Giovanni Paolo II
un pensiero per ogni giorno di dicembre

<< Torna indietro

 
 
1 dicembre
 
Nelle varie settimane di Avvento, tutta la Chiesa si apre verso Colui che deve venire: “Regem venturum Dominum, venite, adoremus!”. Sappiamo che egli è un re mirabile. Infatti, poco fa, nell’ultima domenica dell’anno liturgico passato, abbiamo meditato sulla verità della sua “signoria” mediante la Croce, e sul suo regno, che “non è di questo mondo” (Gv 18,36), ma che oltrepassa anche i limiti della temporalità e ci permette di vivere nella prospettiva del grande compimento della storia dell’uomo in Dio, che è Amore. Sappiamo anche che questo re, al quale durante l’Avvento ci rivolgiamo con tutta la forza della nostra fede e della speranza, verrà al mondo e sarà privo di casa e, come primo luogo di rifugio, avrà una stalla destinata agli animali. E noi ci prepariamo, nel corso di questo periodo liturgico, appunto ad accogliere, con tanto più calda attesa e tanto più grande amore, colui che viene – umanamente parlando – in tale abbassamento: ciò facciamo per iniziare di nuovo con lui, nella notte di Natale, nella mirabile notte del “nuovo inizio”, l’ulteriore tappa della nostra vita.
Così la Chiesa attende colui che deve venire. Non è questa un’attesa passiva. L’Avvento è il tempo di una particolare cooperazione, nello Spirito della speranza umile e gioiosa, con quel Verbo di Vita, che Dio pronuncia eternamente, e che pronuncia, sempre di nuovo, per ogni generazione, per ogni epoca.
[Angelus, 9 dicembre 1979]
 2 dicembre
 
“Regem venturum Dominum venite adoremus”.
Con queste parole riflettiamo sul tempo d’avvento, chiedendo al Signore di poter “amare la sua venuta” e di potergli dedicare tutta la vita. Prego, cari fratelli e sorelle, perché tale amore della “venuta del Signore” sia in ognuno di voi ed in me stesso. Preghiamo insieme perché sia presente anche in ogni cristiano, anzi in ogni uomo: perché sia amata quella sua prima venuta nel corpo umano, la quale si rinnova ogni anno mediante la solennità del Natale del Signore; e preghiamo anche perché sia amato quel suo incessante venire all’uomo: al cuore umano e alla storia dell’uomo, ai singoli popoli e nazioni, alle generazioni che si susseguono, ed alle epoche dell’umanità. Infine preghiamo perché sia amata quella sua ultima venuta che significa, nello stesso tempo, il termine e l’inizio: il termine del mondo e l’inizio di “nuovi cieli e di una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia” (2Pt 3,13). “Regem venturum Dominum venite adoremus”!
[Angelus, 7 dicembre 1980]
 
3 dicembre
 
L’Avvento apre dinanzi a noi, la prospettiva del tempo che la Chiesa riempie – anno per anno – con la meditazione del Mistero divino, che opera nella storia dell’uomo e del mondo. L’anno liturgico è una abbreviazione e una sintesi della storia della salvezza, dal suo inizio fino al compimento definitivo. Gesù Cristo, che è il culmine e il centro di questa stessa storia, dà pieno significato alle singole parti del tempo liturgico e conferisce loro il dovuto ordine. Egli è quel Gesù, la cui venuta l’Angelo del Signore annunciò alla Vergine Maria – ed Ella lo concepì nel suo seno per opera dello Spirito Santo. Per opera dello Spirito Santo è consacrato al Padre, in Gesù Cristo, il tempo dell’uomo e del mondo: il suo passato, il presente e il futuro.
Per opera dello Spirito Santo è consacrato al Padre, in Gesù Cristo, quel tempo della Chiesa che, secondo la natura ciclica del tempo umano, assume il suo nuovo inizio insieme con l’inizio dell’Avvento.
Entriamo in questo tempo liturgico con la fede e con la speranza! Entriamo in esso con quell’amore “che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato” (Rm 5,5)!
[Angelus, 29 novembre 1981]
 
