Giovanni Paolo II
un pensiero per ogni giorno di settembre

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1 settembre
 
 
Il "giorno del Signore" è il giorno che manifesta l’amore di Dio per le sue creature. I profeti non temono di cantare questo rapporto di amore in termini sponsali (cfr Os 2,16– 24; Ger 2, 2 ecc.): da Creatore, Dio si è fatto "sposo" dell’umanità, e l’incarnazione del suo Figlio costituirà il vertice di questo mistico matrimonio.
Alla domenica il cristiano è invitato a riscoprire questo sguardo gioioso di Dio e a sentirsene come avvolto e protetto. La nostra vita, nell’era della tecnica, rischia di essere resa sempre più anonima e funzionale al processo produttivo. L'uomo diventa così incapace di godere delle bellezze del creato e, ancora più, di leggere in esse il riflesso del volto di Dio. I cristiani sostano ogni domenica non solo per un’esigenza di legittimo riposo, ma soprattutto per celebrare l’opera di Dio Creatore e Redentore. Da questa celebrazione sgorgano motivi di gioia e di speranza, che danno nuovo sapore alla vita di ogni giorno, e costituiscono un antidoto vitale alla noia, alla mancanza di senso, alla disperazione, da cui talvolta possono sentirsi tentati.
L’anima mia magnifica il Signore! Lodiamo il Signore con le parole della Vergine Santa, che la Chiesa considera la tota pulchra, la "tutta bella", la donna in cui si concentrano la bellezza della prima creazione e quella della nuova creazione. Ella ci faccia prendere coscienza dei doni di Dio e la domenica diventi sempre di più il giorno in cui i singoli e le famiglie, radunandosi per l’Eucaristia e vivendo un riposo ricco di gioia cristiana e di solidarietà, cantano la lode del Signore con gli stessi sentimenti del cuore di Maria.
[Angelus, 12 luglio 1998]
 
2 settembre
 
Fin dagli inizi del cristianesimo la domenica è stata considerata il giorno di Cristo in quanto legata alla memoria della sua risurrezione. Il Signore, infatti, è risorto il "primo giorno dopo il sabato" ed in questo stesso giorno le donne, andate di buon mattino, hanno trovato il sepolcro vuoto. Narra il vangelo che Gesù fu riconosciuto da Maria Maddalena; si accompagnò ai due discepoli nella strada di Emmaus; si manifestò agli undici riuniti insieme e riapparve loro la domenica seguente, vincendo i dubbi dell'incredulo Tommaso. Cinquanta giorni dopo, avvenne la Pentecoste, con la potente effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente.
In certo modo, la domenica è la continuazione di queste prime domeniche della storia cristiana: il giorno di Cristo risorto e del dono del suo Spirito.
Diversamente dai calendari civili, la liturgia considera la domenica non l'ultimo giorno della settimana, bensì il primo. In questo modo se ne sottolinea la dignità e si pone in evidenza che, con la risurrezione di Cristo, il tempo "riparte", fecondato dal germe dell'eternità, e si avvia al suo ultimo traguardo, che è la venuta gloriosa del Figlio di Dio, anticipata e prefigurata dalla sua vittoria sulla morte.
La domenica è così il giorno della fede per eccellenza, giorno nel quale i credenti, contemplando il volto del Risorto, sono chiamati a ripetergli con Tommaso: "Mio Signore e mio Dio" (Gv 20,28), e a rivivere nell'Eucaristia l'esperienza degli Apostoli, quando il Signore venne nel Cenacolo e fece loro dono del suo Spirito.
[Angelus, 26 luglio 1998]
 
3 settembre
 
L'assemblea eucaristica costituisce il cuore del giorno del Signore. Per vivere bene la domenica, il primo dovere è, pertanto, quello di partecipare alla Santa Messa. Si tratta di un obbligo grave, come ha ribadito il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2181), ma, prima ancora, è un'esigenza profonda, che un'anima cristiana non può non sentire. In ogni Eucaristia si rinnova il sacrificio compiuto una volta per sempre sul Golgota, e la Chiesa, unendo il suo sacrificio a quello del Signore, annuncia la sua morte e proclama la sua risurrezione in attesa della sua venuta. Se questo vale per la Santa Messa celebrata in qualunque giorno, ancor più è da sottolineare per quella domenicale, dato che la domenica è particolarmente connessa con la memoria della Risurrezione di Cristo. La domenica è il giorno in cui è convocata tutta la comunità; per questo è detta anche "dies Ecclesiae", il giorno della Chiesa.
In questo giorno l'assemblea cristiana ascolta la Parola di Dio proclamata con abbondanza e solennità; si realizza così, nella prima parte della Messa, un vero e proprio dialogo del Signore con il suo popolo. Nella partecipazione, poi, all'unica mensa, si approfondisce la comunione tra quanti sono adunati nello Spirito di Cristo. L'Eucaristia domenicale è così il luogo privilegiato in cui la Chiesa si manifesta come sacramento di unità, "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (Lumen gentium, 1). E' urgente che i discepoli del Signore offrano questa testimonianza di fraterna unità, in un mondo spesso frammentato, lacerato e segnato da focolai di divisione, di violenza e di guerra.
Maria Santissima, che era con gli apostoli in preghiera il giorno di Pentecoste, ottenga per le nostre assemblee eucaristiche il dono di mostrare efficacemente la presenza di Gesù risorto e del suo Spirito.
[Angelus, 9 agosto 1998]
 
