Il silenzio su Dio

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La Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II – di cui stiamo celebrano i 50 anni dalla chiusura - afferma che "L'aspetto più sublime della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio. Se l'uomo esiste, infatti, è perché Dio lo ha creato per amore e, per amore, non cessa di dargli l'esistenza; e l'uomo non vive pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell'amore e se non si abbandona al suo Creatore. Molti nostri contemporanei, tuttavia, non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale legame con Dio”  (GS 19).

Sono molte le conclusioni che si potrebbero trarre da questo insegnamento conciliare. Oltre al fatto di invitarci a rimanere in un atteggiamento di ascolto al fine di rispondere alla chiamata costante del Signore, ci ricorda che la nostra esistenza è la più chiara manifestazione dell’amore incondizionato di Dio per ogni sua creatura. Pertanto, la più alta dignità dell'essere umano è quella di vivere in comunione con Dio e con i suoi insegnamenti.


Dio non cessa di attirare l'uomo a se stesso per comunicarle il suo amore, per offrire la sua salvezza e di indicare la strada della felicità. Tuttavia, notiamo che l’essere umano spesso preferisce vivere al margine di Dio, non ha alcun interesse ad ascoltare la Sua Parola e si comporta come se davvero etsi Deus non daretur - Come se Dio non esistesse. Questo disprezzo per le cose di Dio sarà sempre un ostacolo perché la persona creata a sua immagine e somiglianza possa trovare la verità e la felicità che cerca senza instancabilmente e che può trovare solo in Lui.

Se guardiamo alla situazione attuale possiamo vedere che tutto ciò che si muove nelle attuali circostanze sembra dimenticare l'esistenza di Dio. Senza conoscerne le ragioni, dobbiamo anche notare che nella convivenza sociale odierna non si parla di Dio. A volte sembra che questo silenzio su Dio sia un segno di progresso o di una condizione necessaria per stabilire rapporti di coesistenza sociale in pace e libertà.
A volte, si può notare con una certa perplessità che alcuni cattolici hanno paura di confessare pubblicamente le loro convinzioni religiose per evitare di essere etichettati come "antiquati" o "superati". Questa paura di mostrare con naturalezza e spontaneità le proprie credenze dimostra una profonda insicurezza religiosa in coloro che nascondono la propria fede religiosa e può causare dubbi in molti cristiani dalla fede semplice.

Di fronte alla constatazione di questa realtà, tutti noi dovremmo chiederci: Riteniamo di essere più moderni creando una cortina di silenzio attorno a Dio? Facendo  ameno di Dio nella vita di ogni giorno, riteniamo di poterci appropriare di un mondo che appartiene solo a lui? Siamo forse caduti nell'errore di pensare che le convinzioni religiose dovrebbero essere relegate nella sfera privata e, pertanto, non debbano essere testimoniate pubblicamente?

Se non si vuole giungere all’obnubilazione della coscienza, a una degradazione della libertà e a un relativismo nei comportamenti sociali, abbiamo bisogno di superare la paura di nominare Dio e di metterlo a fondamento della vita e delle decisioni personali. Ci ricorda S. Agostino, anche pretendendo di negare l'esistenza di Dio, il nostro cuore è inquieto finché non riposerà in Lui; perché siamo stati fatti da Lui e per Lui.