4 dicembre
 
"Fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro" (1Co 1,9).
In questo tempo di Avvento, si ravviva in noi la consapevolezza della verità, che queste parole di Paolo nella Lettera ai Corinzi contengono in sé. Siamo chiamati alla comunione con Gesù Cristo, Figlio di Dio. Siamo chiamati a questa comunione mediante il fatto che egli si fece uomo: "E il Verbo si fece carne" (Jn 1,14). Per opera dello Spirito Santo, il Figlio-Verbo è stato concepito nel seno della Vergine di Nazaret ed è nato da lei come uomo. In questo umano concepimento e in questa nascita di Gesù Cristo, noi tutti siamo stati chiamati alla comunione con il Figlio di Dio. Proprio questo è il Vangelo, cioè la buona novella! Come diventano attuali queste antichissime parole del salmista! Quanto profondamente esse scaturiscono dalle anime, dal cuore della Chiesa nel tempo in cui viviamo! Viviamo l'Avvento come il tempo del "ritorno" e della "visita" di Dio! Egli "protegga" nell'uomo e nell'intero mondo visibile tutto ciò che la "sua destra ha piantato"! Cristo, ieri e oggi... il medesimo...
[Angelus 2 dicembre 1984]
 
5 dicembre
 
Nel periodo dell’Avvento, la Chiesa in modo particolare fissa lo sguardo alla Vergine di Nazaret come a Colei sulla quale si è compiuto il preannunzio dell’Antica Alleanza. Leggiamo da Isaia: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (Is 7,14). Il nome “Emmanuele” significa: “Dio è con noi”.
Per opera dello Spirito Santo, Dio è diventato uomo nel seno di Maria. Rendiamo quindi a Lei una particolare venerazione, e nello stesso tempo non cessiamo di raccomandare al suo cuore materno tutti i problemi degli uomini. In modo speciale raccomandiamo a Lei tutte le madri, le sorelle e le figlie di tutta la terra.
La Chiesa prega raccomandando alla Genitrice di Dio in modo particolare ogni donna.
[Angelus, 6 dicembre 1981]
 
6 dicembre
 
La salvezza scende dal cielo, ma germoglia anche dalla terra.
Il Messia-Salvatore è il Figlio dell'Altissimo, ma insieme frutto del grembo di una donna, la Vergine Maria. La storia della salvezza, che è storia di un'alleanza con Dio, si svolge in un dialogo tra di lui e il suo popolo. Tutto è parola e risposta. Alla parola creatrice e salvifica di Dio deve seguire la risposta di fede dell'umanità. Questa logica è presente in sommo grado nell'evento fondamentale della salvezza, l'Incarnazione del Figlio di Dio. Come in Cristo Gesù, Parola del Padre, si riassumono tutte le gesta salvifiche di Dio, cosi nella risposta di Maria si compendiano e giungono a compimento le adesioni di fede del popolo di Dio e di tutti i suoi membri.
Maria, in particolare, è l'erede e il compimento della fede di Abramo.
Come il patriarca e considerato "padre nostro", cosi Maria, a più forte ragione, dev'essere ritenuta "madre nostra" nella fede. Abramo è all'origine, Maria al vertice delle generazioni d'Israele. Egli anticipa e rappresenta davanti a Dio il popolo della promessa; ella, discendente di Abramo ed erede privilegiata della sua fede, ottiene il frutto della promessa. Per la fede e l'obbedienza di Maria sono benedette tutte le famiglie della terra, secondo la promessa fatta ad Abramo (cfr. Gn 12,3). Alla sua fede è legata la salvezza del mondo.
[Angelus 4 dicembre 1983]
 