4 settembre
 
La domenica, oltre ad essere giorno di distensione e di riposo, come comunemente viene avvertita, deve essere giorno di gioia e di solidarietà.
Giorno di gioia! Si può forse programmare la gioia? Non è questa un sentimento che dipende dalle circostanze liete o tristi della vita? In realtà, l'autentica gioia cristiana non si riduce a un sentimento aleatorio: il suo fondamento sta nell'amore che Dio ci ha manifestato nella morte e nella risurrezione del suo Figlio. Questa certezza ci offre un motivo profondo per vivere e per sperare. I santi attestano, con la loro esistenza, che si può sperimentare un'intima gioia persino in condizioni di sofferenza fisica e spirituale, quando si è consapevoli di essere avvolti dall'amore di Dio.
La domenica è il giorno propizio per aiutarci a riscoprire le radici profonde della gioia. D'altra parte, la gioia autentica non può restare un'esperienza solo individuale, ma ha bisogno di essere condivisa e partecipata. La domenica deve diventare per il credente, come per le famiglie cristiane, il giorno in cui si sperimenta una più forte comunione con il prossimo, andando incontro a coloro che, per un motivo o per un altro, si trovano in situazioni di disagio. In tal modo la domenica diventa giorno di condivisione. Invitare a pranzo una persona sola, offrire il necessario ad una famiglia bisognosa, visitare un ammalato o un carcerato, dedicare un po' di tempo a chi sta attraversando un momento difficile: ecco alcuni fra i tanti possibili gesti concreti per fare della domenica un giorno di solidale fraternità.
Vissuto così, il giorno del Signore, oltre ad essere valorizzato appieno, si manifesta anche come il "dies hominis", giorno dell'uomo, perché fa crescere la nostra umanità.
[Angelus, 16 agosto 1988]
 
5 settembre
 
La domenica è il giorno che rivela il senso del tempo.
Ognuno di noi è costretto ogni giorno a constatare come scorra veloce il tempo della sua vita. E se poi guardiamo ai grandi tempi della storia, come non interrogarci sul nostro futuro, su che cosa ci attenda, sul traguardo a cui tendiamo?
A queste domande il cristianesimo risponde additando Cristo come il senso stesso della storia. Nel suo mistero divino-umano, infatti, egli sta alle origini del mondo ed è il fine della creazione. Come Redentore, è colui nel quale tutto è stato ricapitolato  per essere salvato e riconsegnato a Dio Padre.
Alla luce di questo mistero, la storia assume per i cristiani un senso positivo, nonostante le prove e i rischi talvolta mortali a cui la sottopone il peccato. Cristo è più forte del peccato e della morte! E la domenica, riconsegnando costantemente al tempo la memoria della sua risurrezione, è un'apertura di credito sul futuro, una certezza consolante, un rimando profetico al giorno in cui Cristo verrà nella gloria.
2. Per aiutarci a vivere il mistero di Cristo nel tempo, la liturgia si articola nelle varie fasi dell'anno liturgico. Oltre ai momenti fondamentali - Natale, Pasqua, Pentecoste - anche altre feste di grande rilievo vengono dalla Chiesa solennizzate come giorni di precetto, con l'obbligo di partecipare all'Eucaristia sul modello della domenica, che è giustamente considerata la "festa primordiale".
 [Angelus, 23 agosto 1998]
 
6 settembre
 
È urgente promuovere tra gli uomini del nostro tempo una cultura ed una politica della solidarietà, che comincino nell'intimo di ciascuno, nella capacità di lasciarsi interpellare da chi è nel bisogno. Certamente, di fronte alla complessità dei problemi, non basta l'impegno personale. Su alcuni problemi, come quello del debito internazionale dei Paesi poveri, occorre una risposta concertata da parte della Comunità delle Nazioni.
Tuttavia, solo se la cultura della solidarietà crescerà all'interno delle persone e delle famiglie, si potrà giungere in modo efficace a risolvere le grandi sfide dell'indigenza e dell'ingiustizia sociale. Come ho raccomandato nella Lettera Apostolica Dies Domini, la domenica deve essere giorno speciale di carità per essere vissuta fino in fondo quale giorno del Signore.
Ci aiuti la Vergine Santissima a crescere tutti nella dimensione della fraternità. Maria, invocata nelle Litanie lauretane come Consolatrice degli afflitti, si serve anche delle nostre braccia e del nostro cuore per far pervenire a chi è nel bisogno la sua consolazione e la sua materna sollecitudine.
[Angelus, 27 settembre 1998]    
 
7 settembre
 
Essere discepoli di Cristo è impegnativo ed esigente, come ricorda Gesù stesso nel brano evangelico dell'odierna domenica: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16, 24). Rinnegare se stessi ed accettare la croce significa morire al proprio orgoglio e fidarsi totalmente di Dio, vivendo come Cristo nella totale dedizione al Padre e ai fratelli.
All'insegnamento di Gesù fa eco San Paolo che, scrivendo ai cristiani di Roma, li esorta a non conformarsi alla mentalità del mondo, ma ad offrire piuttosto tutta la loro esistenza in sacrificio vivente, santo e gradito a Dio (cfr Rm 12,1-2). La sequela di Cristo comporta un itinerario segnato spesso da incomprensioni e sofferenze. Nessuno si faccia illusioni: oggi, come ieri, essere cristiani significa andare controcorrente rispetto alla mentalità di questo mondo, cercando non il proprio interesse e il plauso degli uomini, ma unicamente la volontà di Dio ed il vero bene del prossimo. Questa radicale fedeltà a Cristo la vediamo risplendere nel martirio di san Giovanni Battista. Il precursore di Cristo scelse la via della coerenza, dando piena testimonianza all'Agnello di Dio, del quale aveva preparato la strada. E pagò con la morte questo suo amore per la verità, privo di ogni compromesso.
[Angelus, 30 agosto 1999]
 
8 settembre
 
Cristo afferma: "Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11). Egli stesso, il Figlio di Dio fatto uomo, ha percorso con coerenza la via dell’umiltà, trascorrendo la maggior parte della sua esistenza terrena nel nascondimento di Nazaret, accanto alla Vergine Maria e a san Giuseppe, impegnato nel lavoro di carpentiere. Gesù ha realizzato l’esortazione dell’antico sapiente: "Figlio, nella tua attività sii modesto ... Quanto più sei grande, tanto più umiliati". In questo modo ha voluto dire agli uomini di ogni tempo che la superficialità e l’arrivismo, se anche ottengono un qualche successo immediato, non costruiscono però il vero bene dell’uomo e della società. Il Regno di Dio, infatti, è preparato efficacemente dalle persone che compiono in modo serio e onesto la propria attività, non aspirando a cose troppo alte, ma piegandosi, con fedeltà quotidiana, a quelle umili.
Per attuare il suo disegno universale di salvezza, Dio "ha guardato l’umiltà della sua serva" (Lc 1,48), la Vergine Santissima. Mentre ci avviamo a celebrare, tra qualche giorno, la festa della Natività di Maria, invochiamoLa fiduciosi, perché ogni attività, professionale o casalinga, possa svolgersi in un clima di autentica umanità, grazie all’umile e fattivo contributo di ciascuno.
[Angelus, 2 settembre 2001]
 
