Il Natale pagano di una società secolarizzata

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Si sono accese nelle nostre città e nei nostri paesi le luminarie che annunciano il Natale. Nella tradizione religiosa, e non solo, le luci che brillavano sull’albero di natale e successivamente rallegravano le vie dei nostri paesi e delle città indicavano che Cristo, luce del mondo veniva a illuminare il mondo e sconfiggere le tenebre.
 
Ora,  le luminarie abbelliscono gli spazi pubblici richiamando le persone a entrare nei centri commerciali. Alberi di natale e i Babbi natale vengono piazzati nelle grandi catene commerciali e vincono sul Bambinello, sulla Madonna e su san Giuseppe, perché più adatti a innescare la corsa agli acquisti commerciali. L’economia ha inglobato ogni forma di espressione umana, e i giorni che precedono il Natale si trasformano in orge di bancomat e scontrini.
 
Oggi il Natale è un grande affare commerciale; c'è più scintillio, ma si è svuotato del significato religioso e spirituale che aveva nel passato quando, forse, c’erano meno luci e meno regali, ma a illuminarsi erano i volti dei bimbi e degli adulti davanti alla grotta del Salvatore che faceva bella mostra di sé nei nostri "artigianali" presepi di casa.
 
Dobbiamo ammettere con obiettivo realismo che stiamo vivendo in una società sempre più secolare che vive "etsi Deus non daretur" (come sei Dio non esistesse), nella quale anche il mistero della Natività è praticamente ignorato e ha ceduto il passo a un Natale pagano.
Da anni si registra la decadenza del Natale di Gesù Bambino che è diventata la festa in cui si esaltano i sentimenti, si fanno dei regali, ma ciò che manca con sempre maggior evidenza è la festa nella memoria della prima venuta di quel Dio Bambino di cui i Vangeli ci raccontano.
 
Anche le famiglie cristiane, o che tali dicono di essere, hanno trasformato il Natale di Gesù in una corsa ai regali, alle cene, ai cenoni, al divertimento.
La domenica prima del Natale 2017 il Santo Padre Francesco ha dichiarato all’Angelus: Se togliamo Gesù, che cosa rimane del Natale? Una festa vuota”.  
Questo lo sa molto bene anche chi va alla messa nella notte del 25 dicembre, e lo fa per quieto vivere, perché così fanno gli altri, per abitudine. La sistematica estirpazione del sacro dall’esistenza quotidiana non fà percepire più il divino, che viene sostituito da riti di massa, che non sono morti solo perché una parvenza di tradizione spirituale serve ad appagare il bisogno innato di trascendenza, anche se dura solo lo spazio di una notte.
 
Ogni anno il Natale si trasforma in una festa di luci, di regali e di chiasso sempre più estesa. Ma il Bambino Gesù, il Salvatore del mondo diventa sempre più piccolo e quasi scompare.
È una storia vecchia di duemila anni: anche il primo Natale avvenne così. In mezzo al chiasso e alla confusione di Betlemme nessuno si è preoccupato di accogliere il Bambino Gesù se non alcuni pastori; povera gente estranea alla vita convulsa della città e dedita al lavoro e alla vigilanza delle loro greggi.
 
Auguriamoci scambievolmente che quest’anno siano molti i disposti ad accogliere l’annuncio dell’angelo che è risonato in quella notte di 2000 anni fa: “Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutti: oggi vi è nato un Salvatore che è Cristo Signore”.

 

 

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