notizia? Esso è espresso nei due titoli che sono uniti al nome proprio Gesù: egli è «il Cristo», egli è «il Figlio di Dio». Quello di Marco,  infatti è un Vangelo essenziale a forte concentrazione cristologia.
 
Nell'intitolare il suo libro "il Vangelo", Marco ha inteso affermare che esso non è primariamente un resoconto o una narrazione su Gesù, ma una proclamazione del Cristo risorto. Marco ha posto all'inizio della sua narrazione due professioni di fede intorno alle quali si svilupperà tutta la meditazione successiva:
       Gesù è il Messia (cfr. Mc 8,29),
       Gesù è il Figlio di Dio (cfr. Mc 15,39).
Il testo marciano si muove contemporaneamente su due linee: la rivelazione del mistero di Cristo e la manifestazione del cuore dell'uomo. E in sei tappe Marco guida a scoprire chi sia Gesù, rivolgendosi in particolare a un pubblico che ancora non lo conosce, o che lo conosce molto poco. Tutto il Vangelo tende all’atto di fede.
 
La Liturgia della Parola odierna esprime l'assoluta "sovranità" di Dio, il quale attua i suoi disegni nella storia.
Nella prima lettura, il testo del profeta Ezechiele (Ez 17,22-24) presenta le speranze di Israele sotto l'immagine di un cedro alto. Dalla sua cima il Signore prenderà un ramoscello e la pianterà sulla montagna più alta di Israele e crescerà per dare riparo a tutti gli uccelli che volano nel il cielo. Così “sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, / che umilio l'albero alto e innalzo l'albero basso; / faccio seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco". La parabola è un canto di speranza. Parla di Dio e della sua misericordia. Annuncia il futuro di Israele, convertito in luogo di pellegrinaggio per tutti i popoli. E, naturalmente, offre un insegnamento morale: il Signore abbassa gli alti alberi ed esalta l'albero umile, secca gli alberi lussureggianti e fa fiorire gli alberi secchi.
 
Nel brano di vangelo odierno si parla del Regno di Dio e se ne parla mediante l’immagine del seme a cui Marco ricorre tre volte nel capitolo quarto del suo racconto: nella parabola del seminatore e in queste due brevi presentate oggi: quella del seme che cresce da solo e quella del granello di senape. Anche esse sono un richiamo alla speranza ed entrambe rimandano alla realtà agricola. Il seme cresce anche se il contadino non fa nulla; il piccolo seme diventa un grande albero per la forza che ha in sé. Ciò avviene nonostante l’apparenza di impotenza e di insuccesso.
 
È interessante notare che, dei quattro versetti che compongono la parabola, tre sono spesi per descrivere il processo misterioso della crescita: il seme cresce e si sviluppa senza che l'uomo intervenga in qualsiasi maniera. Che dorma o che vegli il risultato rimane invariato. Sembra questo il punto focale nel quale collocarci per comprendere non solo questa parabola, ma anche quella analoga del granello di senapa. Con queste due parabole Gesù vuole dire che il regno di Dio fa la sua strada, anche se noi non ce ne rendiamo conto. Gesù vuol dare una risposta alle idee e alle aspettative messianiche degli Ebrei del suo tempo e afferma che il Regno è opera di Dio e non degli uomini.
 
Tuttavia le parabole rivelano al contempo le chiavi segrete della nostra vita e aprono ai nostri occhi la via della speranza e delle due sue principali tentazioni. Gesù ha raccontato molte parabole: e tutte erano tratte dalla vita della gente. Così il Maestro aiutò le persone a scoprire le cose di Dio nella vita di ogni giorno. Lo straordinario di Dio si nasconde nelle cose ordinarie e comuni della vita di ogni giorno. La gente capiva le cose della vita. Nelle parabole riceveva la chiave per aprirla e trovare in essa i segni di Dio.
 
La parabola del seme che cresce da solo è esclusiva del Vangelo di Marco. Un uomo getta il seme nella terra e se ne va. La sua vita è ordinaria: “dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa”. Una buona lezione per i presuntuosi che si attribuiscono a se stessi il frutto della speranza. La breve parabola parla del regno come di un’opera alla quale concorrono due forze: il seminatore e l’energia nascosta nel seme stesso. L’attenzione è posta sul dinamismo della semina: il seme che viene gettato nella terra, sia che il contadino dorma sia che vegli, germoglia e cresce da solo. I meccanismi che regolano lo sviluppo del seme sono misteriosi. L’uomo semina con la fiducia che il suo lavoro non sarà infecondo. Ciò che sostiene l’agricoltore nelle sue quotidiane fatiche è proprio la fiducia nella forza del seme e nella bontà del terreno. La Parola di Dio ha in se un’efficacia che la rende feconda. I credenti devono sapere che il Signore stesso è all’opera nella nostra vita e nella storia degli uomini. Tanto più nella storia della chiesa.
 