9 settembre
 
Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà" (Mt 18,19). Queste parole, accolte con fede, aprono il cuore alla fiducia. Iddio è padre misericordioso, che ascolta l’invocazione dei suoi figli di adozione. Quando i credenti pregano, fanno breccia nel cuore di Dio, al quale nulla è impossibile. Occorre per questo, che essi si distinguano nell’arte della preghiera, così che tutte le comunità cristiane diventino "autentiche scuole di preghiera. Assistiamo purtroppo non raramente a vicende ed eventi drammatici, che seminano nell’opinione pubblica smarrimento ed angoscia. L’uomo moderno appare sicuro di sé, eppure, specialmente in occasioni cruciali, deve fare i conti con la sua impotenza: sperimenta l’incapacità ad intervenire e, di conseguenza, vive nell’incertezza e nella paura. E’ nella preghiera fatta con fede che sta il segreto per affrontare, non solo nelle emergenze, ma giorno dopo giorno, le fatiche e i problemi personali e sociali. Chi prega non si scoraggia neppure davanti alle difficoltà più gravi, perché sente Dio accanto e trova rifugio, serenità e pace fra le sue braccia paterne. Aprendosi poi con fiducia a Dio, ci si apre con maggiore generosità al prossimo; si diventa capaci di costruire la storia secondo il progetto divino. L’educazione alla preghiera diventi un punto qualificante di ogni programmazione pastorale. E’ molto importante pregare ogni giorno, personalmente e in famiglia. Pregare, e pregare insieme, sia il respiro quotidiano delle famiglie, delle parrocchie e di ogni comunità.
[Angelus, 8 settembre 2002]
 
10 settembre
 
L’Europa è il continente che, nei due trascorsi millenni, più di ogni altro è stato segnato dal cristianesimo. Dalle sue terre - nelle abbazie, nelle cattedrali, nelle chiese - si è levata incessante la lode a Cristo, Signore del tempo e della storia. Il Battesimo e gli altri Sacramenti hanno consacrato le stagioni della vita di innumerevoli credenti. L’Eucaristia, specialmente nel Giorno del Signore, ha nutrito la loro fede ed il loro amore; la Liturgia delle Ore e molte forme popolari di preghiera ne hanno scandito il ritmo giornaliero. Anche se tutto ciò non è venuto meno in questo nostro tempo, è però indispensabile un rinnovato impegno di fronte alle sfide della secolarizzazione, perché l’intera esistenza dei credenti sia un vero culto spirituale gradito a Dio.
Particolare attenzione va riservata alla salvaguardia del valore della Domenica, Dies Domini. Questo giorno è simbolo per eccellenza di ciò che il cristianesimo ha rappresentato e rappresenta per l’Europa e per il mondo: la perenne proclamazione della buona notizia della risurrezione di Gesù, la celebrazione della sua vittoria sul peccato e sulla morte, l’impegno per la piena liberazione dell’uomo. Custodendo il senso cristiano della Domenica, si offre all’Europa un contributo notevole per la tutela di una parte essenziale del proprio patrimonio spirituale e culturale.
La Vergine Santa, alla quale sono dedicate tante chiese e cappelle nelle varie contrade d’Europa, faccia sentire la sua protezione su tutte le popolazioni del Continente.
[Angelus, 3 agosto 2003]
 
11 settembre
 
Servire il Vangelo della speranza: è questa la missione della Chiesa.. Questa missione la Chiesa svolge, accompagnando l’annuncio della speranza con iniziative concrete di carità. E’ quanto è avvenuto nel corso dei secoli: il compito dell’evangelizzazione è stato confortato da un’efficace azione di promozione umana. Ponendosi al servizio della carità, la Chiesa ha alimentato ed alimenta la cultura della solidarietà, cooperando a ridare vita ai valori universali dell’umana convivenza. Occorre anche oggi "ridare speranza ai poveri", perché accogliendoli e servendoli è Cristo stesso che si accoglie e si serve. Le sfide che in questo ambito interpellano i credenti … sono  molte. Povere sono oggi tante categorie di persone, tra le quali i disoccupati, i malati, gli anziani soli o abbandonati, i senza tetto, i giovani emarginati, gli immigrati e i profughi.
Servizio di amore è inoltre riproporre con fedeltà la verità del matrimonio e della famiglia, ed educare i giovani, i fidanzati e le famiglie stesse a vivere e diffondere il "Vangelo della vita", lottando contro la "cultura della morte". Solo grazie all’apporto di tutti è possibile costruire nel mondo una "città degna dell’uomo" e un ordine internazionale più giusto e solidale.
Maria, Madre della speranza .. aiuti la Chiesa ad essere testimone di quella carità operosa che rappresenta la sintesi felice di un autentico servizio al Vangelo della speranza.
[Angelus, 10 agosto 2003]
 
