La Chiesa ha qualcosa da dire alla politica?

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Si é aperto il confronto elettorale in vista di comunali, regionali e referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari.
Credo che la Chiesa abbia una parola da dire, ovviamente non in termini di schieramento, ma al fine di sollecitare una riflessione in vista del bene comune.
Fare politica deve essere considerato come una vera vocazione al servizio del bene comune.
 
La fede non è un'astrazione. Essa abita ogni persona “credente”  nell'esperienza quotidiana. La Chiesa incoraggia i suoi fedeli laici a prendere coscienza della propria responsabilità nella comunità politica e a vivere in maniera matura e adulta la propria fede nella dimensione politica, evitando così il pericolo del divorzio tra fede e vita. Il Concilio Vaticano II sottolinea la grandezza della attività politica. “La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che, per servire gli uomini, si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità” (GS 75).
 
L’attività politica in se stessa ha una grande dignità morale e quando è esercitata come atto di impegno personale per il bene della società esige generosità e disinteresse. L’impegno politico vissuto in questa maniera – specialmente quando è motivato da uno spirito cristiano – è stato qualificato come una dura scuola di perfezione e come un esigente della virtù e certamente la dedizione alla vita politica deve essere riconosciuta come una delle più alte possibilità etiche e morali e professionali dell’uomo. 
 
Non penso far torto a nessuno se, dal mio punto di vista, mi soffermerò sull’impegno politico motivato da uno spirito etico e cristiano in nome del principio dell’incarnazione, che abiti la storia di oggi! Anche perché spesso sono in gioco principi non negoziabili, i cristiani in politica dovrebbero collaborare insieme per difendere la verità e il bene dell’uomo. Il primo impegno è proprio quello dell’impegnarsi tra gli uomini e in favore degli uomini, senza ambizioni e senza pretese. Si tratta di una “retorica dell’anima”, che da senso alla suggestiva idea di realizzare l'incarnazione storica e politica del cristianesimo attraverso la costruzione di una società ispirata ai valori della giustizia e della solidarietà, fedeli al patrimonio fondamentale del cattolicesimo democratico per essere coscienza critica di questo Paese sempre più alla deriva non solo in quanto a valori, ma anche in quanto a progettualità e prospettive.
 
Essenziale sarà la riscoperta di una ideologia forte e autonoma che si ispiri con convinzione ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa e dell’Umanesimo Cristiano, superando ogni idea di posizionamento geometrico e le costruzioni tradizionali del mondo della politica. Lo schema della contrapposizione tra destra e sinistra non è più sufficiente a leggere il nostro tempo. La “vecchia” concezione dei partiti che si dividevano la destra, la sinistra e il centro, comprese le “estreme” di destra e di sinistra, non possono interpretare l’identità piena di chi intende proporsi non già per una posizione geografica da occupare.
 
L’opinione pubblica, in particolare il mondo giovanile dimostrano spesso disaffezione, disinteresse e sfiducia verso la politica e concordano nel rifiuto di collocarsi sull’asse destra-centro-sinistra. Occorre costruire un’alternativa del tutto nuova. Deve essere un soggetto capace di parlare a tutti, proponendo “la posizione” centrata sui valori e gli ideali che intende incarnare. Sogno qualcosa che sappia attualizzare in ogni ambiente la Dottrina Sociale della Chiesa e l’Umanesimo Cristiano nel pieno rispetto e autonomia della laicità positiva.
 
Di fronte ai fermenti che attraversano la società occorre dare una risposta chiara e di riferimento; ma questo costringe a fare un salto di qualità, uno sforzo di adeguamento per dare spazio e sbocco politico a quest'ansia di rinnovata autenticità. La coscienza critica deve considerare la cultura di un popolo che è ricerca e intelligenza, impegno per il rinnovamento del costume civile, e animare nella coscienza dei popoli le ipotesi e le utopie che saranno storia di domani. Ma al contempo non potrà trascurare la realtà economica e sociale italiana la cui indubitabile crisi sta provocando un malessere che fortemente e dolorosamente segnano l’attuale momento storico del Paese.
 
Le grandi trasformazioni sociali, economiche, culturali e politiche che attendono il nostro Paese dopo la precarietà della gestione politica recente esige da parte nostra responsabilità, fiducia piena nella democrazia, nella giustizia sociale e nel confronto delle idee. La luce della Dottrina sociale della Chiesa e dell’Umanesimo cristiano favoriranno e orienteranno criteri indicativi validi per la moralizzazione della vita pubblica, il senso del diritto, la disciplina dell’azione e dei rapporti politici per una vera etica della politica.
L’etica della politica è un tema ricorrente e altalenante. Ogni tanto acquista senso e significato, in altri momenti è silente. Gli è che davvero è troppo poco vissuto.
 
Ma che cosa si intende per etica politica? Essa non si occupa delle azioni individuali, ma delle azioni attraverso le quali gli individui raccolti in comunità politicamente organizzata danno forma alla vita comune dal punto di vista costituzionale, giuridico, amministrativo, economico, educativo, ecc.
Max Weber distingueva due polarità dell’etica: quella dei principi e quella delle responsabilità. L’etica dei principi si riferisce alla premessa. L’etica delle responsabilità mira alle conseguenze dell’agire. La politica potrà arginare le ambiguità cui sembra destinata se porrà a fon­damento di se stessa il rispetto di leggi comuni e l’osservanza di principi etici, rimettendo in gioco la nozione stessa di “coscienza morale”.
 
Mi ha sempre colpito il fatto che Aristotele avesse chiamato la filosofia pratica complessivamente "scienza politica", in quanto il bene della pólis comprende quello del singolo individuo. Essa contiene dunque anche l'etica, che è la parte dedicata al bene del singolo. La politica, infatti, trova la sua ragion d’essere nel costruire il bene della “polis”, ossia della città in cui gli uomini e le donne quotidianamente abitano. L’insegnamento è che nella vita come nella politica, il bene si riconosce dai frutti, non dalle radici; dalle realizzazioni, non dai proclami. La qualità̀ della politica è legata alla qualità̀ umana di chi si impegna in essa.
 
Non dimenticando mai che anche dopo aver responsabilmente soppesato le probabili conseguenze, rimangono elementi di rischio ai quali, in ultima analisi, risponde la coscienza etica di chi deve prendere una decisione, alla luce dei principi che la ispirano. Se la giustizia sociale ci fa rispettare il bene comune, solo la carità sociale ce lo fa amare. La carità, che vuol dire amore fraterno, é il motore di tutto il progresso sociale. Per questo il Papa Paolo VI, maestro dei primi democristiani, definì la politica “la più alta forma di carità”.
 
Etica e politica debbono tornare a recuperare la loro funzione primaria, tenendo sempre ben presente che la questione del rapporto fra etica e politica non è diverso dal problema del rapporto fra la morale e tutte le altre attività dell’uomo. In fondo si tratta della vexata quaestio della distinzione fra ciò che è moralmente lecito e ciò che è moralmente illecito. Papa Francesco ha usato parole forti per richiamare i politici: «La complessità della vita politica italiana e internazionale necessita di fedeli laici e di statisti di alto spessore umano e cristiano per il servizio al bene comune».
 
E, dunque: coraggio! E’ urgente trovare uomini e donne generosi e pronti a vivere la politica come espressione massima della carità cui affidare le sorti del bene comune, impegnati a fare bene il bene.
 
 
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