La vera novità di Amoris Laetitia

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Grazie Padre Santo!

L’esortazione post sinodale sulla gioia dell’amore è stata pubblicata. Ora le illazioni, le strumentalizzazioni, la libertà di pensiero soprattutto dei mass media sono finite. Roma locuta est. Può piacere o meno, ma ora occorrerà dedicare mente e cuore alla meditazione serena e paziente del corposo documento del Papa Francesco. L’Esortazione Amoris Laetitia è un testo molto lungo, ma non è di difficile lettura: 9 capitoli, 325 paragrafi e 264 pagine.

È il Papa stesso che, proprio all'inizio del documento mette in guardia contro tutte le «letture generali affrettate» e contro ogni commento che non parta da un esame attento dell'intero documento.

 

Orbene ritenere che la Chiesa abbia tenuto un Sinodo sulla famiglia in due tempi per dare o non dare la Comunione ai divorziati risposati è riduttivo e addirittura banale. E aver versato fiumi di inchiostro solo su tale argomento si sta rivelando (ma lo si poteva agevolmente immaginare!) una vera perdita di tempo, un desiderio di confondere le acque, un gettar fumo negli occhi, uno strumentalizzare papa Francesco.

 

L'esortazione apostolica Amoris lætitia è permeata e trabocca della forza della gioia che caratterizza l’amore umano ed è stata redatta con la stessa caratteristica pastorale di Evangelii gaudium. L'obiettivo di Papa Francesco non è mai stato quello di innescare una rivoluzione nella Chiesa o di stravolgere la dottrina sul matrimonio e la famiglia, ma quello di confermare la dottrina e proporre una “conversione pastorale misericordiosa” (201 e 293). L’idea e il concetto di misericordia trasuda in tutto il testo.

 

Ora, però, occorre fari di conto con le resistenze che sono la prova che le riforme di papa Francesco sono serie e procedono con il giusto ritmo. E i "resistenti" al fine di esercitare la loro resistenza attiva, passiva e perifrastica hanno le loro strategie. Molte e variegate. Tra di esse ve ne sono due che sembrano guadagnare terreno nel campo dei detrattori del pontificato di papa Francesco: "il temporale d’estate” e la “simulazione".

 

Papa Francesco lo aveva già previsto e proprio all’inizio dell’Esortazione ha messo sull'avviso su quelle che sarebbero due interpretazioni sbagliate perché provenienti da un ambito inutilmente polemico (2): “I dibattiti che si trovano nei mezzi di comunicazione o nelle pubblicazioni e perfino tra i ministri della Chiesa vanno da un desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento, all’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendo conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche”. È un modo per dire che per fare qualsiasi cambiamento bisogna prima riflettere e trovare le basi, e si deve rendere ciò manifesto. La conclusione chiara è che il papa non dà inizio a nessun cambiamento, bensì, come dice lui immediatamente, apre un processo di riflessione all'interno di “un'unità di dottrina e di prassi” (3) aperta alle variabili di culture e tradizioni.

 

Ma consideriamo le due resistenze.

La prima, quella di un Papa che assomiglia a un semplice e breve temporale estivo, è quello di agire come se è in corso il pontificato di Francesco sia (e continui a essere) un temporale e, di conseguenza, come ogni temporale, di passaggio. Dopo di che tutto tornerebbe alla calma precedente dell’immobilismo e del clericalismo. Essere Chiesa in uscita e ospedale da campo priva qualcuno delle proprie sicurezze e mina gli stili e i modi principeschi di vita che sono duri a morire. E così, la casta clericale agita e cerca di mettere tutti i bastoni nelle ruote delle riforme di Papa Francesco.


Il secondo modo di resistere è forse più criptico ancora e si cela sotto la forma della "dissimulazione". Dissimulare i cambiamenti, minimizzare le differenze tra passato e presente; sostenere che sia cambiata la forma, ma sia rimasta intatta la sostanza. È la prassi del gattopardismo per cui tutto cambia affinché nulla cambi.

Nel caso di Amoris laetitia la strategia è quella di assicurare che tutto rimane lo stesso, che nulla è cambiato.

 

Queste due forme di resistenza preoccupano soprattutto se sullo sfondo prende corpo un impressionante florilegio di scritti, pubblicazioni, commenti, ecc. che intendono “interpretare” Amoris laetitia. A me è sempre stato insegnato che un documento pontificio (e una Esortazione Apostolica, anche a norma del Diritto Canonico, è documento pontificio, checché ne dica un Porporato in cerca di notorietà!) non si interpreta. Si deve avere l’umiltà di accoglierlo e di metterlo in pratica.