12 settembre
 
Ecco - dice il Signore -, io faccio nuove tutte le cose" (Ap. 21,5). Nell’Apocalisse risuona con vigore il Vangelo della speranza, che spinge ad accogliere la "novità di Dio", dono escatologico che va oltre ogni umana possibilità, e che solo Lui può operare. Questa "novità" avrà realizzazione piena alla fine dei tempi, ma è già presente nella storia. Sin d’ora, infatti, attraverso la Chiesa, Iddio sta rinnovando e trasformando il mondo, e i riflessi della sua azione sono percepibili anche in ogni forma di umana convivenza animata dal Vangelo". Il continente europeo, che da due millenni ascolta il Vangelo del regno inaugurato da Gesù, non può non lasciarsi interpellare da questa "novità". La fede cristiana gli ha dato forma, e alcuni suoi valori fondamentali hanno in seguito ispirato "l’ideale democratico e i diritti umani" della modernità europea. Oltre che un luogo geografico, l’Europa è un concetto prevalentemente culturale e storico, caratterizzatosi come Continente grazie pure alla forza unificante del cristianesimo, che ha saputo integrare tra loro diversi popoli e culture .
Non si può negare che, in questi nostri tempi, l’Europa attraversi una crisi di valori, ed è importante che recuperi la sua vera identità. Il processo di allargamento dell’Unione Europea ad altri Paesi non può riguardare unicamente aspetti geografici ed economici, ma deve tradursi in una rinnovata concordia di valori da esprimere nel diritto e nella vita. Preghiamo la Vergine Santa, venerata in tanti santuari europei, perché aiuti il Continente ad essere sempre consapevole della propria vocazione spirituale e contribuisca a costruire la solidarietà e la pace dentro i suoi confini e nel mondo intero.
[Angelus, 17 agosto 2003]
 
13 settembre
 
“La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”(Eb 11,1).
Con queste parole ci parla l’autore della lettera agli Ebrei. La fede, che fa passare l’uomo dal mondo delle cose visibili alla realtà invisibile di Dio e alla vita eterna, rassomiglia a quel cammino, al quale fu chiamato da Dio Abramo - qualificato perciò come padre di tutti coloro che credono. In seguito leggiamo nella lettera agli Ebrei: “Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa...” (Eb 11,8-9). Sì, è così. La fede è il pellegrinaggio spirituale in cui l’uomo s’incammina, seguendo la parola del Dio vivente, per arrivare alla terra della pace promessa e della felicità, all’unione con Dio “faccia a faccia”; a quella unione che riempirà, nel cuore umano, la fame e la sete più profonda: la fame della verità e la sete dell’amore. Perciò, come ascoltiamo in seguito nella liturgia dell’odierna domenica, l’atteggiamento di spirito, che si addice al credente, è l’atteggiamento di vigilanza: “Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate” (Lc 12,40). Una simile vigilanza è anche l’espressione dell’aspirazione spirituale a Dio mediante la fede.
[Angelus, 10 agosto 1980]
 
14 settembre
 
Il Cristianesimo ha nella Croce il suo simbolo principale. Dovunque il Vangelo ha posto radici, la Croce sta ad indicare la presenza dei cristiani. Nelle chiese e nelle case, negli ospedali, nelle scuole, nei cimiteri la Croce è diventata il segno per eccellenza di una cultura che attinge dal messaggio di Cristo verità e libertà, fiducia e speranza. Nel processo di secolarizzazione, che contraddistingue gran parte del mondo contemporaneo, è quanto mai importante che i credenti fissino lo sguardo su questo segno centrale della Rivelazione e ne colgano il significato originario e autentico.
Anche oggi, alla scuola degli antichi Padri, la Chiesa presenta al mondo la Croce quale "albero della vita", dal quale si può cogliere il senso ultimo e pieno di ogni singola esistenza e dell’intera storia umana.
Da quando Gesù ne ha fatto lo strumento della salvezza universale, la Croce non è più sinonimo di maledizione ma, al contrario, di benedizione. All’uomo tormentato dal dubbio e dal peccato, essa rivela che "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). In una parola, la Croce è il supremo simbolo dell’amore.
[Angelus 15 settembre 2002]
 
15 settembre
 
"Stabat Mater dolorosa...", "La Madre addolorata stava in piedi, piangendo presso la Croce, da cui pendeva il Figlio". Oggi, 15 settembre, nel calendario liturgico ricorre la memoria dei dolori della Beata Vergine Maria. Essa è preceduta dalla festa dell'Esaltazione della Santa Croce, che abbiamo celebrato ieri. Quale sconvolgente mistero è la Croce! Dopo aver a lungo meditato su di esso, San Paolo così scriveva ai cristiani della Galazia: "Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo" (Gal 6,14). Anche la Vergine Santissima avrebbe potuto ripetere - e con maggior verità! - queste stesse parole. Contemplando sul Calvario il Figlio morente, Ella aveva infatti capito che il "vanto" della sua maternità divina raggiungeva in quel momento il suo culmine partecipando direttamente all'opera della Redenzione. Aveva inoltre capito che ormai il dolore umano, fatto proprio dal Figlio crocifisso, acquistava un valore inestimabile. Oggi, dunque, la Vergine Addolorata, ritta accanto alla Croce, con la muta eloquenza dell'esempio ci parla del significato della sofferenza nel piano divino della Redenzione. Intimamente arricchita da questa ineffabile esperienza, Ella s'accosta a chi soffre, lo prende per mano, lo invita a salire con Lei sul Calvario e a sostare davanti al Crocifisso. In quel corpo martoriato c'è l'unica risposta convincente agli interrogativi che salgono imperiosi dal cuore. Chiediamo alla Madonna Addolorata di alimentare in noi la fermezza della fede e l'ardore della carità, per saper portare con coraggio la nostra croce quotidiana e così partecipare efficacemente all'opera della Redenzione.
"Fac ut ardeat cor meum...", "Fa' che arda il mio cuore nell'amare il Cristo Dio, per essergli gradito!".
[Angelus 15 settembre 1991]