7 dicembre
 
"Ascoltero che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace / per il suo popolo, per i suoi fedeli, / per chi ritorna a lui con tutto il cuore. / La sua salvezza è vicina a chi lo teme / e la sua gloria abiterà la nostra terra" (Ps 84,9-10). Ecco, la Vergine di Nazaret sente ciò che Dio le dice per il tramite del suo Messaggero: "Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù... Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo: colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc1,31-35).
La Vergine di Nazaret sente ciò che Dio le dice. Ella ascolta: non solo accoglie la parola, ma è obbediente alla parola, e risponde: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). In questo modo si compie l'Avvento: il primo Avvento dell'umanità. L'Avvento significa vicinanza della salvezza, significa gloria di Dio in terra. Avvento è incontro. Ne parla pure il salmo: "Misericordia e verità s'incontreranno, / giustizia e pace si baceranno" (Ps 84,11).
Ecco, insieme col Verbo che si fece carne nel seno della Vergine, scende la giustizia. Viene da Dio. Viene come grazia e pace: grazia e pace della riconciliazione con Dio nel Figlio eterno. Che cosa chiede come corrispondenza quella giustizia offerta all'uomo in Cristo? Che cosa l'uomo deve portare nel suo cuore? Deve portare la fedeltà perché: "la verità germoglierà dalla terra / e la giustizia si affaccerà dal cielo" (Ps 84,12).  Proprio così avvenne nel cuore della Vergine immacolata. Perciò in esso si è compiuto il primo Avvento dell'umanità. Ella è inoltre diventata il modello della Chiesa. E' diventata il modello dell'Avvento definitivo.
[Angelus, 9 dicembre 1984]
 
8 dicembre
 
La costituzione conciliare “Lumen Gentium” dedica il suo ultimo capitolo, l’ottavo, alla Vergine Maria, Madre di Dio.
Si può dire che in questo capitolo la Chiesa fissi lo sguardo, in modo particolare, su colei, che già sant’Ambrogio ha chiamato la “figura della Chiesa... nell’ordine cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo” (cf. Lumen Gentium, 63).
“Infatti, nel mistero della Chiesa, la quale pure è giustamente chiamata madre e vergine, la beata Vergine Maria è andata innanzi, presentandosi in modo eminente e singolare, quale vergine e quale madre” (Ivi).
Quel fissare lo sguardo su Maria trova la sua espressione nella liturgia e in tutta la vita della Chiesa. L’odierna solennità dell’Immacolata Concezione sembra esser quel momento, in cui quel fissare lo sguardo della Chiesa su Maria giunge più lontano, non soltanto all’“inizio” stesso della sua esistenza in terra, ma anche all’“inizio” della storia dell’uomo e della storia della salvezza. Anzi ancor più lontano: all’eterno divino pensiero ed amore, in cui Maria è stata concepita prima, infinitamente prima, della sua concezione sulla terra.
[Angelus, 8 dicembre 1980]
 
9 dicembre
 
La Chiesa ha celebrato la festività dell'Immacolata Concezione di Maria. Questo grande mistero mariano, con il quale si inizia, nella storia, la Redenzione dell'uomo, è già previsto in quell'eterno progetto di Dio Padre, nel quale Maria, preservata immune dal peccato originale in vista dei meriti di Cristo, è preordinata a diventare nel tempo la degna madre dello stesso Salvatore. Oltre ad essere un privilegio sublime che esalta Maria tra tutte le creature umane e gli stessi cori angelici, la sua concezione senza peccato è stata eminente condizione di grazia perché tutta la sua persona, fin dal primo istante, si disponesse nella più completa libertà, quella dal peccato originale, al servizio di Cristo e della sua opera redentrice, per l'intera umanità. Fin dai primi secoli la Chiesa ha riflettuto sulla "Piena di grazia" e sulle modalità peculiari con le quali è stata redenta dal Cristo: attraverso secolari e sofferte ricerche, con la celebrazione sempre più diffusa della festa della sua Concezione, con gli interventi dottrinali del suo Magistero, la Chiesa è pervenuta, con il venerato Pontefice Pio IX, nel 1854, a definire come verità di fede la dottrina che proclama l'Immacolata Concezione di Maria.
[Angelus, 8 dicembre 1983]
 
