Omelia nella 1 domenica di Quaresima
«Convertitevi e credete nel Vangelo»

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    Dal Vangelo secondo Marco 1,12-15

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». +++
 
Con il mercoledì delle Ceneri è iniziata la Quaresima che è segno sacramentale della nostra conversione (orazione colletta). Il ciclo liturgico del Tempo Ordinario viene interrotto per iniziare il periodo privilegiato dell’Anno liturgico: il cammino quaresimale. Nel suo duplice carattere "battesimale e penitenziale" è tempo proteso e polarizzato verso la Pasqua, riproponendo al popolo cristiano un cammino impegnativo di conversione.

Quresima

La Quaresima è tempo forte per i cristiani; tempo del deserto, della nostra riflessione intima sul rapporto che intratteniamo con Dio e con i fratelli. Quaresima è un momento unico; è un aiuto divino che bisogna accogliere. Gesù passa accanto a noi e attende da noi un rinnovamento profondo. Quaresima è tempo penitenziale, tempo di conversione del cuore; tempo di riconciliazione e di perdono. Tempo, anche, del digiuno, della fatica, della tentazione; tempo della verità, della verifica della propria vita, della preparazione al grande evento della Pasqua. Ma la Quaresima è soprattutto un cammino con Cristo per accogliere e sperimentare la grazia della salvezza che Egli ci ha meritato con la sua vita, morte e resurrezione.
 
Quaresima vuol dire quaranta giorni. Per un ebreo il “quaranta” aveva un senso profondo. Quaranta è infatti il numero simbolico con cui l’Antico e il Nuovo Testamento rappresentano i momenti salienti dell’esperienza della fede del Popolo di Dio.:
      il diluvio durò quaranta giorni mentre Mosè rimase nell’arca, insieme alla sua famiglia e agli animali che Dio gli aveva detto di portare con sé. E attese altri quaranta giorni, dopo il diluvio, prima di toccare la terraferma, salvata dalla distruzione (cfr Gen 7,4.12; 8,6);
     quaranta giorni trascorse Mosè sul Monte Sinai alla presenza del Signore per accogliere la Legge. In tutto questo tempo ha digiunato (cfr Es 24,18);
      quaranta sono gli anni di viaggio del popolo ebraico dall’Egitto alla Terra promessa, (Dt 8,2.4);
     quaranta giorni impiega il profeta Elia per raggiungere l’Oreb, il monte dove incontrò Dio (cfr 1 Re 19,8);
    quaranta furono i giorni durante i quali i cittadini di Ninive fecero penitenza per ottenere il perdono di Dio (cfr Gn 3,4);
       quaranta furono anche gli anni dei regni di Saul (cfr At 13,21), di Davide (cfr 2 Sam 5,4-5) e di Salomone (cfr 1 Re 11,41);
     Gesù rimase quaranta giorni nel deserto digiunando e pregando nutrendosi della Parola di Dio usata come arma per vincere il diavolo (cfr Mt 4,2); 
       quaranta sono i giorni durante i quali Gesù risorto istruisce i suoi, prima di ascendere al Cielo e inviare lo Spirito Santo (cfr At 1,3).
 
Riflessione Omiletica
La liturgia della Parola di questa prima domenica di Quaresima evoca la realtà del peccato che ha portato alla catastrofe del diluvio. Infatti il diluvio è stato necessario perché la creazione, contaminata dal peccato umano, venisse riportata al suo stato di originaria bellezza e perché la stessa umanità fosse liberata sin dalla radice da ogni sorta di male. La storia biblica riflette tutti i tempi e tutte le fasi dell'umanità. Il peccato è la disarmonia dell'uomo con se stesso, con la natura, con i suoi simili e con Dio stesso.

Ma la lettura della Genesi contiene anche la rivelazione di Dio a Noè: "io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi
(Gen 9, 8-15). Dio rivela la sua misericordia e promette fedeltà a se stesso. Dio stabilisce un patto cosmico con l'intera creazione. Nella sua bellezza, l'arcobaleno è un segno di pace. Questo testo è tutta una meditazione sul peccato e la grazia. Sul drammatico alternarsi di caos e cosmo.

