L’eclissi della religione?

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Domenica scorsa Papa Francesco ha aperto ufficialmente il Sinodo sulla sinodalità nella Chiesa. Sto cercando di darne conto, contestualizzando il significato e la portata di tale Sinodo con adeguate riflessioni su www.umanesimocristiano.org.  
 
Pur tuttavia non posso fare a meno di pormi una domanda: A chi interesserà tutto questo? E sì che, da un punto di vista ecclesiale, possiamo definire questo Sinodo, con la sua nuova metodologia, il primo grande avvenimento ecclesiale dopo la celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Ma davvero, mi chiedo: A chi interesserà tutto questo?
 
Sociologi, filosofi, sondaggisti e opinionisti di “cose di Chiesa” hanno sentenziato dolorosamente che è stata varcata una soglia simbolica: ormai più di metà della popolazione si dichiara atea. Di secolarizzazione si discute, in Italia, almeno dal 1961, quando le Edizioni di Comunità pubblicarono il tuttora fondamentale libro di Sabino Acquaviva, dal bellissimo titolo Eclissi del sacro nella civiltà industriale.
Già Max Weber (1864-1920) sosteneva che nei Paesi occidentali la diffusione della razionalità illuminista avrebbe scalzato la fede nella religione. Ed Émile Durkheim (1858-1917) aveva ipotizzato che l'industrializzazione avrebbe favorito l'impegno sociale istituzionale ridimensionando le iniziative sociali cristiane.
 
Nel nostro tempo, anche in ragione delle profonde trasformazioni socio-culturali, il vecchio continente e l’occidente in generale vede la cancellazione della religione dei propri padri.
La nostra cultura si ispira sempre meno alla fede cristiana e non c'è nessuno che lo neghi. L'incessante declino sperimentato negli ultimi decenni nei matrimoni, battesimi e comunioni in chiesa certifica il progressivo e inarrestabile declino dell'influenza cattolica. 
 
Tuttavia, è necessario distinguere tra cristianesimo e cristianità. Il cristianesimo non sembra affatto essere sull’orlo dell’estinzione. Si sta diffondendo in vaste aree dell’America Latina e dell’Asia.
 
Per quanto riguarda la cristianità (ossia il vivere da cristiani!) il secolarismo ha lasciato il posto a una profonda scristianizzazione. Il fenomeno del secolarismo riguarda dunque una visione del mondo che cessa di essere religiosa, ma che, ciò nonostante, sopravvive, perché l’uomo ne ha sempre bisogno.
 
Dal 1968 l’Europa ha subìto un grande cambiamento antropologico. La scristianizzazione è antica in Francia, è recente in Irlanda, è appena iniziata in Polonia, dove la partecipazione alla messa rimane ancora forte, ma dove si registra un forte calo di vocazioni nei seminari e un po’ ovunque monasteri e conventi stanno scomparendo.
 
Secondo le statistiche annuali pubblicate dalla Conferenza Episcopale nel 2019 sono uscite dalla Chiesa cattolica tedesca 272.771 persone, circa il 26,2% in più rispetto all’anno precedente (216.078).
 
Su fronte individuale sempre più persone perdono familiarità affezione nei confronti della chiesa. La pratica religiosa è giunta ai minimi storici. Per le giovani generazioni essa appare quasi come qualcosa di strano ... Le nuove generazioni per parlare, comprendere la propria vita, il proprio mondo,non hanno più bisogno di fare riferimento a Dio. Pensieri, emozioni, sentimenti, che l’esistenza quotidiana induce, non sembrano portare tracce e rimandi a Dio.  C’è quindi da ritenere che il declino della pratica religiosa cristiana non sia quindi terminato.
 
Tuttavia, non è solo la pratica religiosa che sta diminuendo: è la stessa cultura cristiana che sta svanendo. Sono molti i gruppi che nel Vecchio Continente di antica matrice cristiana si definiscono ‘senza religione’, vale a dire che non riconoscono più alcun legame culturale con il cristianesimo. In costoro l’ “ignoranza religiosa” è galoppante. Non praticano e ignorano i dogmi della fede cristiana.
 
In questo umanamene sconsolante panorama è diminuito di molto il numero di coloro che vanno a messa la domenica e nelle altre feste comandate: nel nostro Paese va regolarmente a messa ogni settimana solo una persona su quattro. È quanto emerge dai dati Istat aggiornati al 2016: parliamo di 5 anni fa! Certamente il crollo della frequentazione dei luoghi di culto ha colpito ogni fascia d'età.

La crisi religiosa sta gradualmente declinando verso l'indifferenza. In verità non si può parlare propriamente di ateismo e nemmeno di agnosticismo. Ciò che meglio definisce la posizione di molti è un'indifferenza religiosa dentro il cui contesto non ci si pongono neppure delle domande e/o non si viene attanagliati da dubbi esistenziali o da crisi.
 
Non è facile descrivere questo “stato di indifferenza”. La prima caratteristica che balza agli occhi è l'assenza di una preoccupazione religiosa. Dio non interessa. La persona vive nella spensieratezza, senza nostalgie, né orizzonti religiosi. Non è un'ideologia. Piuttosto, è un "ambiente avvolgente" dove il rapporto con Dio si diluisce.
 
Aveva visto bene (benché con lacerante dolore) Giovanni Paolo II già nel 2003, allorquando nell’Esortazione apostolica post sinodale Ecclesia in Europa non ebbe timore di parlare di silenziosa apostasia dell’Europa. Il Dizionario Treccani definisce l’apostasia come "ripudio, rinnegamento della propria religione per seguirne un’altra”.
 
Scrisse, in quell’occasione, Giovanni Paolo II: «La cultura europea dà l'impressione di una «apostasia silenziosa» da parte dell'uomo sazio che vive come se Dio non esistesse» (9). E traducendo con estrema lucidità il concetto si apostasia silenziosa, esplicitò: «Siamo di fronte all'emergere di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai mass media, dalle caratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche un sempre più diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più profondo relativismo morale e giuridico, che affonda le sue radici nello smarrimento della verità dell'uomo come fondamento dei diritti inalienabili di ciascuno. I segni del venir meno della speranza talvolta si manifestano attraverso forme preoccupanti di ciò che si può chiamare una cultura di morte» (ivi).
 
Oggi molti dicono che c’è una crisi di fede senza precedenti. Ed è vero. Anzi, la mancanza di fede è ciò che più caratterizza gran parte dell’umanità, soprattutto nei paesi economicamente sviluppati dove si assiste a un rifiuto di Dio e della fede cristiana nella politica, nell'economia, nella dimensione etica e morale e nella cultura post-moderna occidentale.
 
Voglio, tuttavia, sperare che il futuro sia ancora aperto e la speranza cristiana possa ancora divampare e salvare il genere umano dall'autodistruzione incalcolabile. Nel suo “Il brusio degli angeli”, Peter L. Berger  sostiene un inevitabile recupero del trascendente, in quanto “solo il senso della trascendenza può restituire all’uomo la proporzione fra i valori delle cose”.
Sarebbe, dunque, auspicabile ritrovare la strada di un vero cristianesimo. Un cristianesimo, per dirla con Dietrich Bonhoffer, non religioso.
 
E mi auguro che il Sinodo, appena avviato, possa favorire l’accresciuto bisogno di fiducia e di speranza, così da poter ripartire con coraggio e fede – la fede cattolica! non una fede religiosa generica – per dare senso alla vita e alla storia e camminare insieme in uno spirito veramente di Chiesa sinodale.
 

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