10 dicembre
 
"...Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e santo è il suo nome" (Lc 1,49).
Le parole pronunziate nella visita a Elisabetta rendono pienamente ciò che il cuore della Vergine di Nazaret sta vivendo dopo l'Annunciazione. L'adorazione di Dio piena di gioia e la gioia piena dell'adorazione di Dio: ecco lo stato della sua anima beata, ecco i sentimenti più profondi che nutre il suo cuore. Essi si manifestano soprattutto nelle parole del Magnificat. Appare nel Magnificat quella gratitudine piena di umiltà che è segno infallibile dell'incontro col Dio vivente. Maria risponde al dono dall'alto non solo con le parole, ma anche con tutto il silenzio del mistero dell'Avvento che in lei si compie. Essa infatti è colei in cui l'Avvento dell'intera umanità ha assunto la forma più piena: in lei ha raggiunto il suo "zenit".
Però questo "zenit" dell'Avvento continua nel suo compimento e raggiunge la sua pienezza nella Chiesa. Pellegrina sulla terra, e come "esule" che cerca le cose di lassù, la Chiesa sperimenta la venuta del Signore "fino a quando con il suo Sposo comparirà rivestita di gloria" (cfr. "Lumen Gentium", 6); e l'Avvento vissuto dalla Chiesa è sacramento o segno e strumento dell'unione con Dio.
[Angelus, 16 dicembre 1984]
 
11 dicembre
 
Alma Redemptoris Mater”! Inclita Madre del Redentore!
Nel corso dell’Avvento, che ci prepara alla notte della nascita del Figlio dell’Uomo a Betlemme, meditiamo il tuo mistero. Questo è il mistero della Madre di Dio fatto uomo; “Prescelta prima della creazione del mondo” ad essere la Madre del Redentore, sei redenta in modo particolare per opera del tuo Figlio. Sei preservata dall’eredità del primo Adamo, sei totalmente pervasa dall’eredità di Cristo, sei piena di grazia. Benedetta sei tu, o piena di grazia... Benedetta tra tutte le donne.
“Porta aperta del cielo... “
Sei diventata la porta mediante la quale è entrato nella storia dell’uomo il regno dei cieli. Tale regno è stato portato da colui che si è fatto tuo Figlio, il Redentore del mondo. E lo ha portato con la collaborazione dell’obbedienza della nuova Eva: della tua obbedienza, Vergine di Nazaret, che all’annunciazione angelica hai risposto: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). E così è realmente avvenuto.
Rendiamo grazie per la tua salvifica obbedienza, dalla quale si sviluppa il regno del Dio vivente nella storia dell’uomo. Rendiamo grazie per la tua Immacolata Concezione. Esprimiamo riconoscenza per il fatto che sei “piena di grazia”; perché insieme con te si è avvicinata la “pienezza dei tempi”. “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,20). E tu sei il segno di questa sovrabbondanza. Tu sei la “Stella matutina”, che precede il sorgere del Sole di giustizia, irraggiante misericordia, verità e pace.
[Angelus, 8 dicembre 1986]
 
12 dicembre
 
Il tema fondamentale dell'Avvento è dato infatti dall'annuncio profetico: "Il Signore viene". Alla luce di questa parola noi siamo invitati ad "alzarci e a levare il capo, perché la nostra liberazione è vicina" (cfr. Lc 21,28). La Chiesa vive questo annuncio di liberazione in Cristo, attingendo senza stancarsi alla grazia di questa speranza e cercando continuamente le vie per realizzarla fra le generazioni umane che si susseguono sulla faccia della terra. L'avvento si concluderà col Natale e condurrà, quindi, ogni uomo di buona volontà alla grotta di Betlemme, affinché riconosca in quel bimbo il Signore dell'universo e il suo redentore. Al tempo stesso, pero il cristiano è invitato a guardare oltre: alla luce della parola di Gesù, che preannuncia il suo ritorno al termine della storia, il cristiano sa di doversi preparare ad una seconda venuta di Gesù, quella definitiva e gloriosa, che coronerà il disegno salvifico di Dio nel mondo. La comunità cristiana, come Popolo di Dio in cammino, ha il compito di farsi testimone di fronte al mondo di questa attesa, annunciando - sulla scia dell'antico popolo di Israele - la nuova venuta del Signore, allorché il tempo lascerà il posto all'eternità.
[Angelus, 27 novembre 1988]
 