Sul male e la speranza. La storia della salvezza dell'uomo non può semplicemente aumentare la sua malvagità. Su di essa si impone la bontà del Signore del mondo e della storia. Si può sempre aspettare un arcobaleno di pace.

Il testo liturgico del Vangelo di Marco riporta, collegandoli, il racconto della tentazione (1,12-13) e il brano che fa da introduzione al ministero di Gesù in Galilea (1,14-15). Diversamente da Matteo e Luca, Marco narra l’episodio della tentazione di Gesù in modo molto conciso: «Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana». Gesù si recò nel deserto, cioè nella regione desolata che si estende tra la zona montagnosa della Giudea e il mar Morto (deserto di Giuda).

Il deserto è molto di più di un semplice scenario. In esso è ravvisabile la storia di Gesù con il suo popolo pellegrino. E si ritrova con se stesso e con la sua missione. La pericope evangelica annota che Gesù si lasciò tentare.
Secondo la mentalità biblica la tentazione è l’occasione in cui si manifesta la vera realtà di una persona. Mediante il racconto della sua tentazione l’evangelista Marco ha voluto presentare Gesù come colui che rifà il cammino dell’esodo, superando le prove nelle quali Israele era ripetutamente venuto meno.

Il Giovane Rabbi è apparso come colui che ha lottato vittoriosamente contro le potenze diaboliche che dominano il mondo, mostrando in atto la venuta del regno di Dio. In questo senso la tentazione di Gesù non è confinata a questo solo momento della sua vita, ma ha rappresentato una dimensione costante del suo ministero. I farisei e  i potenti hanno fatto di tutto per distogliere il Maestro dalla sua meta dalla sua missione che si sarebbe compiuta invece sulla croce.
 
Nel mondo di oggi la più grande tentazione è quella di ignorare la tentazione. Tentare qualcuno è quello di mettere alla prova la sua verità. La tentazione mette in luce i valori per i quali ci muoviamo; richiede un discernimento serio e rivela l'orientamento della nostra libertà. Alla luce della fede mette in discussione la nostra fedeltà al Signore. Ma il testo evangelico aggiunge una nota interessante: Gesù nel deserto "stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano ". Nel deserto Gesù si rivelò come il nuovo Adamo. Il deserto è un paradiso ritrovato. Giunti i ​​tempi messianici, è possibile vivere nell’armonia primordiale. Nel deserto gli angeli rivelano la protezione di Dio Padre sul suo Figlio.

Cari Amici
Il vangelo ricorda che dopo l'arresto di Giovanni, Gesù ritornò in Galilea predicando il vangelo di Dio, dicendo: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
     «Il tempo è compiuto». Con Gesù, è finito il tempo dell'attesa; Gesù è il compimento delle promesse. È la visita di Dio. È l’ora della vigilanza attenta e delle decisioni non più rinviabili. L'evangelista Marco definisce questo tempo con il temine kairòs e non kronos, proprio per determina il “tempo di Dio”, il momento favorevole che sa dare un volto nuovo alla storia, il momento fissato da Dio per l'avvento della sua signoria. Con Gesù il tempo degli uomini e tutta la storia è segnato dall'intervento e dal progetto di Dio. Per questo è giunto il momento di revisionare la propria esistenza e scegliere i valori che davvero valgono la pena di essere vissuti. È giunto il momento – ed è questo – di scegliere l'unico Dio che salva.
 

  «Il regno di Dio è vicino». La storia volta pagina, Dio entra nella vicenda umana e vi istaura una sua signoria. L'unico Signore ormai è quel Cristo "che salito al cielo ha ottenuto la sovranità sugli Angeli, i Principati e le Potenze" (I lett.). Arriva un tempo in cui Dio offre agli uomini la sua vicinanza e la sua signoria. Il regno di Dio è il regno della giustizia, della libertà, della pace, dell'abbondanza, della verità, della fedeltà e dell'amore A questo punto una sola è solo la cosa importante: entrare nel regno e l'accettare il regno di Dio. Solo Lui ci può liberare da tutti i nostri idoli. In essi c’è solo dominio e tirannia.