16 settembre
 
Essere cristiano vuol dire tenere fisso lo sguardo su Cristo come sulla guida nella fede. Egli ha iniziato a condurci su questa strada della fede, quando è divenuto uomo, e ci conduce su di essa mediante la sapienza e la semplicità, sempre vive, della parola del suo Vangelo, intrecciato col mistero pasquale della sua morte e risurrezione.
Questa mirabile guida permane per sempre, vivificando i cuori umani nella potenza dello Spirito Santo, e facendo di essi una comunità dell’unico Popolo di Dio, che, in tutta la terra, da oriente fino a occidente, non cessa di aspirare al compimento dei misteri e delle promesse della fede. Ecco, il Cristo delle nostre anime! il Cristo della Chiesa! il Cristo della storia dell’umanità!
Ed ecco Maria-Vergine, Maria-Madre di Cristo, di cui l’evangelista dice che “serbava nel suo cuore tutte queste cose”... (Lc 2,51) e anche tutte le vicende di cui furono composti gli anni della vita del suo Figlio, in particolare quelli trascorsi nel nascondimento a Nazaret. Lei, testimone particolare del Verbo incarnato! Lei, che come ogni madre, è memoria viva e vivificante del suo Figlio! Lei permane nella Chiesa ed è presente in essa in modo materno, come l’ha espresso l’ultimo Concilio, e continua a serbare, incessantemente, nel suo cuore tutto ciò che vive la Chiesa, corpo mistico del suo Figlio, e che, in essa, vive tutta la famiglia umana e, nello stesso tempo, ogni uomo, redento da Cristo.
[Angelus, 17 agosto 1980]
 
17 settembre
 
“Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero” (Sal 145,18). La preghiera opera proprio questo: avvicina noi a Dio ed avvicina Dio a noi. E questo insegna a noi tutti, in modo semplice e al tempo stesso perfetto, Maria di Nazaret. Quando ci riuniamo per l’“Angelus Domini” allora non tanto pronunciamo le parole di questa preghiera, quanto facciamo rivivere nella memoria e nel cuore quelle stesse parole, con le quali Lei, la Vergine, ha parlato con Dio in quel momento ineffabile, quando, dalla bocca di Gabriele, essa apprese della sua vocazione ad esser Madre del Verbo Eterno.
Dio non fu mai così vicino all’uomo – e l’uomo mai così vicino a Dio – come proprio in quel momento: nell’istante del mistero della Incarnazione!
Recitando l’Angelus impariamo dunque da Maria la vicinanza di Dio. Impariamo che Egli “è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero”.
E preghiamo che questa vicinanza di Dio non ci abbandoni mai e in nessun luogo: sia nei giorni festivi, sia anche nella vita quotidiana; sia presso il lavoro, sia anche durante il riposo; sia nella gioia, sia anche nella sofferenza o nella malattia.
[Angelus, 2 agosto 1981]
 
18 settembre
 
Che cosa è il lavoro umano?
A questo interrogativo non si può dare che una risposta articolata. Esso è innanzitutto una prerogativa dell’uomo-persona, un fattore di compiutezza umana, che appunto aiuta l’uomo ad essere più uomo. Senza il lavoro egli non solo non può alimentarsi ma neppure autorealizzarsi, ossia raggiungere la sua vera dimensione. In secondo luogo, e di conseguenza, il lavoro è una necessità, un dovere, che dona all’essere umano vita, serenità, impegno, significato. L’apostolo Paolo, ricordiamolo, ammonisce severamente: “Chi non vuole lavorare non mangi” (2Ts 3,10). Quindi ciascuno è chiamato a svolgere un’attività, a qualunque livello essa si collochi, mentre vengono condannati l’ozio e lo sfruttamento. Inoltre, il lavoro è un diritto, è il grande e fondamentale diritto dell’uomo. In quanto tale, esso deve essere promosso e salvaguardato dalla società anche nell’eventuale conflitto con altri diritti. A queste condizioni, il lavoro diventa anche un servizio, così che l’uomo cresce nella misura in cui dona se stesso per gli altri. E da questa armonia trae vantaggio non solo l’individuo, ma anche la società stessa.
[Angelus, 20 settembre 1981]
 
19 settembre
 
Che cosa è il lavoro?
Esso è collaborazione con Dio nel perfezionamento della natura, secondo il precetto biblico di soggiogare la terra. Il Creatore volle l’uomo esploratore, conquistatore, dominatore della terra e dei mari, dei loro tesori, delle loro energie, dei loro segreti, così che l’uomo riacquista la sua vera grandezza di “partner di Dio”. Per questo il lavoro è nobile e sacro: è il titolo della sovranità umana sul creato. Il lavoro inoltre è mezzo di unione e di solidarietà, che rende fratelli gli uomini, li educa alla cooperazione, li fortifica nella concordia, li stimola alla conquista delle cose, ma soprattutto della speranza, della libertà, dell’amore. Mediante le divisioni funzionali della produzione il lavoro può creare un tessuto di collaborazione cosciente e compatto, e rende la società più armonicamente operante verso il traguardo di un ordine giusto per tutti. Per tutto questo la Chiesa lo incoraggia e lo benedice.
La domanda sulla natura del lavoro ce la poniamo in relazione al 90° anniversario dell’enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII. Ognuno di noi è uno di quelli che sentono la chiamata del Padre: “Va’ oggi a lavorare nella vigna” (Mt 21,28). La parabola evangelica insegna che nel lavoro e contenuta una risposta, che l’uomo dà a Dio con tutta la sua vita e il suo comportamento. Il lavoro ha il suo senso non solo nella costruzione della “città terrestre”, ma anche nella costruzione del regno di Dio.
[Angelus, 27 settembre 1981]
 
20 settembre
 
Il tema del lavoro umano è tema perenne, antico come l’uomo, antico come la Rivelazione divina nella storia dell’uomo. Oggi occorre rivolgere la nostra attenzione a quel particolare legame che esiste tra il lavoro umano e la vita della famiglia.
In realtà, fin dalle origini l’uomo è ricorso al lavoro per dominare la terra e per garantire la sussistenza propria e della famiglia. Le due finalità sono autenticamente umane, ma la seconda racchiude un contenuto evangelico particolare.
La famiglia trova nel lavoro il sostegno al suo sviluppo ed alla sua unione, il fattore centrale che ne condiziona la vita, la qualifica, le dà il suo ritmo e costituisce un elemento di coesione e di stabilità.
Il lavoro, pertanto, appartiene all’ambito di ciò che l’uomo ama, di ciò per cui vive, cioè appartiene all’ambito dell’amore….. Il lavoro dunque non può disgregare la famiglia, ma deve invece unirla, aiutarla a rafforzarsi. A causa del lavoro la famiglia non diventi un superficiale incontro di esseri umani, un albergo di transizione solo per i pasti e il riposo! Perciò, infine, è indispensabile che “i diritti della famiglia (siano) profondamente iscritti nelle basi stesse di ogni codice del lavoro, che ha per soggetto proprio l’uomo e non solo la produzione e il profitto”.
[Angelus 25 ottobre 1981]
21 settembre
 