 13 dicembre
 
In questo tempo d’avvento e di impegnativa attesa ci accompagna e ci guida l'esempio di fede della Vergine Maria. La Madre del Redentore, sempre presente nel cammino della Chiesa e dell'umanità, sta davanti a noi come modello nella fede.
All'annuncio dell'angelo, ella comprese che la promessa fatta a Israele e la speranza del suo popolo si compivano in lei nel momento in cui il Figlio di Dio inizio a vivere nel suo grembo una vita umana. Oggi, ancora una volta, Maria ci invita a riconoscere il valore delle promesse fondate sulla parola divina e ci esorta a preparare il nostro spirito alla venuta del Signore. Seguendo l'esempio della Vergine e chiedendo la sua intercessione, ci impegneremo, durante l'Avvento, ad essere più attenti e vigilanti in un rinnovato spirito di preghiera e di contemplazione. Vogliamo interpretare con occhi vigili gli appelli del Signore che si manifestano nelle vicende del nostro quotidiano, ben consapevoli che negli eventi piccoli e grandi della storia si attua l'evento fondamentale della venuta del Signore verso di noi. Non vogliamo correre il rischio di non udire colui che batte alla nostra porta per esserci sempre vicino. Viviamo insieme a Maria questo tempo di attesa e chiediamole di guidare i nostri passi incontro al Signore. Ella oggi ci ripete con il suo Figlio: "Alzatevi e levate il capo, perché la vostra redenzione è vicina!".
[Angelus, 27 novembre 1988]
 
14 dicembre
 
“Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra, finché abbia ricevuto le piogge d’autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina” (Gc 5,7-8).
Queste parole della lettera di san Giacomo apostolo la Chiesa legge nella liturgia  d’Avvento.  Con tali parole salutiamo pure te, Vergine di Nazaret, che aspetti il frutto del tuo seno. La Chiesa guarda a te come all’esempio permanente della sua maternità. La Chiesa infatti è anch’essa come te chiamata ad essere madre nell’ordine della grazia, mediante il sacramento del Battesimo. E come tu hai concepito e dato al mondo il Figlio di Dio, sottomettendoti alla potenza dello stesso Spirito Santo, così pure la Chiesa si sottomette sempre alla potenza santificante di questo Spirito che dà la vita divina e la dona ai figli e alle figlie del genere umano.
“Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi” esclama san Paolo (Gal 4,19).
Benedetta sei tu, Madre del Figlio di Dio.
[Angelus 14 dicembre 198 6]
 
15 dicembre
 
Fin dall'antichità la Chiesa, nella sua sollecitudine pastorale, ha voluto accompagnare il corso del tempo con la celebrazione dei principali eventi della vita di Gesù e della storia della salvezza. In tal modo essa intende illuminare il cristiano nel cammino della sua esistenza, sostenerlo nelle occupazioni quotidiane, elevarlo ad un'atmosfera soprannaturale, orientarne l'attesa verso l'incontro definitivo con Cristo Signore.
Impegniamoci a vivere intensamente questo primo "tempo forte d’avvento" in preparazione del Natale. La nascita di Gesù  è l'avvenimento assolutamente centrale della storia, verso il quale convergono le vicende precedenti dell'umanità e dal quale si dipartono i loro sviluppi successivi. Il grande tema di riflessione, che l'Avvento ci presenta, consiste nel considerare con rinnovata attenzione la decisiva importanza della venuta di Cristo sulla terra. L'Avvento, infatti, è il tempo propizio per riscoprire con gioia le certezze della nostra fede: Gesù s'è fatto uomo per noi. Egli è presente e vivo anche nel mondo di oggi e, con la forza del suo Spirito, continua ad agire nell'intimo dei cuori per disporli ad accogliere il messaggio della salvezza. In tale opera ciascuno di noi è coinvolto: per volontà di Cristo, la salvezza del mondo dipende anche dalla nostra cooperazione. A questa responsabilità vuol richiamarci l'evento ecclesiale, che si sta svolgendo proprio in questi giorni: l'Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi per l'Europa, riunita sul tema: "Siamo testimoni di Cristo, che ci ha liberati", si interroga su quali impegni concreti derivino oggi, per i cristiani del Continente, dalla loro adesione alla fede.
[Angelus, 1 dicembre 1991]
 