 

Cerchiamo allora di entrare nello spirito e nella lettera di Amoris laetitia.

La chiave di lettura del documento pontificio sta nel sottotitolo: “sull'amore nella famiglia". E assai coerentemente il Santo Padre  nell'introduzione scrive che i due capitoli centrali (IV e V) sono "dedicati all'amore" (6). Allo stesso tempo, all'inizio del capitolo IV, dopo aver riassunto la dottrina sul matrimonio e la famiglia, dice con forza: "Tutto quanto è stato detto non è sufficiente ad esprimere il vangelo del matrimonio e della famiglia se non ci soffermiamo in modo specifico a parlare dell’amore"(89).


Due Assi Principali


Attorno al grande tema dell'amore ci sono due principali preoccupazioni del Papa che attraversano l'intero documento:

1)     Sviluppare una "pedagogia dell'amore" per guidare i giovani verso il matrimonio. Il documento mette in evidenza la necessità di "presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro" (35), per "aiutare i giovani a scoprire il valore e la ricchezza del matrimonio" (205) e "di trovare le parole, le motivazioni e le testimonianze che ci aiutino a toccare le fibre più intime dei giovani, là dove sono più capaci di generosità, di impegno, di amore e anche di eroismo, per invitarli ad accettare con entusiasmo e coraggio la sfida del matrimonio”(40). Ma questa proposta deve essere configurata come "una pedagogia dell’amore che non può ignorare la sensibilità attuale dei giovani, per poterli mobilitare interiormente. " (211).

 

2)   Favorire la crescita di amore degli sposi. Questo secondo asse è molto più pronunciato rispetto al primo. Il Papa osserva che "oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture" (307). E chiede con preoccupazione: "chi si occupa oggi di sostenere i coniugi, di aiutarli a superare i rischi che li minacciano, di accompagnarli nel loro ruolo educativo, di stimolare la stabilità dell’unione coniugale? " (52). Il Santo Padre Francisco parla costantemente con grande realismo dei matrimoni "veri", con tutti i loro limiti, le difficoltà, le imperfezioni, le lotte e le sfide difficili. Mostra crudamente che hanno bisogno di aiuto, non senza riconoscere che "molte famiglie, che sono ben lontane dal considerarsi perfette, vivono nell’amore, realizzano la propria vocazione e vanno avanti anche se cadono tante volte lungo il cammino" (57).


Ma la questione è che "l’amore matrimoniale non si custodisce prima di tutto parlando dell’indissolubilità come di un obbligo, o ripetendo una dottrina, ma fortificandolo grazie ad una crescita costante sotto l’impulso della grazia" (134). Ma "non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare" (89).

Il grande obiettivo, dunque, è quello di incoraggiare e "aiutare ciascuno perché impari ad amare questa persona concreta, con la quale desidera condividere tutta la vita" (208), di sviluppare "una pastorale del vincolo, dove si apportino elementi che aiutino sia a maturare l’amore sia a superare i momenti duri" (211). Allo stesso modo "la spiritualità matrimoniale è una spiritualità del vincolo abitato dall’amore divino" (315).


Il Santo Padre Francesco insiste sul fatto che "tutto questo si realizza in un cammino di permanente crescita. Questa forma così particolare di amore che è il matrimonio, è chiamata ad una costante maturazione" (134). Essa ci ricorda che "l’amore che non cresce inizia a correre rischi, e possiamo crescere soltanto corrispondendo alla grazia divina mediante più atti di amore, con atti di affetto più frequenti, più intensi, più generosi, più teneri, più allegri" (134 ).


In questo modo l'amore, la sessualità e l'erotismo non sono esclusi, dal momento che " Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature" (150); e la stessa dimensione erotica dell'amore è "dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi"(152). Papa Francesco ha sorpreso molti dicendo che “l’unione sessuale, vissuta in modo umano e santificata dal sacramento, è … per gli sposi via di crescita nella vita della grazia" (74). Pertanto, la formazione e la maturazione della sessualità coniugale "non è la negazione o la distruzione del desiderio, bensì la sua dilatazione e il suo perfezionamento " (149).


Occorre quindi sempre invitare i coniugi a riaccendere l'amore in ogni nuova fase, e a sostenerli perché “in nessun modo bisogna rassegnarsi a una curva discendente, a un deterioramento inevitabile, a una mediocrità da sopportare" (232). L'amore coniugale "richiede di lottare, di rinascere, di reinventarsi e ricominciare sempre di nuovo fino alla morte" (124).


