Il segno della croce

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Qualche giorno fa, camminando per le vie di Roma, sono rimasto piacevolmente sorpreso nel vedere due giovani farsi il segno della croce passando davanti alla bellissima chiesa di Santa Maria in Vallicella, la chiesa di San Filippo Neri. 

 

Ricordo che da bambino la mamma ci faceva fare il segno della croce appena alzati e altrettanto ce lo ricordava prima di addormentarci guidando la preghiera della sera. C’era sempre il “Ti adoro mio Dio, ti amo con tutto il cuore”… e finiva con l’affidamento alla Madonna: “O Madre, dolce e cara, ascolta chi chiama … e tanto confida in te”. 

 

Il nostro, di figli, era un modo semicosciente di pregare Dio nella fede della mamma per ringraziarlo la mattina per il risveglio donato, per pregarlo che non ci accadesse nulla durante la giornata, ed esprimere la nostra riconoscenza per la giornata trascorsa.

 

Osservando i due giovani che si erano segnati passando davanti alla Chiesa Nuova (si chiama anche così Santa Maria in Vallicella dopo il rifacimento del secolo XVI), mi è venuto spontaneo pensare agli atleti che si fanno il segno della croce all'inizio di una gara o di una partita e, quando vincono, spesso alzano gli occhi al cielo con gratitudine quasi scaramantica. 

 

Nel Sud America queste usanze sono ancora in vigore. Un amico sacerdote mi mi confidò, con tanta narturalezza, che prima di uscire di casa al mattino ha sempre chiesto la benedizione alla sua mamma, la quale tracciando un segno di croce con il pollice sulla fronte del figlio, sussurrava: “Que Dios te bendiga!”.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica annota: «Il segno della croce esprime il sigillo di Cristo su colui che sta per appartenergli e significa la grazia della redenzione che Cristo ci ha acquistata per mezzo della sua croce» (1235).  Se ricordassimo sempre che quando facciamo il segno della croce esprimiamo il Credo in versione ridotta, professando di credere nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo! 

In origine si tracciava proprio una piccola croce, fatta con il pollice della mano sulla fronte. Verso il X secolo nella liturgia venne introdotto il “grande segno della croce” che si traccia portando la mano destra alla fronte, poi al petto e infine alle spalle. Il gesto viene spesso accompagnato da una formula di preghiera: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen».

L’apologeta cristiano Tertulliano scrisse che “noi cristiani abbiamo il segno della croce impresso sulla fronte”. E ha aggiunto: “Se ci mettiamo in cammino, se usciamo o entriamo, se ci vestiamo, se ci laviamo o andiamo a mensa, a letto, se ci poniamo a sedere, in queste e in tutte le nostre azioni ci segniamo la fronte col segno di croce”.

San Cirillo di Gerusalemme, vissuto nel IV secolo, ha osservato nella sua Catechesi: Non vergogniamoci, dunque, della croce di Cristo ma se ci segniamo la fronte apertamente, i demoni verranno scacciati tremando davanti a questo segno regale. Facciamo, dunque, questo segno quando mangiamo e beviamo, quando ci sediamo e riposiamo”.


Segnandoci noi riveliamo “chi siamo”. Occorre dire che nel segno della Croce c’è la sintesi di tutta la nostra fede. Non solo: dal modo con cui facciamo il segno della Croce, noi esprimiamo la qualità della nostra fede.

Ma tornando ai due giovani della Chiesa Nuova e pensando agli sportivi, mi sono detto: non so se siano praticanti, ma sono sicuro che in quei momenti pensano a Dio. È possibile che altre volte nella loro vita non se ne ricordino, ma con questi atti offrono una testimonianza della loro “piccola” fede.

Sull’onda di questi ricordi e delle riflessioni teologioche, il mio pensiero è andato ai tanti, troppi bambini e fanciulli defraudati del consolante gesto del segno di croce e di una piccola preghiera, in quanto troppi genitori vivono la loro vita come se Dio non esistesse, poiché da tempo hanno abdicato alla loro fede.

Eppure fare insieme il segno della croce al mattino e alla sera non è così difficile come imparare una lingua straniera, andare in palestra per recuperare il peso forma, o essere impegnati nel lavoro quotidiano.

Ma ho concluso, forse un po’ pessimisticamente (!) che è più facile ricordare i molteplici appuntamenti e impegni di una giornata stressante che essere etichettati da altre persone come uomini e donne di fede. Meglio negare, o quanto meno celare, o addirittura sconfessare il nostro status di battezzati.

Mi sono venuti in mente i tre rinnegamenti di Pietro e la profezia di Gesù quando gli disse:
«Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte» (Mt 26,34).

Stiamo, forse, vivendo una apostasia silenziosa, ma insesorabile?
Stiamo forse rinnegando il Dio incarnato solo per amore?
 

 


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