16 dicembre
 
Nel tempo liturgico dell'Avvento ci prepariamo a rivivere il mistero della nascita del Redentore: evento così antico e pur sempre misteriosamente nuovo. E' antico, perché affonda le sue radici nell'eterno disegno di Dio, che, anche se realizzato storicamente circa due millenni or sono, è stato preparato fin dall'alba della creazione. E', al tempo stesso, evento sempre nuovo, perché sprigiona, di generazione in generazione, la sua inesauribile energia redentrice nell'attesa del ritorno di Cristo nella gloria. Alla luce di tale mistero, la storia umana, al di là delle quotidiane traversìe, manifesta una profonda unità, e l'uomo è chiamato a costruirla in un responsabile e attivo dialogo con la Provvidenza divina. Auspico di cuore che l'Avvento, tempo di attesa, di ascolto e di speranza, costituisca per tutti i credenti un'occasione propizia per ravvivare la loro fede e corroborare l'impegno di una coerente testimonianza di vita cristiana.
[Angelus, 29 novembre 1992]
 
17 dicembre
 
"A te Signore innalzo l'anima mia". Il Salmo 24 ci invita a guardare in alto e ad andare incontro a Colui che ci dona la sua salvezza.
La Chiesa esorta i credenti a farsi pellegrini per riprendere con coraggio il cammino verso il Signore Gesù che viene a visitarci. Le parole forti e pressanti della liturgia risuonano con particolare intensità in questi giorni dell'Avvento.
Nel tempo di Avvento siamochiamati a vivere la dimensione della lode e del ringraziamento di fronte al grande dono dell'Incarnazione del Verbo e della Redenzione, e siamo invitati a gioire della grazia di essere, nella Chiesa, figli amati e liberati dai nostri peccati. Con uguale intensità siamo sollecitati a renderci sempre più consapevoli del male che minaccia gli stessi cristiani, quando si allontanano dallo spirito di Cristo e del suo Vangelo. Tale  rinnovata coscienza deve spingere tutta la Chiesa a proclamare con ardore all'uomo contemporaneo l'amore misericordioso del Signore, e ad offrire una coraggiosa testimonianza di fedeltà al suo Vangelo.
La Vergine dell'Avvento guidi tutti noi in questo tempo di attesa, nel quale, mentre contempliamo il Mistero della prima Venuta, che si è compiuta nell'Incarnazione, rivolgiamo lo sguardo verso l'ultimo giorno in cui il Signore ritornerà "con tutti i suoi santi" (1Ts 3,13).
[Angelus, 27 novembre 1994]
 
18 dicembre
 
"Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!" (Lc 3,4). Con queste parole, il Vangelo ci esorta a disporre il cuore ad accogliere il Signore che viene. E la liturgia ci propone come modello di quest'interiore preparazione la figura austera di Giovanni il Battista che predica nel deserto invitando alla conversione.
La sua testimonianza suggerisce che, per andare incontro al Signore, occorre creare, dentro di noi ed intorno a noi, spazi di "deserto": occasioni di rinuncia al superfluo, ricerca dell'essenziale, un clima di silenzio e di preghiera.
San Giovanni Battista invita soprattutto a ritornare a Dio, fuggendo con decisione il peccato che rende malato il cuore dell'uomo e gli fa perdere la gioia dell'incontro con il Signore.
Il tempo di Avvento è particolarmente indicato per fare esperienza dell'amore divino che salva. E’ soprattutto nel Sacramento della Riconciliazione che il cristiano può fare tale esperienza, riscoprendo alla luce della parola di Dio la verità del proprio essere e gustando la gioia della ritrovata pace con se stesso e con Dio.
[Angelus, 4 dicembre 1994]
 