Se non non si afferrano queste due aree principali, sfuggiranno certamente le grandi preoccupazioni del Sinodo e del Papa.


Tutto alla Luce dell’Amore


Il capitolo IV dedicato in particolare all'amore coniugale, contiene una grande ricchezza orientata a stimolare la crescita dell’amore. A partire da una esegesi esistenziale dell’inno all'amore (1Cor 13, 4-7) il Papa trova tutte le possibili motivazioni e consigli al fine di raggiungere questo grande obiettivo. Il linguaggio pratico, vicino, colmo di speranza ed esistenziale, mai visti prima nel Magistero, convertono questo capitolo in un prezioso aiuto per il percorso di maturazione nella carità coniugale. Lo stesso vale per quanto è sviluppato nel capitolo VI sulle crisi matrimoniali (231-240) o circa la spiritualità che il Papa ha proposto nel capitolo IX. Ma il tema dell'amore attraverso tutti i capitoli.


Anche quando si parla di fecondità procreativa (cap. V) il Papa si preoccupa di situare questo tema alla luce dell’amore e come conseguenza di esso. Quindi spiega che il figlio "è presente dall’inizio del loro amore come una caratteristica essenziale che non può venire negata senza mutilare lo stesso amore. Fin dall’inizio l’amore rifiuta ogni impulso di chiudersi in sé stesso e si apre a una fecondità che lo prolunga oltre la sua propria esistenza" (80). Ma è interessante notare che in questo capitolo, dopo aver parlato con grande tenerezza dell’amore durante la gravidanza e dell'amore dei genitori, si ferma a parlare di altre forme di fecondidtà dell'amore tipico di una famiglia aperta alla gente. Questo è il significato della poesia di Mario Benedetti citata nell’esortazione: " «Se ti amo è perché sei - il mio amore la mia complice e tutto - e per la strada fianco a fianco - siamo molto più di due» (181).


Il capitolo II descrive la situazione attuale delle famiglie, sottolineando qualcosa che colpisce direttamente l'amore, e cioè la "cultura della provvisorietà". L’esortazione apostolica deplora la "rapidità con cui le persone passano da una relazione affettiva ad un’altra. Credono che l’amore, come nelle reti sociali, si possa connettere o disconnettere a piacimento del consumatore e anche bloccare velocemente … Si trasferisce alle relazioni affettive quello che accade con gli oggetti e con l’ambiente: tutto è scartabile, ciascuno usa e getta, spreca e rompe, sfrutta e spreme finché serve. E poi addio"(39).


Il capitolo III, dedicato alla dottrina, riprende l'insegnamento di Evangelii Gaudium sul primo annuncio, “annuncio di amore e di tenerezza, per non diventare mera difesa di una dottrina fredda e senza vita. Infatti, non si può neppure comprendere pienamente il mistero della famiglia cristiana se non alla luce dell’infinito amore del Padre, che si è manifestato in Cristo, il quale si è donato sino alla fine ed è vivo in mezzo a noi”. (59).


Anche nel capitolo VIII, dedicato a coloro che vivono in situazioni irregolari, il Santo Padre Francesco si sofferma a proporre la via dell'amore misericordioso, la "via caritatis", perché "la carità fraterna è la prima legge dei cristiani" (306) e "l'amore copre una moltitudine di peccati" (1 Pt 4: 8). Il Pontefice ricorda che "seppure è vero che bisogna curare l’integralità dell’insegnamento morale della Chiesa, si deve sempre porre speciale attenzione nel mettere in evidenza e incoraggiare i valori più alti e centrali del Vangelo, particolarmente il primato della carità come risposta all’iniziativa gratuita dell’amore di Dio" (311). A ben vbedere tutta l'esortazione apostolica è una proposta di amore.


Nel nono capitolo, che propone un "la spiritualità coniugale e familiare" Il Sanro Padre presenta l'esperienza dell'amore familiare come via mistica: Una comunione familiare vissuta bene è un vero cammino di santificazione nella vita ordinaria e di crescita mistica, un mezzo per l’unione intima con Dio. Infatti i bisogni fraterni e comunitari della vita familiare sono un’occasione per aprire sempre più il cuore” (316). Allo stesso tempo, egli sostiene che "l’amore sociale, riflesso della Trinità, è in realtà ciò che unifica il senso spirituale della famiglia e la sua missione all’esterno di sé stessa, perché rende presente il kerygma con tutte le sue esigenze comunitarie. La famiglia vive la sua spiritualità peculiare essendo, nello stesso tempo, una Chiesa domestica e una cellula vitale per trasformare il mondo" (324).