 

  «Convertitevi!». La conversione non è un fatto meramente etico. Essa comporta un effettivo cambiamento di valori, un profondo cambiamento del cuore e della mente, che non è un cambiamento estetico e superficiale. La conversione è vera quando rafforza la fede e l'adesione piena e calda al Signore. In Quaresima siamo invitati a riconoscere il vuoto di una vita mediocre senza orizzonti.  Il termine metanoia ha un riferimento profetico e indica non un semplice cambio di opinione, ma un mutamento imposto dalla presenza del regno di Dio e la richiesta più impegnativa è quella della fede.

Convertirsi è sempre preso in assoluto. Credere al vangelo si traduce in un rapporto personale e di fiducia del credente con Gesù. La conversione è una fonte di speranza e di gioia.

La conversione è qualcosa di profondo: è l'inizio di un cammino nuovo.

La conversione è tornare alla casa e alle cose del Padre. È sentirsi abbracciati dalle mani accoglienti del Padre. È entrare nell'intimità e nel calore della casa di famiglia che abbiamo abbandonato peccando. È tornare al Signore (2Cor 3, 16; Atti 9, 35; 11, 21). 

È tornare al Pastore delle nostre anime (1P 2, 25). 

È tornare a Gesù, fissando il nostro sguardo su di lui. Contemplando lui ragione della nostra esistenza, come lo fu per san Paolo, che ci dice emozionato disse: «Per me vivere è Cristo e il morire è un guadagno» (Fil 1, 21). E, sempre scrivendo ai Filippesi, aggiunse: «Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare» (Fil 3, 8). 

Tutto ben considerato conversione è conoscere e amare meglio, incontrare personalmente Gesù. Più lo conosciamo, più avremo bisogno di lui, più vorremo tornare a lui, stare con lui, aggrapparci a Lui.

La nostra genuina conversione dipenderà dalla nostra conoscenza di Gesù, la cui figura, larghezza, altezza e profondità sono incommensurabili.

 

  «Credete nel Vangelo». Credere al Vangelo vuol dire lasciarsi affascinare dalla buona notizia del Regno. Credere è aderire totalmente al Regno che si manifesta in Gesù. Il Vangelo non è una dottrina tra le tante, ma una Persona: Gesù Cristo. Chi crede in Lui può essere salvo; chi si fida di Lui vince la morte; chi si getta nelle sue braccia risorge con Lui. Credere al Vangelo significa fidarsi di Cristo, abbandonarsi a Lui, accogliere con piena disponibilità la sua azione di salvezza. Credere al Vangelo comporta soprattutto l’impegno sempre rinnovato a seguire gli esempi di Gesù e a mettere in pratica il suo insegnamento.


La Quaresima è tempo provvido per accettare la nuova vita che Dio offre in Gesù Cristo. La quaresima è il tempo favorevole per tornare al Signore e per fare memoria della Sua alleanza. La fede come accettazione da parte del credente de messaggio di Dio determina l’esigenza della conversione. La fede non è assenso puramente. La fede implica la decisione di una vita, l'orientamento della stessa verso Dio, la disponibilità generosa e pronta a seguire la sua volontà. In questi quaranta giorni che ci condurranno alla Pasqua di Risurrezione ritroviamo tutti il coraggio e l’entusiasmo di essere fedeli a Gesù seguendolo anche sulla via della Croce, per gustare e godere l’alba di nuova della luce, della verità e della gioia. Buon cammino di Quaresima!
 
O Dio, nostro Padre,
con la celebrazione di questa Quaresima,
segno sacramentale della nostra conversione,
concedi a noi tuoi fedeli
di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo
e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.


 
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