20 dicembre
 
In questi ultimi giorni di Avvento, che ci preparano immediatamente al Santo Natale, quale ispirazione possiamo trovare migliore per i nostri sentimenti, che quella di far nostro ciò che provava il cuore stesso della Vergine Maria, mentre attendeva la nascita del Signore?  Nell'attesa di questa Vergine "benedetta fra le donne" (Lc 1,42), si riassume tutta la speranza del Popolo di Dio riposta nelle promesse fatte da Dio ai suoi Patriarchi e, attraverso il Popolo d'Israele, si raccoglie la speranza di tutta l'umanità. Cerchiamo anche noi di far nostra questa coscienza di fede di Maria, così profondamente inserita nella storia del suo popolo e di tutta l'umanità, tanto da cogliere il senso essenziale del suo cammino nei secoli e nei millenni; come cammino fondato sulla speranza di una salvezza che viene da Dio. Maria è beata perché ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore, sapendo che Dio non viene meno alle sue promesse. Ella è "beata" e nello stesso tempo "benedetta" da Dio. I due termini non si possono disgiungere, e il primo è l'effetto del secondo. Proferita da Dio, la parola benedizione è sempre sorgente di vita e quindi di beatitudine. Per la Scrittura, la beatitudine sta nel generare e comunicare la vita, fisica o spirituale. Per questo chi è "benedetto" da Dio è "beato".
[Angelus, 18 dicembre 1983]
 
21 dicembre
 
"O Sapienza che esci dall'Altissimo, e tutto disponi con forza e dolcezza! O chiave di Davide, che apri le porte del regno dei cieli! O Emmanuele, attesa dei popoli e loro liberatore! Vieni!
Tra queste invocazioni di Avvento, con le quali prega la Chiesa, nell'ultima settimana prima di Natale, si trova pure la seguente; "O Re delle genti e pietra angolare della Chiesa: vieni, e salva l'uomo che hai tratto dalla terra".
Si, il Signore è il Re crocifisso e risorto per tutte le genti, e la pietra angolare della salvezza. Come tale lo ha riconosciuto il popolo cristiano attraverso i secoli. Il recente Sinodo straordinario dei vescovi, richiamandosi al Vaticano II, ha riaffermato che "Cristo è la luce delle genti"; e pertanto "la Chiesa deve far si che questa luce risplenda chiaramente sul proprio volto", perché essa "si rende più credibile se parla meno di se stessa e predica sempre più Cristo crocifisso, e dà testimonianza con la propria vita" (cfr. "Relatio finalis", II, B, 2).
In modo particolare ci uniamo oggi con Colei che è la stella mattutina dell'Avvento. Maria porta sotto il suo cuore il Figlio di Dio. Si avvicina il giorno del compimento, quando lo dà al mondo. Maria è piena di santa attesa. Siamo particolarmente vicini alla Vergine di Nazaret. Vicino alla santa attesa, che riempie il suo cuore.
[Angelus, 22 dicembre 1985]
 
22 dicembre
 
"Il Signore è vicino, venite adoriamo!".
Il Natale è ormai vicino, e anche noi con Maria e Giuseppe camminiamo spiritualmente verso Betlemme per adorare il Salvatore Gesù, nato per noi. Lo facciamo meditando sullo straordinario e unico avvenimento dell'Ilncarnazione del Figlio di Dio: noi crediamo che quel Bambino, nato in una capanna e posto in una mangiatoia, è l'Emmanuele, Dio con noi, preannunziato dai profeti del popolo di Israele e per tanti secoli atteso. Dinanzi alla realtà misteriosa e grandiosa del Natale, San Giovanni scriverà nel Prologo del suo Vangelo: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (1,1-14). Consapevoli di ciò, noi ci avviamo verso Betlemme per inginocchiarci davanti a Colui che sorregge il mondo e ricapitola in sè l'intera storia dell'umanità. Ma dobbiamo riflettere anche sul motivo dell'Incarnazione: perchè il Figlio ha assunto la natura umana, inserendosi - lui che è la trascendenza infinita - nella nostra storia ed assoggettandosi a tutti i limiti del tempo e dello spazio? La risposta la dà Gesù stesso nel colloquio con Pilato: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla Verità, ascolta la mia voce" (Gv 18,37).
[Angelus, 22 dicembre 1991]
 