La parabola del granello di senapa evidenzia la sproporzione tra la piccolezza del seme e la grandezza sorprendente della pianta che ne “cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra”. Dallo spezzarsi del seme nasce un germoglio capace di rompere il terreno, di uscire alla luce del sole e di crescere fino a diventare «più grande di tutte le piante dell’orto». L’insegnamento ci aiuta a ripensare la differenza tra la semplicità dei principi e lo splendore finale di ogni opera buona. In questa parabola c’è l’invito alla speranza, ma nello stesso tempo un avvertimento: la vita del cristiano e della chiesa affonda le sue radici in terreno fecondo se cresce nella umiltà, nel silenzio, nella fatica.
Il messaggio è chiaro: il Regno di Dio, anche se esige la nostra collaborazione, è innanzitutto dono del Signore, grazia che precede l’uomo e le sue opere.
 
Dopo aver esposto le due parabole di Gesù, l'evangelista elabora una breve sintesi dell’insegnamento del Maestro: “Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere”. 
  Con questa semplice frase, l'evangelista sembra disegnare uno schema pedagogico valido per credenti e non credenti. Ma sicuramente cerca di spiegare la lentezza con cui si sta diffondendo nel tempo il messaggio di Gesù.
  In secondo luogo, l'evangelista sembra sintetizzare così l'ideale dell'insegnamento degli apostoli e dei loro successori. Tutta la Chiesa dovrà essere disponibile con semplicità e pazienza, adeguandosi alla capacità di comprensione delle persone.
  Infine, l'evangelista ha lasciato nel testo un insegnamento specifico per i cristiani. Tutti hanno debbono cooperare con umiltà alla diffusione del Vangelo. Ognuno di loro deve seminare con generosità il messaggio

Cari Amici
A distanza di venti secoli dai giorni in cui Gesù raccontava alla gente le sue parabole, dov'è andato a finire quel "regno di Dio" di cui egli parlava? Se ci guardiamo intorno la situazione sembra complessa e difficile. Malgrado tutte le contraddizioni che il regno di Dio sembra subire sulla terra, oggi come ieri, le parabole di Gesù sono un invito alla fiducia e all'ottimismo. Proprio perché il regno di Dio è opera di Dio e non dell'uomo. E Dio ha altri tempi, altri criteri, altre risorse rispetto ai nostri limiti, alle nostre impazienze, alla ristrettezza delle nostre vedute ... Una volta seminato nel cuore dell’uomo, il regno di Dio cresce da sé. È una meraviglia di Dio tanto grande e tanto bella quanto grande e bella è la crescita del seme gettato nel terreno, o del granello di senape che, è il più piccolo di tutti i semi ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto.
 
Così la crescita del regno di Dio non dipende dalle forze umane; essa supera le capacità umane poiché ha in sé un proprio dinamismo. L’evangelista Marco vuol sottolineare la maggior fiducia che l'uomo deve dare all'azione di Dio nella propria vita e nella storia, senza per questo venire meno allo sforzo quotidiano di corrispondere alla interiore forza dello Spirito nel nostro cuore. Dovremmo guardarci sia da un comodo quietismo davanti a Dio, che farebbe tutto; sia da un presuntuoso e febbricitante attivismo, che farebbe tutto dipendere dai nostri sforzi e dai nostri meriti.
Occorre conservare la speranza! Bisogna coltivare la pazienza, quella del seminatore che non può affrettare l’ora della mietitura. Bisogna soprattutto non dubitare della realtà dell’azione di Dio nel mondo e nei nostri cuori.
 
Sant’Ignazio di Lojola ha lasciato scritto ai suoi seguaci: agisci e fa come se tutto dipendesse da te, sapendo che tutto dipende da Dio!
 
O Padre, che a piene mani semini nel nostro cuore
il germe della verità e della grazia,
fa’ che lo accogliamo con umile fiducia
e lo coltiviamo con pazienza evangelica,
ben sapendo che c’è più amore e giustizia
ogni volta che la tua parola fruttifica nella nostra vita.
 


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