Situazioni Irregolari


Per quanto riguarda le situazioni "irregolari", il Papa Francesco ricorda che la via della Chiesa "è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione […]. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero […]. Perché la carità vera è sempre immeritata, incondizionata e gratuita! Pertanto, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione" (296).


Questo capitolo illustra tutte le possibili situazioni "irregolari". Ma parlando in particolare dei divorziati che vivono una nuova unione, ricorda che "possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale”. (298) Quindi, "è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari " (300).

 

Questo discernimento "dovrebbe riconoscere che, poiché «il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi», le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi” (300). Non è possibile applicare a tutti esattamente lo stesso metro di giudizio.

 

A questo punto l’Esortazione apostolica spiega che tutto ciò può verificarsi a causa dei condizionamenti che vivono le persone e alle circostanze attenuanti di cui parla il Catechismo della Chiesa Cattolica che indica come vari fattori psicologici o sociali possano ridurre e addirittura ridurre al minimo la colpevolezza della persona (CCC 1735 e 2352). Il Papa dice che a causa di codesti condizionamenti "non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante” (301). Cioè, un divorziato in nuova unione può essere limitato nelle sue possibilità di prendere un'altra decisione e tornare indietro, quindi la sua colpa è diminuita. Pertanto, anche se in situazione irregolare, non è privato della grazia di Dio. Se è così potrebbe confessarsi e comunicarsi.

Il grande passo che si verifica qui è che si ammette che un discernimento pastorale dal punto di vista del foro interno può avere conseguenze pratiche in ambito esterno nell'applicazione della disciplina della Chiesa.


Alcuni obiettano che la teoria del condizionamento non vale per i divorziati nella nuova unione perché sanno perfettamente che la loro situazione non risponde a ciò che la Chiesa insegna, o che in ogni caso sarebbe sufficiente a far loro vedere che vivono nel peccato. Ma il Papa ha spiegato che "i limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale» o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa. Come si sono bene espressi i Padri sinodali, «possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione»” (301). Si tratta di soggetti che "che non sono in condizione di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge" (295).


In un altro punto l’Esortazione apostolica ribadisce con forza: "un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o sulla colpevolezza della persona coinvolta. Nel contesto di queste convinzioni, considero molto appropriato quello che hanno voluto sostenere molti Padri sinodali: «In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. […] Il discernimento pastorale, pur tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi» "(302).


E per fugare ogni dubbio l’Esortazione apostolica chiarisce: "A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa (305). E nella nota numero 351 il Santo Padre Francesco aggiunge: "In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47)".

 

È chiaro che tutto questo non si limita semplicemente a fare riferimento a due che abitano sotto lo stesso tetto, ma a due che vivono castamente come fratelli, perché il Papa parla qui di una "situazione oggettiva di peccato". Tuttavia, capisce che non possono prendere un'altra decisione senza sentire che commetterebbero un nuovo peccato poiché esporrebbero i bambini a una rottura familiare provocando un danno enorme. Cosicché si può dire che sono condizionati nella loro capacità decisionale e quindi questa situazione non li priva della vita della grazia santificante. Ciò presuppone, naturalmente, che conducano una vita cristiana impegnata e generosa, che siano onesti nel loro lavoro, etc.

 

A volte costa assumere e rispondere a queste sfide; costa correre il rischio di optare per la misericordia gratuita, forse perché preferiamo che tutto sia chiaro, ben regolato, "bianco o nero" (305). Il Papa riconosce che "a volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio. Poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il Vangelo. È vero, per esempio, che la misericordia non esclude la giustizia e la verità, ma anzitutto dobbiamo dire che la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio” (311).

 

A questo punto, il Papa riprende una dichiarazione della Commissione Teologica Internazionale che invita a non racchiudere Dio nei nostri schemi limitati. Pertanto, dovrebbe essere sempre considerata «inadeguata qualsiasi concezione teologica che in ultima analisi metta in dubbio l’onnipotenza stessa di Dio, e in particolare la sua misericordia» (311).

 

Non un Permesso, ma un Percorso


Tutto questo non è da intendersi come un breve permesso concesso da un prete. Si tratta di un percorso che compie la persona o la coppia in dialogo con un sacerdote. Il Papa usa parole forti per dire che "abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita. Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle"(37). E il Santo Padre dice anche il discernimento pastorale “deve farsi carico di queste situazioni ... tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone” (302).


