La tentazione

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La parola "tentazione" sembra relegata al linguaggio pietistico di altri tempi. Il richiamo è evidente nelle parole dell’evangelista Marco che in questa prima domenica di Quaresima presenta Gesù tentato nel deserto.

Eppure l’attualità presenta la tentazione ogni giorno nelle sue forme più crude e scandalose come ad esempio gli attacchi terroristici, la corruzione politica o economica, la violenza familiare, le cento dipendenze cento che distruggono la persona. Ma accanto ai più terribili mali morali appare oggi un altro male, più soggettivo, che è quello di giustificare la tentazione. E' molto comune affermare  con Oscar Wilde "Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni."

 

Eppure la tentazione è la forma più comune di cui si serve il demonio per esercitare la sua nefasta azione sul mondo. Nessuno ne va esente, neppure i più grandi santi. L’anima sperimenta i suoi assalti in tutte le tappe della vita spirituale. Variano le forme, aumenta o diminuisce l’intensità, ma la realtà della tentazione rimane. Anche Gesù volle essere tentato per insegnarci come vincere il nemico delle nostre anime.  

 

La prima Domenica di Quaresima 1965 nella chiesa romana di Ognissanti, il beato Paolo VI dette una definizione precisa della tentazione: "La tentazione è l’incontro fra la buona coscienza e l’attrattiva del male; e nella forma più insidiosa di tutte. Il male infatti non ci si presenta col suo reale volto che è nemico, orribile e spaventoso. Accade proprio il contrario. La tentazione è la simulazione del bene; è l’inganno per cui il male assume la maschera del bene; è la confusione tra il bene e il male. Questo equivoco, che può essere continuamente davanti a noi, tende a farci ritenere il bene là dove, al contrario, è il male".

 

E' interessante questo collegamento della tentazione con la menzogna o, per essere più indulgenti, con la confusione. Come per cercare di trovare la causa di questo errore, Paolo VI indicò il desiderio di libertà che infuria nel cuore umano. Una libertà che non è  intesa solo come capacità di decisione nella scelta dei valori morali, ma anche come la capacità di creare gli stessi valori etici: "L’uomo moderno si adatta ad ogni cosa; è capace di farsi l’avvocato delle cose cattive pur di sostenere la libertà del proprio piacimento, e che tutto può e deve manifestarsi, senza alcuna preclusione nei confronti del male; una libertà indiscriminata per ciò che è illecito. Si finisce così per autorizzare tutte le espressioni della vita inferiore; l’istinto prende il sopravvento sulla ragione, l’interesse sul dovere, il vantaggio personale sul benessere comune".

 

Il Papa sapeva che gli errori di coscienza nascono proprio dal dimenticare la legge di Dio: "Chi non tiene più conto della legge del Signore, dei suoi Comandamenti e Precetti e non li sente più riflessi nella propria coscienza, vive in una grande confusione e diventa nemico di se stesso. È innegabile, infatti, che tanti e tanti malanni nostri sono procurati dalle nostre stesse mani, dalla sciocca cattiveria, ostinata nel ricercare non ciò che giova, ma quel ch’è nocivo alla esistenza”.

 

In ogni caso, Paolo VI non intese solo denunciare questa autonomia morale, ma ha altresì indicato l’itinerario di buon cammino per superare il fallimento al quale tale autonomia morale potrebbe portare: "Bisogna rinnovare, rinvigorire la nostra capacità di giudicare, di discernere il bene dal male. In conseguenza, allorché il male - tutto quanto, cioè, è proibito, è contrario alla legge di Dio, al buon costume e al giudizio sano della ragione - si presenta attraente, lusinghiero, seducente, utile, facile, piacevole, noi dobbiamo dimostrare energia e sapienza, sì da dire recisamente e con risolutezza: no. Questo il modo per respingere e superare la tentazione”.


Sono passati cinquant'anni da quando sono state pronunciate queste parole sulla tentazione. Sicuramente ci aiuteranno a esaminare la nostra coscienza all'inizio della Quaresima. La vita cristiana è combattimento: noi dobbiamo stare all’erta di continuo; dobbiamo essere sempre in grado di distinguere il bene dal male, e decidere: io sto per il bene; per la virtù; per il mio dovere; per le promesse fatte. Cercherò, pertanto, di essere veramente pronto a superare ogni attrattiva che potrebbe ridurmi debole e vile davanti alla presentazione del male camuffato da bene.

 

La grande lezione di vita cristiana con cui si inizia la Quaresima esige da noi l’impegno grande: tenere la lampada della nostra coscienza e del nostro pensiero sempre accesa dinanzi a noi. Non dobbiamo spegnere la voce della coscienza, non cerchiamo mai di deformare la sua rettitudine di giudizio.