La formazione del catechista
Qualificazione psico-antropologica

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Il catechista dei nostri tempi non potrà davvero sottendere o eludere una corretta qualificazione psi­cologica e antropologica, senza incorrere nel rischio di mortificare e rendere inefficace e parziale il mes­saggio annunciato e, forse, anacronistica la testimo­nianza cristiana.

L'antropologia, quale studio dell'uomo come even­to, come fatto storico, unico e irripetibile, fa lettura dell'uomo:

 

—    nella sua concezione filosofica di persona;

—    nell'interpretazione psicologica della sua persona­lità;

—   della realtà culturale che lo circonda ed entro la quale è, in modo assai soggettivo, protagonista;

—    della sua vocazione sia sotto il profilo professiona­le dell'ora-e-qui, sia dal punto di vista cristiano ed ec­clesiale.


Tutto ciò si riassume nell'esigenza che i catechisti diventino anzitutto capaci di programmare il proprio intervento educativo; di saperlo attuare con i propri destinatari, mettendoli in grado di cogliere la pre­senza e l'azione di Dio dentro la loro vita e la storia dell'umanità e aiutandoli a rispondere positivamen­te alle sue chiamate.

Una tale conoscenza e considerazione dell'uomo, favorita da una quotidiana e aggiornata lettura, per­metterà al catechista un annuncio e una testimo­nianza, oltre che interventi di vario genere, antropo-logicamente qualificati e quindi anche più incisivi. E il discorso della fedeltà all'uomo, cui tanto tiene il Documento di Base, al punto tale da porlo a fonda­mento dell'originalità del metodo catechistico, stret­tamente correlato alla fedeltà a Dio (RdC 160).


È bene sottolineare che il discorso non può e non deve calcare le orme della teoria. Infatti, «non si trat­ta di un uomo astratto, ma reale, dell'uomo concreto, storico. Si tratta di ciascun uomo perché ognuno è sta­to compreso nel mistero della redenzione» (RH 13). Continua l'enciclica di Giovanni Paolo II: «Uomo nella sua singolare realtà ha una storia propria della sua vita e soprattutto una storia propria della sua ani­ma» (RH 14).

Una attenzione particolare va infine dedicata alla cultura odierna che «influisce fortemente sulle profon­de e rapide trasformazioni che caratterizzano l'epoca in cui viviamo. Esse costituiscono un fenomeno che si manifesta in tutti gli aspetti della vita: economico, so­ciale, politico, psicologico, morale, religioso, determi­nando una nuova mentalità e una nuova concezione dell'uomo, del suo posto e del suo compito nel mondo» (RdC 128).

Una qualificazione seria che sappia rispondere al­le premesse dianzi formulate, suppone la conoscen­za degli elementi principali di:


—  Antropologia: la definizione l'abbiamo evidenziata nelle righe precedenti.

 

—  Sociologia: suo obiettivo è quello di offrire stru­menti sufficienti per cogliere l'uomo in situazione, nell'impressionante e rapido susseguirsi della storia, della società, dei costumi, delle culture, delle idee e delle ideologie, delle istituzioni (scuola, società, fa­miglia), dei fenomeni quotidiani, dei valori... «Chiun­que voglia fare all'uomo d'oggi un discorso efficace su Dio, deve muovere dai problemi umani e tenerli sem­pre presenti nell'esporre il messaggio» (RdC 77).

 

— Psicologia: è la scienza che studia il comportamen­to dell'essere vivente, i suoi meccanismi, le sue tran­sazioni, le sue relazioni interpersonali, i dinamismi di maturazione e di crescita della personalità. Un tale studio permette una certa qual comprensione o, co­munque, attenzione al mistero di ogni uomo come soggetto unico e stupefacente, il rispetto dei suoi rit­mi di crescita, l'attesa di fronte alle nuove scoperte e alle nuove conquiste, alle esperienze e agli insuc­cessi. L'approccio alla scienza psicologica consente anche una conoscenza personale perché è conoscen­dosi che si conosce ed educandosi che si può edu­care. Conoscere la propria personalità e lavorare per un grado di maturità adulta ed equilibrata è condi­zione imprescindibile per svolgere un qualificato ministero pastorale di «testimone, insegnante ed educa­tore» (cfr. RdC 186, 187,188).

Sia sufficiente, a questo proposito, la sottolinea­tura scrupolosa che tesse il RdC: «Il catechista si ri­volge all'intera personalità di ciascuno, a tutto quan­to ciascuno è per natura e per grazia. Si stabilisce così un rapporto da persona a persona che impegna tutta la vita. La catechesi è rivolta all'intelligenza, alla ca­pacità e al bisogno di agire del cristiano, alla sua esi­genza di esperienza personale, alla sua affettività e im­maginazione, alla sua fede, alla sua speranza, alla sua carità...» (RdC 131).

 

Psicologia dell'età evolutiva: offre una conoscenza adeguata dei tratti psicologici di tale età. Va da sé che l'attenzione prestata o meno a questi aspetti psico­logici può facilitare il successo, l'approccio, l'empa­tia con i soggetti della catechesi.
Gli stessi testi catechistici dimostrano l'estrema at­tenzione prestata alla psicologia dell'età evolutiva. Il catechista non può disattenderla e con pazienza ed entusiasmo vi si deve accostare. È ancora il Rinnovamento della catechesi a confor­tarci in tal senso. Esso non manca di sottolineare che «ogni età dell'uomo ha il suo proprio significato in se stessa e la sua propria funzione per il raggiungimento della maturità. Questa è veramente tale quando è ar­monica, integrale e quindi fonte di coerenza persona­le nei pensieri e nelle azioni. Errori e inadempienze verificatesi a una certa età, hanno talora conseguenze molto rilevanti per la personalità dell'uomo e del cri­stiano... Pertanto in ogni arco di età i cristiani devo­no potersi accostare a tutto il messaggio rivelato se­condo forme e prospettive appropriate» (RdC 134).

 

A questo punto corre l'obbligo di rimandare in­tegralmente il catechista al Documento di Base, in­vitandolo a studiare e a cogliere con vera attenzione la lungimirante e lucida esposizione delle varie età dell'uomo, sotto il profilo psico-pedagogico, e della sensibilità con cui esse vanno accostate. Il fine è sem­pre lo stesso: una proposta catechistica rispettosa, in­telligente, non forzata. Insomma: una proposta cri­stiana (cfr RdC 134-141).

Il possesso di una metodologia adeguata non ha come fine il fare del catechista un tecnico della cate­chesi. Tutto in quest'area della formazione deve ten­dere all'esperienza concreta per far maturare nel ca­techista l'arte di fare catechesi, un'arte che è sintesi delle attitudini all'apostolato, della conoscenza della fede e degli uomini destinatari dell'annuncio.