Si tratta di un cammino di discernimento che "orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere"(300).

 

In questo processo, che può essere lungo, "questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo. In ogni caso, ricordiamo che questo discernimento è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno” (303).

 

C'è sempre, infatti, qualcosa che possa essere offerto a Dio. Quando non si può tutto è sempre possibile fare qualche passo al fine di offrire qualcosa di più come risposta di amore. Il discernimento aiuta sempre a trovare "le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio. Ricordiamo che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà"(305).

Per tutto questo, dobbiamo anche ricordare che un tale discernimento non è mai chiuso, ma resta aperto a ulteriori sviluppi e a una risposta sempre più piena a Dio, secondo la "legge della gradualità".


Alcune Possibili Obiezioni


Una delle obiezioni solleva la questione che non possono ricevere l'Eucaristia coloro che non esprimono nella loro vita e nelle mutue relazioni il mistero dell'unione tra Cristo e la Chiesa, e che tale unione è in contraddizione quando si è formata una nuova unione dopo un divorzio. Il ​​Papa commenta così: vi sono forme di unione che realizzano l'ideale del matrimonio "almeno in modo parziale e analogo. I Padri sinodali hanno affermato che la Chiesa non manca di valorizzare gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più al suo insegnamento sul matrimonio” (292).

 

Allo stesso tempo il Papa scrive che questa l'analogia tra la coppia marito-moglie e Cristo-Chiesa è "un'analogia imperfetta" (73) e che la coppia è sempre un "segno imperfetto" (72). Pertanto, "non è bene confondere piani differenti: non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa” (122).

È particolarmente eloquente il numero 2 del documento, quando rifiuta che traggano "conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche". Piuttosto ricorda che "quanto più si scende alle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione” (304). È vero che le norme generali presentano un bene che non dovrebbe mai essere ignorato o trascurato, ma nella sua formulazione non può coprire assolutamente tutte le situazioni particolari. Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari” (305).

 

2) Molte volte viene utilizzato il testo paolino di 1 Corinzi 11, 17-34 per sostenere che se si dovesse permettere ai divorziati risposati di comunicarsi, costoro riceverebbero l'Eucaristia "indegnamente". Commentando questo testo il Papa invita a considerare "il suo significato più immediato e diretto, che è marcatamente sociale" (185).

Concretamente in questo caso san Paolo stava parlando di agape che nei tempi antichi si realizzava insieme con la celebrazione eucaristica, e constatava che i ricchi mangiavano i loro cibi, mentre i poveri fratelli della comunità li stavano a guardare. Erano qui ricchi insensibili coloro che ricevevano indegnamente l'Eucaristia per non riconoscere che formavano un solo corpo con i fratelli poveri. Pertanto il Papa conclude: "Questo testo biblico è un serio avvertimento per le famiglie che si richiudono nella loro propria comodità e si isolano, ma più specificamente per le famiglie che restano indifferenti davanti alle sofferenze delle famiglie povere e più bisognose. La celebrazione eucaristica diventa così un costante appello rivolto a ciascuno perché «esamini se stesso» (v. 28) al fine di aprire le porte della propria famiglia ad una maggior comunione con coloro che sono scartati dalla società e dunque ricevere davvero il Sacramento dell’amore eucaristico che fa di noi un solo corpo. … Quando coloro che si comunicano non accettano di lasciarsi spingere verso un impegno con i poveri e i sofferenti o acconsentono a diverse forme di divisione, di disprezzo e di ingiustizia, l’Eucaristia è ricevuta indegnamente” (186).


3) Altri insistono che necessariamente i divorziati risposati civilmente devono separarsi o vivere "come fratelli". Il Santo Padre Francesco riprendendo Familiaris Consortio scrive che "la Chiesa riconosce situazioni in cui «l’uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l’educazione dei figli - non possono soddisfare l’obbligo della separazione»" (298). Nella nota a pie di pagina n. 329 si mostra molta comprensione delle specifiche difficoltà di quelle coppie e si riferisce che "In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, «non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 51)". Soprattutto quando uno dei due non è credente o praticante, si potrebbero verificare situazioni in cui l'altro non può esigere un a convivenza "come fratelli" per evitare il rischio di infedeltà e di abbandono che colpirebbe fatalmente i bambini.


