Omelia nella 1 domenica di Avvento
«Viene il Signore: vegliate e vigilate!»

<< Torna indietro

 

 
Dal Vangelo secondo Marco 13,33-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». +++
 
 
Con la solennità di Cristo Re dell'Universo la Chiesa ha concluso l'anno liturgico. Se ne apre uno nuovo: un nuovo cammino di fede da percorrere all’interno della storia del mondo per aprirla al mistero di Dio, alla salvezza che viene dal suo amore. Non si tratta della replica di una storia già conosciuta, ma di una riproposta della meditazione dei grandi misteri della salvezza. Così il kairos, o tempo di Dio, entra nel tempo dell’uomo che è misurato dal mistero stesso di Gesù; inizia dalla sua nascita, continua con la predicazione in Galilea e in Giudea sino alla morte, resurrezione e ascensione al cielo. Ogni domenica, dalla prima di Avvento sino alla festa di Cristo re, la Parola di Dio ci introduce nei misteri della historia salutis.
 
Il Vangelo di Marco
 
L’anno B del ciclo triennale delle letture è l’anno di Marco. L’evangelista non fu apostolo di Gesù, ma discepolo di Pietro, e soprattutto dalla sua predicazione raccolse i dati storici per stendere il suo Libro. Il Vangelo secondo Marco è il più antico dei quattro Vangeli canonici e il più breve. Secondo la tradizione Marco scrisse dopo la morte di Pietro (64 d.C.), ed è l'unico evangelista che ha intitolato "Vangelo" (το Ευαγγέλιο = buona notizia) il suo libro su Gesù Cristo. È infatti un Vangelo essenziale, a forte concentrazione cristologia. Nell'intitolare il suo libro "il Vangelo", Marco ha inteso affermare che esso non è primariamente un resoconto o una narrazione su Gesù, ma una proclamazione del Cristo risorto. Marco ha posto all'inizio della sua narrazione due professioni di fede intorno alle quali si svilupperà tutta la meditazione successiva:
        Gesù è il Messia (cfr. Mc 8,29),
        Gesù è il Figlio di Dio (cfr. Mc 15,39).
E quasi per non distogliere da questa dimensione cristocentrica, il Vangelo secondo Marco non riferisce il discorso della montagna, le beatitudini, le parabole della misericordia, il Padre nostro … quasi a ribadire che è la persona di Gesù quello che conta.

L’Avvento 
Il tempo liturgico che oggi inizia ─ il Tempo di Avvento ─ viene ogni anno a ricordare che la nostra vita ritrova il suo giusto orientamento verso il volto di Dio: il volto di un Padre e di un Amico. Per Avvento (adventus) si intende non solo il concetto di venuta, di arrivo, ma significa allo stesso tempo anche presenza. Dio infatti in Cristo entra nella nostra vita personale senza turbare le nostre attese e le nostre aspirazioni, rendendo fecondo il nostro operare e apportando copiosi frutti di soddisfazione quando viviamo nella fiducia e nella speranza a cui ci esorta la sua Parola. L'Avvento indica la visitatio di Dio, cioè il suo presenziare costante nella vita di ognuno di noi e la sua partecipazione alle nostre vicende, alle ansie, ai dolori e alle gioie che caratterizzano immancabilmente il vissuto di ciascuno.
Fin dai tempi antichi la Chiesa ha avvertito il bisogno di preparare la memoria della prima venuta del Signore con quaranta giorni prima di digiuno e di preghiera. Lo fa oggi ancora nel dispiegarsi di quattro settimane nella consapevolezza che Gesù “al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana … portò a compimento la promessa antica e ci aprì la via dell’eterna salvezza. Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa”.
 
Riflessione Omiletica
 
La prima domenica di Avvento proietta la nostra attenzione sull'unico avvenimento che riguarderà tutti e fisserà per tutti la sorte eterna di ciascuno. La pericope evangelica odierna è la conclusione del capitolo 13 (vv. 33-37), in cui predomina il termine vegliare. Il linguaggio è fortemente apocalittico. Perciò si parla di «discorso escatologico» o di «apocalisse sinottica». Lo scopo del discorso è di esortare i destinatari del brano e tutti i cristiani alla fiducia e alla perseveranza nel tempo dell’attesa della venuta del Signore. Gesù si presenta come il «Figlio dell’uomo» che un giorno verrà con grande potenza e gloria per dare compimento al piano salvifico di Dio e per instaurare definitivamente il suo regno.