Quando fu condotto a Gesù un sordomuto, egli “guardando... verso il cielo, emise un sospiro e disse – "Effathà" cioè: "Apriti!". E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente” (Mc 7,34-35).
L’avvenimento, pieno di una profonda eloquenza, è entrato nella liturgia del Battesimo. Il sacerdote, infatti, tocca le labbra e gli orecchi del battezzando, mentre prega che egli possa presto ascoltare ed annunziare la parola del Signore.
 “Effathà”: l’ordine fu diretto, allora, ad un sordomuto, affinché si aprissero i suoi sensi e incominciassero a funzionare in modo normale. "Effathà”, lo stesso ordine è diretto, ora, all’uomo interiore, perché si apra ai divini Misteri, mediante la luce della fede, mediante l’amore, la speranza. Perché viva, sempre più intensamente, la vita divina innestata nella sua anima mediante il Battesimo.
Tutta la vita del cristiano è, in un certo senso, una graduale e costante collaborazione con quel misterioso inizio della vita divina, ricevuta mediante il Battesimo. Preghiamo quindi per tutti i battezzati perché la grazia di questo Sacramento non sia da essi accolta invano, ma porti costantemente frutti abbondanti.
[Angelus, 5 settembre 1982]
 
22 settembre
 
“Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti” (Mc 9,35).
Tali parole sono state pronunziate dal Signore Gesù agli Apostoli. Rivolgiamo una particolare attenzione alle parole di Maria: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che ha detto” (Lc 1,38). La serva del Signore. Così ha chiamato se stessa la Vergine di Nazaret nel momento dell’Annunciazione. Ecco, per opera dello Spirito Santo è diventata la Madre di Dio-Figlio. Questa fu la suprema elevazione che l’uomo poteva ottenere. E, proprio dinanzi a una tale elevazione, Maria chiama se stessa la Serva; Serva del Signore! Quanto profondamente s’incide il suo servizio nel mistero stesso dell’elevazione mediante la Maternità Divina!
Quanto è fedele, sin dall’inizio, la Madre al Figlio che un giorno dirà agli Apostoli: “se uno vuol essere il primo, sia... il servo di tutti”!
Il popolo cristiano ha amato, da generazioni, la preghiera dell’Angelus, alla quale le campane delle Chiese ci invitano tutti i giorni al mattino, a mezzogiorno e alla sera.
Mediante questa preghiera la Madre di Dio è particolarmente in mezzo a noi in modo spirituale. Accetta l’annunzio di Gabriele e vi risponde con la parola della più profonda fede: “E beata colei che ha creduto” (Lc 1,45)! In questa insolita preghiera, Maria è presente come la Serva del Signore: eletta al supremo servizio della salvezza. Infatti la salvezza, secondo l’eterno piano dell’Amore, doveva compiersi mediante l’Incarnazione del Figlio. La Serva dal Signore, che noi circondiamo nella preghiera dell’Angelus, desidera servire costantemente tutti. E serve, avvicinando i frutti dell’eterna salvezza a tutti i cuori. La ringraziamo per questo. Ringraziamo continuamente.
[Angelus 19 settembre 1982]
 
23 settembre
 
Oggi ricorre la nascita al cielo di Padre Pio. Col suo insegnamento ed il suo esempio, ci invita alla preghiera, al ricorso alla misericordia divina mediante il sacramento della Penitenza e all'amore del prossimo. Egli ci invita, in particolare, ad amare e venerare la Vergine Maria. La sua devozione alla Madonna traspare in ogni manifestazione della sua vita: nelle parole e negli scritti, negli insegnamenti e nei consigli che dispensava ai numerosi suoi figli spirituali. Autentico figlio di Francesco d'Assisi, dal quale aveva appreso a rivolgersi a Maria con splendide espressioni di lode e di amore (cfr Saluto alla Vergine, in: Fonti Francescane, 59), San Pio da pietralcina non si stancava di inculcare nei fedeli una devozione alla Madonna tenera, profonda e radicata nella genuina tradizione della Chiesa. Nel segreto del confessionale, come nella predicazione, tornava sempre ad esortare: amate la Madonna! Alla conclusione della vicenda terrena, nel momento di manifestare le sue ultime volontà, egli volse il suo pensiero, come aveva fatto per tutta la vita, a Maria Santissima: "Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario". Padre Pio, figlio amantissimo della "Regina del cielo", interceda per noi e per tutti, perché dal cuore degli uomini sgorghino sentimenti di perdono, di riconciliazione e di pace.
[cfr. Angelus, 2 maggio 1999]
 
24 settembre
 
“Cristo ha amato la Chiesa” (Ef 5,25).
Dalla Parola di Dio desideriamo attingere la luce, e mediante la preghiera unirci a Colui che è la Sorgente della verità e della vita delle nostre anime. “Cristo ha amato la Chiesa – ricorda l’odierna liturgia, attingendo alla lettera agli Efesini –, ha amato, e ha dato se stesso per lei, per renderla santa... al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa” (Ef 5,25-27). 2. Recitando l’Angelus meditiamo sul primo e decisivo momento di quell’amore di Cristo verso la Chiesa: cioè verso tutti gli uomini abbracciati dalla potenza del suo mistero salvifico. È per quest’amore che il Verbo si è fatto Uomo. “E il Verbo si è fatto carne”, come meditiamo nella nostra preghiera. Pertanto, meditiamo in essa sull’amore di Cristo, del Verbo Incarnato, verso la Chiesa in ogni uomo. Meditiamo sull’amore di Cristo verso ogni uomo, che in qualsiasi modo viene abbracciato dal mistero della Chiesa. Così ci insegna l’ultimo concilio nella costituzione Lumen Gentium.
Perciò, pregando, chiediamo che in ogni uomo si risvegli la coscienza di essere amato da Cristo Crocifisso e Risorto. Che si risvegli in ciascuno la speranza dell’eterna salvezza in Dio.
E noi, qui presenti, quanto dobbiamo ringraziare nostro Signore di averci amati nella Chiesa e di aver dato se stesso per noi!
[Angelus, 22 agosto 1982]
 