4) In situazioni come quella descritta, alcuni sostengono che ci debba essere un fermo proposito per evitare ogni intimità coniugale. In risposta a questa posizione, al numero 311, riferendosi all'amore incondizionato di Dio "nella pastorale", un'altra nota appare a piè di pagina, la nota 364, in cui viene sviluppato un importante affermazione di Giovanni Paolo II: Forse per scrupolo, nascosto dietro un grande desiderio di fedeltà alla verità, alcuni sacerdoti esigono dai penitenti un proposito di pentimento senza ombra alcuna, per cui la misericordia sfuma sotto la ricerca di una giustizia ipoteticamente pura. Per questo vale la pena di ricordare l’insegnamento di san Giovanni Paolo II, il quale affermò che la prevedibilità di una nuova caduta «non pregiudica l’autenticità del proposito» (Lettera al Card. William W. Baum in occasione del corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzeria Apostolica [22 marzo 1996], 5: Insegnamenti XIX, 1 [1996], 589)”.


Così il Santo Padre Francesco orienta i sacerdoti ad accettare il proposito di modifica della persona che si accosta alla confessione, anche se si possa prevedere una ricaduta. Ciò deve essere tenuto in considerazione anche nei casi in cui i divorziati risposati cerchino di vivere "come fratelli" e per debolezza ripetutamente cadono. In questo occorre vedere come l'amore incondizionato di Dio espresso "nella pastorale" (311) abbia importanti conseguenze pratiche. Il Papa invita "i pastori ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere il loro punto di vista, per aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa" (312).


5) Alcuni articoli pubblicati a commento della Esortazione apostolica Amoris letitiae vi sono opinionisti che, fingendo di interpretare il documento, sostenendo che il Papa stesso abbia negato ogni possibilità di "eccezioni" e che tutto rimane lo stesso a quanto sostenuto da Familiaris Consortio senza alcun cambiamento né di dottrina o nella prassi pastorale. L’affermazione si basa su una lettura parziale del numero 300, che invita a “evitare il grave rischio di messaggi sbagliati, come l’idea che qualche sacerdote possa concedere rapidamente “eccezioni” " (300). Si dimentica, o si preferisce dimenticare che l’Esortazione apostolica dice esplicitamente "rapidamente", che si riferisce, appunto, alla rapidità irresponsabile con cui alcuni evitare un serio discernimento.

 

In riferimento a codesta superficiale rapidità, Papa Francesco ha chiesto di evitare facilitazioni che non rispettino la gravità della questione e la dignità delle persone. Si tratta di un processo di discernimento che tenga conto delle diverse situazioni e che ha bisogno di tempo. Ma è chiaro che il Santo Padre Francesco, rispondendo a una domanda posta durante il viaggio di ritorno da Lesbo, ha sostenuto che in questa questione "vi sono realmente nuove e concrete possibilità che non esistevano prima della pubblicazione dell'Esortazione" e ha raccomandato la lettura della spiegazione data dal cardinale Schönborn nella presentazione del documento, il quale ha detto che "si può anche offrire l'aiuto dei sacramenti nei casi di situazioni irregolari". Così, sembra arduo sostenere che nulla sia cambiato.

 

6) Ci sono sacerdoti che in maniera assai rassegnata sostengono che da ora in poi tutto sarà lo stesso; mentre altri dichiarano che alla fine si ammetterano alla comunione tutti i divorziati risposati. Ma il Santo Padre Francesco è chiaro nel dire che non è affatto lo stesso. Egli dice che ci sono alcune situazioni che dovrebbero essere considerate con apertura e con misericordia, come quelle di coloro che hanno sofferto un abbandono ingiusto o quelle consolidate “nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano” (298). Ma dice anche che "altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari. Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia"(298).

Il Papa coinvolge il Sinodo e sostiene che “I Padri sinodali hanno affermato che il discernimento dei Pastori deve sempre farsi «distinguendo adeguatamente» con uno sguardo che discerna bene le situazioni” (298).

 

7) Infine, vi sono alcuni che semplicemente non sono d'accordo nonostante tutte le motivazioni che il Sinodo offra. A volte sono sacerdoti, ma anche laici che esigono dai loro pastori una azione pastorale rigida e senza eccezioni. Papa Francesco è consapevole del fatto che vi siano queste posizioni e si esprime così: Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada. I Pastori che propongono ai fedeli l’ideale pieno del Vangelo e la dottrina della Chiesa devono aiutarli anche ad assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti. Il Vangelo stesso ci richiede di non giudicare e di non condannare (cfr Mt 7,1; Lc 6,37). Gesù aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente" (308).