Dopo una introduzione in cui si preannunzia la distruzione del luogo sacro (vv. 1-4), il discorso si divide in quattro parti:
1. fenomeni che precederanno la fine dei tempi: venuta dei falsi profeti, cataclismi e persecuzioni (vv. 5-13);
2.  la grande tribolazione (vv. 14-23);
3.  la venuta del Figlio dell’uomo (vv. 24-27);
4.  l’invito alla vigilanza (28-37).
 
L’evangelista dice alla sua comunità quale debba essere il suo atteggiamento di fronte al Signore che certamente verrà. Il suo ritorno non sarà un avvenimento che essa dovrà subire passivamente. La parabola evangelica sintetizza l'insegnamento sulla corretta attesa del Signore richiamando il credente alla vigilanza attenta e alla fedeltà responsabile. È un richiamo salutare a ricordarci che la vita non ha solo la dimensione terrena, ma è proiettata verso un “oltre” che si apre verso il cielo. Tutto l’interesse, infatti, si concentra sulla fase finale del mondo descritta con un linguaggio fortemente apocalittico.
 
Nella brevissima parabola in cui Marco unisce la figura dei servi che svolgono il loro "compito" di responsabilità e la figura del portiere a cui viene "ordinato" di vegliare, si intrecciano due diverse parabole:
   quella dei servi, a cui sono affidati i beni del padrone, perché con onestà e fedeltà se ne prendano cura, mentre egli è assente per un lungo viaggio,
  quella del portiere che durante la notte deve aspettare il ritorno del padrone uscito per un banchetto.

Ricorda Gesù': "Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento". E per sottolineare la necessità dell’attesa Gesù fa ricorso a una similitudine: «È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare».
 
Il testo evangelico sembra giocare con i poli del tempo.
·   Il passato è evocato dalla memoria di un uomo «che è partito dopo aver lasciato la propria casa» senza lasciare alcuna indicazione; nessuno l’avrebbe potuto localizzare. Il fatto suggerisce il valore della memoria come testimonianza di fede nella notte oscura dell'anima.
·  Il presente è individuato nell’uomo che partendo ha «dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito». Essi scoprono l'importanza della responsabilità in un concreto e quotidiano servizio di amore.
·   Il futuro si intravede nella cura con cui il custode della casa deve attendere il ritorno non programmato del suo padrone. In lui è evidente la pazienza vigile che è il segno di un atteggiamento di attesa e della virtù della speranza.

Cari Amici
Il tema della vigilanza è uno dei fili conduttori del Nuovo Testamento. L’invito alla vigilanza rappresenta la conclusione e al tempo stesso la chiave di lettura di tutto il discorso escatologico. Questo brano evangelico richiama con insistenza: «Fate attenzione», e non fatevi trovare addormentati. L'intento pastorale che ha guidato l'evangelista è riassunto nel versetto 37 di fine capitolo 13: «vegliate!».

San Basilio di Cesarea scriveva: "Che cosa è proprio del cristiano? Vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronto nel compiere perfettamente quello che è gradito a Dio, sapendo che nell'ora che non pensiamo il Signore viene!". (Regole Morali, LXXX 22,869.)
 
Nella prospettiva della seconda venuta di Gesù, che rappresenta l’evento decisivo della storia umana, tutta la vita cristiana viene presentata come un’attesa impegnata e operosa. La vita del cristiano è un cammino incontro al Signore. L’avvento ci invita a vegliare per essere pronti ad aprire la porta e lasciare entrare Colui che viene nel nome del Signore. Egli è il solo che arreca la Buona Notizia.

L'Avvento è, dunque, un tempo di attesa, di vigilanza, di speranza e di implorazione. Il tempo di Avvento, infatti, ci ricorda la doppia venuta di Dio: ricordare la prima venuta del Figlio di Dio, quella storica di duemila anni fa, per preparare la seconda, che per ciascun uomo accadrà quando il Signore verrà a favorire il passaggio dalla vita presente a quella eterna. Questo momento è presentato nel vangelo come il ritorno del padrone di casa.

Cristiano convinto è colui che vive nella fede l’attesa dell’incontro con Cristo mediante una sua condotta irreprensibile, cioè senza peccato alcuno e in modo coerente con quanto viene indicato da Dio nella via regia dei Comandamenti o Dieci Parole e nelle Beatitudini.
 
«Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà». L’invito alla vigilanza rappresenta la conclusione e al tempo stesso la chiave di lettura di tutto il discorso escatologico. Nella prospettiva della seconda venuta di Gesù, che rappresenta l’evento decisivo della storia umana, tutta la vita cristiana viene presentata come un’attesa impegnata e operosa.

Inoltre, nelle parole di Gesù sono unite la morale della parabola e la sua esortazione che dà senso anche al tempo di Avvento, alla liturgia dell'Avvento e all'atteggiamento di attesa che caratterizza la speranza cristiana.
 
·   «Vegliate». Ci sono mille cose che possono drogarci e addormentare la nostra coscienza. Ma la fede genera libertà. La libertà richiede il prezzo della austerità. L’austerità tiene svegli per intravedere nella notte l'annuncio del sole. È vero che non sappiamo quando si manifesterà nella sua pienezza il Regno che stiamo attendendo. Ma occorre essere desti e svegli per scrutare i segni dei tempi.
 
·   «Voi non sapete quando ritornerà il padrone di casa». Tutto intorno a noi ci porta a credere che Dio abbia ignorato la storia. Molti ci dicono che siamo soli al mondo. E gli altri pretendono di calcolare e stabilire la data della fine del creato. La speranza ci da la certezza che il Regno di Dio si realizzerà nella sua compiutezza. Ma non specifica il momento della sua manifestazione. Quasi sempre crediamo che vegliare significhi attendere con timore la venuta del Signore come minaccia di un castigo. Ma dimentichiamo che si veglia anche nell’attesa della persona amata.
 
·   «Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». La esortazione di Gesù è rivolta a ciascuno. Non possiamo viere nell’accidia né nel pessimism osterile. Attendere è operare! Attendere la venuta del Signore ci porta a vivere con generosità la vocazione all'amore e l'impegno altrettanto generoso con la vita, la verità e la giustizia.

Nella similitudine evangelica Gesù proietta la nostra attenzione sull'unico avvenimento che riguarderà tutti e fisserà per tutti la sorte eterna e mette bene in guardia ciascuno contro questa smemoratezza: "State attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso".

Chi ha a cuore la propria crescita interiore non può abbandonarsi a opere che si oppongono alla volontà di incontrarsi Cristo Signore, fonte della nostra gioia. Chi vuole incontrarsi con Gesù non può non vivere in un atteggiamento di continua attesa perché quando il Signore giungerà lo trovi desto e ricco di opere di bene.

Ecco perché per ben quattro volte nella breve pericope evangelica odierna Gesù ripete il comando di vegliare, come condizione necessaria per incontrare il Signore al momento del suo ritorno. Sarà una venuta a sorpresa, ma certa!

Vigilare/vegliare
·   significa attendere facendo bene il bene;
·  significa impegnarsi serenamente a far fruttare i talenti, secondo le indicazioni di Colui che un giorno ce ne chiederà conto;
·   significa vivere in questo mondo come se dovessimo starci sempre, pur sapendo bene che un giorno lo lasceremo;
·   significa camminare con i piedi ben radicati sulla terra, ma con gli occhi rivolti al cielo.
 
Nella visione cristiana della vita l’atteggiamento della veglia e dell’attesa non hanno nulla a che vedere con la paura. La vita del credente deve svolgersi nella dimensione del «già» e del «non ancora»: quello che non si è ancora attuato nella sua pienezza, è presente già ora come riferimento delle proprie scelte e come grazia e sostegno per poterle compiere correttamente.

La vigilanza, infatti, ha per oggetto la necessità di vivere quotidianamente secondo i valori del regno, quali sono stati annunziati da Gesù.
Per questo l’attesa vigile del cristiano, in questo tempo di Avvento, è una vigilanza attenta alla contemplazione del Mistero del Dio che si incarna nell'uomo Gesù di Nazareth.

L’Avvento, dunque, non è solo tempo di attesa, ma altresì tempo di fiducia e di speranza.
Un tempo in cui la Chiesa invoca: Maranà tha! Vieni Signore!

O Dio, nostro Padre,
nella tua fedeltà che mai vien meno
ricordati di noi, opera delle tue mani,
e donaci l’aiuto della tua grazia,
perché attendiamo vigilanti
con amore irreprensibile
la gloriosa venuta del nostro redentore,
Gesù Cristo tuo Figlio.
 
© Riproduzione riservata