25 settembre
 
La "Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo" ha profonde radici nel Concilio Vaticano II che ha presentato i fedeli laici come membri attivi e responsabili della Chiesa, investiti della sua missione di salvezza. Lo ha fatto sia sul piano dottrinale come su quello pastorale, nel contesto della "ecclesiologia di comunione" che pervade tutti i suoi testi, cosi che in ognuno di essi è presente il ruolo del laicato. In tal modo ha dato una impostazione nuova, eminentemente positiva, alla funzione dei laici nel tessuto del "popolo di Dio" e del "corpo mistico di Cristo"; ha aperto larghe prospettive ai loro peculiari carismi e alla loro creatività.
Dal denso patrimonio conciliare è sbocciata una fioritura di notevole ricchezza ed efficacia. La partecipazione dei fedeli laici alla vitalità ecclesiale si è sensibilmente ampliata e intensificata. Di immediata evidenza nelle celebrazioni liturgiche, essa si estende ad altri settori, come la catechesi e le varie forme di apostolato, e più specificamente nel ministero di salvezza integrale che la Chiesa offre con animo solidale all'uomo del nostro tempo. Uno dei fenomeni positivi più comunemente avvertito è lo sviluppo dell'associazionismo sia nel mondo degli adulti che fra la gioventù. La consapevolezza che anche i fedeli laici sono costituzionalmente Chiesa, si è radicata più a fondo e più estesamente anche nelle altre componenti del "popolo di Dio", soprattutto nella gerarchia, alla quale il Concilio ha assegnato come obbligo impellente di promuovere sinceramente il concreto riconoscimento della dignità dei laici.
 [Angelus, 8 febbraio 1987]
 
26 settembre
 
L'applicazione delle direttive del Concilio circa il laicato cattolico ha reso più incisiva la presenza ecclesiale nel nostro tempo. Ma accanto alle luci non sono mancate le ombre. Un esame obiettivo della situazione nel suo insieme attesta che le difficoltà maggiori e certe polarizzazioni riguardanti sia la dottrina che l'applicazione dei documenti conciliari sono derivate da visioni parziali, da interpretazioni frammentarie ed equivoche, spesso contrarie allo spirito del Concilio e disattente alle precisazioni che il magistero ecclesiale è andato puntualmente offrendo. La conseguenza è stata che, insieme con intuizioni e proposte interessanti e valide, sono emerse anche interpretazioni discutibili, che hanno creato confusione circa l'autentica natura della vocazione laicale. Sono stati accentuati alcuni aspetti a danno di altri: ciò ha ingenerato estremismi di segno opposto, o situando la funzione laicale esclusivamente all'interno delle strutture gerarchiche o disancorando l'impegno culturale-sociale del laico dalla fede religiosa, e finendo cosi per mortificare la vitalità dell'intero organismo della Chiesa. I fermenti positivi, tuttavia, prevalgono ampiamente sulle spinte negative. Maria santissima, che invochiamo col dolce titolo di "Aiuto dei cristiani", sia a tutti di sostegno nell'urgente compito.
[Angelus, 15 febbraio  1987]
 
27 settembre
 
Chi sono i laici? Nel rispondere il Concilio non intende alludere semplicemente a chi non è sacerdote o religioso e religiosa, quasi per ribadire, in forma negativa, che i laici sono coloro che non appartengono a queste categorie. No. Il Concilio apre una visione nettamente positiva. Si colloca dal punto di vista del "disegno" di Dio contenuto nella rivelazione. E risponde che i laici, insieme con la gerarchia, il clero e i religiosi sono il "popolo di Dio"…. E' la Chiesa, questo popolo. Un popolo unito e ordinato. Non una massa informe, un agglomerato di individui incamminati verso diversi destini. Un vero popolo. Cioè una accolta di cristiani e di cristiane, che riconoscono una comune origine della medesima paternità divina, un comune cammino sull'unica strada che è Cristo redentore, una comune meta nell'incontro definitivo e beatificante con Dio. I laici sono a tutti gli effetti membri di questo popolo privilegiato, che "costituisce per tutta l'umanità un germe validissimo di unità... è da Cristo assunto per essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo" ("Lumen Gentium", 9). In esso "nessuna ineguaglianza... per riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso...; comune è la dignità dei membri, comune la grazia dei figli, comune la vocazione alla perfezione". Come in ogni organismo vivo, nel "popolo di Dio" c'è - non potrebbe non esservi - diversità di compiti. Tuttavia "vige una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all'azione comune a tutti" ("Lumen Gentium", 32). La Vergine Maria, aiuto dei cristiani, faccia si che tutti, e, in questo periodo di preparazione al Sinodo dei vescovi, specialmente i laici, approfondiscano la consapevolezza della loro vocazione, per essere partecipi a pieno titolo della missione del popolo di Dio.
[Angelus, 22 febbraio 1987]
 