 

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In realtà, tutto quello che abbiamo esposto alla luce di Amoris laetitia offre criteri generali per sviluppare uno stile pastorale specifico di fronte tutte le circostanze complesse in cui si infrangono gli schemi generali. Si tratta di una pastorale determinata sempre ad "accompagnare, discernere e integrare" con misericordia, pazienza e adacia, senza tener conto della situazione in cui si trovi la persona.


Per questa ragione il Santo Padre Francesco ha preferito riferirsi alla questione di un eventuale ammissione ai sacramenti di alcuni divorziati risposati solo in due note a pié di pagina. L'intero capitolo VIII va ben oltre tale questione e coinvolge una grande sfida per il rinnovamento della morale e pastorale. In tutte le situazioni si preoccupa di porre in modo sempre migliore in intima relazione le norme generali con la coscienza di ciascuno, l'esperienza della vita e la pratica pastorale. Si legge, infatti: "È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano"(304).


E d’altra parte tutto ciò non nega che faccia anche parte della misericordia pastorale di proporre con convinzione l’ideale pieno del matrimonio e in particolare contribuire a rafforzare l'amore degli sposi: "Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezzaOggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture" (307). Ogni rottura è una ferita anche per la Chiesa, ed è causa di molte sofferenze che occorre evitare. Questo ci riporta nuovamente ai due temi principali del documento che danno senso a tutta la proposta.

 

Il Vescovo e la Chiesa Locale


Una riflessione finale è doveroso formulare sull'enorme importanza che il Santo Padre Francesco dà alla Chiesa locale e al Vescovo diocesano nel presente documento. Facendo riferimento alla pastorale familiare afferma che "saranno le diverse comunità a dover elaborare proposte più pratiche ed efficaci, che tengano conto sia degli insegnamenti della Chiesa sia dei bisogni e delle sfide locali" (199).


Al riguardo Papa Francesco offre alcune indicazioni generali sulla preparazione al matrimonio, come la necessità di "una formazione adeguata che nello stesso tempo non allontani i giovani dal sacramento" (207) indicando che "non si tratta di dare loro tutto il Catechismo, né di saturarli con troppi argomenti… Si tratta di una sorta di “iniziazione” al sacramento del matrimonio che fornisca loro gli elementi necessari per poterlo ricevere con le migliori disposizioni e iniziare con una certa solidità la vita familiare" (207). Ma allo stesso tempo Papa Francesco ricorda che "diversi modi legittimi di organizzare la preparazione prossima al matrimonio, e ogni Chiesa locale discernerà quale sia migliore" (207).


Per quanto riguarda il discernimento della situazione dei divorziati risposati, l’Esortazione apostolica scrive dice che "i presbiteri hanno il compito di accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo" (300). In questo contesto al Vescovo è data grande libertà e un ruolo fondamentale. Il Papa desidera che si possono avere stili differenti, accenti differenti, differenti linee pastorali anche su questo argomento.

 

Per questo si può ragionevolmente ritenere che gli orientamenti dei vescovi nelle loro diocesi possano essere variegati mantenendo tuttavia l'adesione generale a ciò che il Papa ha proposto. Un vescovo, per esempio, potrebbe chiedere che i sacerdoti consultino l’Ordinario diocesano caso per caso prima di prendere qualsiasi decisione relativa ai Sacramenti. Oppure potrebbe decretare una serie di criteri generali a cui il proprio presbiterio dovrebbe rifarsi. Oppure potrebbe delegare il suo Vicario Generale o un delegato vescovile o il vicario foraneo perché i presbiteri si consultino più agevolmente con essi. Quel che è certo è che Papa Francesco affida al Vescovo diocesano una funzione che onora il luogo privilegiato che ha sempre avuto la Chiesa locale nella Tradizione della Chiesa.

 

Conclusione Provvisoria

 

Abbiamo percorso un lungo cammino facendo lettura paziente di Amoris laetitia. Oltre al ringraziamento rinnovato a Papa Francesco a ai Padri Sinodali dobbiamo tutti rallegrarci l’equilibro dell’esortazione apostolica che senza grandi cambiamenti nella dottrina e nella normativa ecclesiale apre un processo di maggior comprensione della misericordia nella pastorale della Chiesa. Lo fa partendo dalla riflessione sull'amore perché la misericordia è un suo frutto (27). Il Santo Padre Francesco è ben consapevole del “vero significato della misericordia, la quale implica il ristabilimento dell’Alleanza” (64). Anche per questo nella riflessione pastorale non mancano i numerosi riferimento ai documenti precedenti del magistero che sono principio di interpretazione della portata della novità delle proposte. Il Santo Padre Francesco ha tracciato una via nel solco della continuità ecclesiale, ma con un nuovo respiro: quello della misericordia, e quella letizia che unisce Amoris laetitia a Evangelii gaudium.

 

A voler concludere con uno schema potremmo dire che da Amoris laetitia scaturisce una sorta di

 

Vademecum

 

per migliorare la vita familiare e di coppia. Papa Francesco

 

Ricorda che “l’amore convive con l’imperfezione”.

Spiega come bisogna trattare i figli.

Spiega che l’amore va coltivato e cita il libro del Siracide, quando invita: “Regala e accetta regali”.

Cita persino la generosa cuoca del film Il pranzo di Babette.

Ripropone più volte le tre parole chiave di ogni relazione: “Permesso, grazie, scusa”.

Spiega che il segreto di ogni coppia e di ogni famiglia sta nel dialogo, esercizio che richiede “un lungo e impegnativo tirocinio”.

Chiede di avere “ampiezza mentale” e non “rinchiudersi con ossessione in poche idee”, oltre alla capacità di “modificare e completare le proprie opinioni”:

 

Richiama i cristiani a non rinunciare a difendere il matrimonio per “essere alla moda” e denuncia la “cultura individualistica”, la fuga dall’impegni, la “chiusura nelle comodità”.

Spiega che non bisogna aspettare di essere ricchi per sposarsi e programmare costose cerimonie.


Si rivolge direttamente ai fidanzati dicendo loro di avere “il coraggio di essere differenti” e di non lasciarsi “divorare dalla società del consumo”.

Parla di “amore appassionato” e della “dimensione erotica dell’amore”, rilevando che il “bisogno sessuale degli sposi non è oggetto di disprezzo”.

Invita la Chiesa ad una “salutare reazione di autocritica” per aver spesso “presentato del matrimonio il suo fine unitivo” e per aver presentato un “ideale teologico del matrimonio troppo astratto”, lontano “dalla situazione reale delle famiglie e delle coppie”.

Ribadisce che “per molto tempo” si è insistito su “questioni dottrinali bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia”.


Critica la mancanza di politiche familiari da parte di molti Stati.

Denuncia la violenza sulle donne e la mancanza di diritti pari a quelli degli uomini anche nel lavoro.

Accenna alla violenza sessuale sui bambini “ancora più scandalosa” quando avviene in luoghi dove dovrebbero essere protetti: famiglia, scuola, Chiesa.

Riflette sull’accoglienza dei migranti, dei disabili, degli anziani.

Sottolinea con simpatia il ruolo dei nonni nell’educazione dei figli, anche sul piano dell’educazione sessuale.

Condanna le leggi sull’aborto. Invita all’obiezione di coscienza. Mette in guardia dall'equipararele  unioni di fatto, comprese quelle omosessuali, al matrimonio.

Condanna le teorie del “gender” come “pensiero unico” nell’ “educazione dei bambini”.

 

Propone indicazioni sui corsi prematrimoniali.

Reclama una più adeguata preparazione dei sacerdoti e dei seminaristi, e ossrva che “ai ministri ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi attuali delle famiglie”. 

Ricorda il giorno di San Valentino “che in alcuni Paesi è sfruttato meglio dai commercianti che non dalla creatività dei Pastori”.


Sulla questione delle coppie cosiddette irregolari e sulla la comunione ai divorziati risposati il Papa precisa che la chiave e il criterio con il quale affrontare i problemi è il “discernimento” che “deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti”. Il discernimento va fatto caso per caso, ma senza che esso diventi norma generale altrimenti si arriverebbe a codificare una “casistica insopportabile”.

In una nota, la numero 351, Papa Francesco spiega che "in certi casi potrebbe essere anche l'aiuto dei sacramenti".  

 

 Il papa nell’Esortazione aderisce a quanto ha stabilito il Sinodo sulla valutazione caso per caso da parte del sacerdote “in foro interno”, e raccomanda vivamente il criterio della misericordia denunciando che spesso si pongono “tante condizioni alla misericordia” che viene “svuotata di senso concreto e di significato reale”. Questo è “il modo peggiore di annacquare il Vangelo”.

L’Esortazione apostolica Amoris laetitia non definisce il perimetro di pastorale familiare e matrimoniale, ma libera e fa volare la logica del Vangelo, cioè “di quanto Gesù offre all’essere umano”.

L’obiettivo è concreto: “Oggi più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture”.

 

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