27 settembre
 
Ancora la domanda: chi sono i laici? Ed ecco ancora la risposta che offre il Concilio: "Col nome di laici si intendono tutti i fedeli... che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio... per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano" ("Lumen Gentium", 31). Incorporati a Cristo col battesimo. Accogliendo i dati di una tradizione teologica ampiamente affermata, ha sottolineato che il cristiano partecipa al triplice ufficio di Cristo: ufficio sacerdotale, profetico, regale.
I laici partecipano all'ufficio sacerdotale, per cui Gesù ha offerto se stesso sulla croce e si offre continuamente nelle celebrazioni eucaristiche, unendosi a lui nell'offerta di se stessi e della loro attività. La partecipazione all'ufficio profetico di Cristo rende particolarmente idonei a esercitare "una preziosa azione per l'evangelizzazione del mondo" ("Lumen Gentium", 35) mediante la parola, la testimonianza, l'apostolato, la seminagione di quella sapienza e di quella speranza, alle quali l'umanità anela, spesso inconsapevolmente. Il Concilio sottolinea che principalmente nella vita coniugale e familiare - per il fatto che gli sposi sono essi stessi i ministri del matrimonio - i laici svolgono il loro ruolo profetico (cfr. "Lumen Gentium", 35).
Ebbene, i fedeli laici partecipano alla sua missione regale sia attraverso la mortificazione per vincere in se stessi il regno del peccato, sia lavorando per far prevalere il regno della verità, della giustizia e della pace, diffondendo ovunque lo spirito del Vangelo. Essi, conoscendo da vicino il valore della creazione, riconducono ogni cosa alla sua vera finalità anche mediante le attività propriamente secolari, affinché il mondo raggiunga "il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace" ("Lumen Gentium", 36).
[Angelus, 1 marzo 1987]
 
28 settembre
 
Riflettiamo sulla realtà del sacerdozio comune dei fedeli e del rapporto che, all'interno del Popolo di Dio, esso ha col sacerdozio ministeriale e gerarchico.
 Il sacerdozio comune è fondato sul sacramento del battesimo. Tutti i cristiani sono sacerdoti in senso vero e proprio. La Rivelazione lo afferma con chiarezza. Il Vaticano II ribadisce l'insegnamento biblico, recuperando aspetti che, per varie circostanze erano caduti in ombra. Ecco le parole del Concilio: "Per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamo all'ammirabile sua luce" ("Lumen Gentium", 10).
La dignità del sacerdozio comune comporta responsabilità, a cui i cristiani devono far fronte nella complessità delle situazioni nelle quali vivono insieme con gli altri uomini e le altre donne. Essi tuttavia non sono abbandonati a se stessi. Il Signore ha istituito il sacramento dell'ordine, che assicura la continuità delle funzioni che egli ha attribuito agli apostoli quali pastori della Chiesa da lui fondata. In ciò consiste il sacerdozio ministeriale, in forza del quale alcuni membri del Popolo di Dio, scelti e chiamati da Dio stesso, vengono insigniti individualmente di una sacra potestà, compiono "il sacrificio eucaristico in persona di Cristo" e lo offrono "a Dio a nome di tutto il popolo" ("Lumen Gentium", 10).
Il magistero conciliare è molto preciso: "Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano all'unico sacerdozio di Cristo" ("Lumen Gentium", 10).
[Angelus, 8 marzo 1987]
 
29 settembre
 
"L'indole secolare è propria e peculiare dei laici" ("Lumen Gentium", 31). Con questa affermazione il Concilio scolpisce l'aspetto specifico e distintivo della personalità ecclesiale dei fedeli laici. Membri a pieno titolo del Popolo di Dio e del corpo mistico, partecipi, mediante il battesimo, del triplice ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, i laici esprimono ed esercitano le ricchezze di tale loro dignità vivendo nel mondo. Ciò che per gli appartenenti al ministero ordinato può costituire un compito aggiuntivo o eccezionale, per i laici è missione tipica. La vocazione loro propria: consiste "nel cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio" ("Lumen Gentium", 31).
Con la loro presenza e la loro azione i laici assicurano la presenza e l'azione della Chiesa nel multiforme complesso delle realtà terrene. Individualmente e comunitariamente assolvono un ruolo insostituibile nelle "prime linee", dove non può sempre giungere direttamente l'attenzione del servizio gerarchico.
Nel mondo della cultura, della ricerca scientifica, della politica, del lavoro, in tutte le branche della vita societaria, là i figli e le figlie della Chiesa, nella trama degli eventi quotidiani, mettono a frutto i carismi dell'identità cristiana. Lo fanno cooperando lealmente e consapevolmente al progresso cui tende in ogni campo la comunità umana, valutandone costantemente gli orientamenti e i metodi alla luce della visione trascendente, nella convinzione che l'attesa dei nuovi cieli e delle nuove terre "non deve indebolire, bensì deve piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente" (Gaudium et Spes, 39).
[Angelus, 15 marzo 1987]
 
30 settembre
 
La consegna primaria che il Vaticano II ha affidato a tutti i figli e le figlie della Chiesa, è la santità. Non è una consegna di tipo semplicemente esortativo; essa è profondamente radicata  dell'indole della Chiesa, corpo mistico di Cristo, i cui membri non possono essere estranei alla linfa santa e santificatrice che lo pervade.
A questo tema basilare il Concilio dedica un capitolo della "Lumen Gentium" - il quinto - che s'intitola "Universale vocazione alla santità". E' costruito sui fondamenti biblici e teologici della santità di Dio, di Cristo, della Chiesa. Si dirama nelle multiformi dimensioni dell'esercizio della santità. "Tutti i fedeli di qualsiasi stato a grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità" ("Lumen Gentium", 40). "Tutti i fedeli sono invitati e tutti a tendere alla santità e alla perfezione del proprio stato" ("Lumen Gentium", 42).
La tensione alla santità è perciò il fulcro del rinnovamento delineato dal Concilio.
La vocazione alla santità è irrinunciabile.
Nasce nel battesimo, ed è tale da poter essere esercitata in qualsiasi condizione di vita. Nel battesimo, sacramento della rinascita, il seguace di Cristo riceve la santità ontologica, viene costituito nella condizione di nuova creatura attraverso la grazia santificante. E' un germe, un seme destinato a svilupparsi in un grande albero mediante le cure personali e il costante aiuto, che Dio, se invocato, non lascia mancare. E' un dono, che diventa anche conquista.
 [Angelus, 29 marzo 1987]