23 dicembre
 
"Il Signore è vicino, venite adoriamo!".
Il Natale è anche la festa della Verità! Per questo il Bimbo, che nasce a Betlemme, dirà un giorno: Io sono la Verità! Io sono la luce del mondo! (cfr. Gv 14,6; 8,12). Il Natale perderebbe il suo vero significato, ad un tempo storico e trascendente, se non fosse compreso e vissuto come celebrazione della Verità.
Proprio perchè festa della Verità, il Natale è anche rifiuto di tutti gli orpelli e false apparenze, di cui spesso s'ammanta la vana gloria umana. Significativamente Gesù sceglie di nascere nella povertà di una capanna. Con ciò Egli vuole insegnarci che le vie di Dio passano per l'umiltà, il silenzio, il sacrificio, la rinuncia a se stessi per amore di Dio e del prossimo.
Invochiamo Maria Santissima, affinché ci illumini e ci aiuti ad apprendere le grandi lezioni del Natale: il mistero dell'Incarnazione di Dio in Lei sia per tutti motivo di gioia e stimolo alla bontà, alla carità, alla misericordia. Ecco l'augurio che vi lascio per il Santo Natale: Venite adoriamo! Dio ci ama ed è nato a Betlemme per noi.
[Angelus, 22 dicembre 1991]
 
24 dicembre
 
“Beata colei che ha creduto!" (Lc 1,45).
La liturgia, con le parole di Elisabetta, ci invita a guardare alla Madre dei credenti per imparare ad accogliere e a donare Gesù.
In questa settimana che ci separa dal Natale siamo così invitati in modo particolare a metterci alla scuola di Maria per riconoscere il Verbo fatto carne ed accoglierLo con gioia. Affinché sia intensa e proficua l'attesa, la Vergine del Magnificat ci suggerisce di alimentare la nostra fede con la Parola del Signore; comprenderemo allora le meraviglie che Iddio realizza in chi lo cerca con cuore sincero e puro.
Maria è beata proprio perché, ascoltando la parola del Signore, ha riconosciuto ed ha accolto senza riserve il Figlio di Dio nel suo cuore, prima che nel suo grembo verginale.
La visita di Maria ad Elisabetta, ricorda che la fede spinge il credente a portare Gesù ai fratelli. Essa ci fa capire quali prodigi i cristiani possono compiere: portando il Signore possono contagiare il mondo di gioia. Infatti, quante situazioni di tristezza, di ingiustizia, di violenza e di solitudine attendono dai fedeli una presenza che sia conforto e speranza per tutti!
[Angelus, 18 dicembre 1994]
 
25 dicembre
 
“Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente, o Signore, venne dal tuo trono regale” .
In questa Notte Santa si compie l’antica promessa: il tempo dell’attesa è finito, e la Vergine dà alla luce il Messia. Gesù nasce per l’umanità che va in cerca di libertà e di pace; nasce per ogni uomo oppresso dal peccato, bisognoso di salvezza e assetato di speranza. All’incessante grido dei popoli: Vieni, Signore, salvaci!, Dio risponde in questa notte: la sua eterna Parola d’amore ha assunto la nostra carne mortale. Il Verbo è entrato nel tempo: è nato l’Emmanuele, il Dio-con-noi.
Nelle cattedrali e nelle basiliche, come nelle chiese più piccole e sperdute di ogni parte della terra, si leva commosso il canto dei cristiani: “Oggi è nato per noi il Salvatore”
Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2,7).
Ecco l’icona del Natale: un fragile neonato, che le mani di una donna proteggono con poveri panni e depongono nella mangiatoia.
Chi può pensare che quel piccolo essere umano è il “Figlio dell’Altissimo” (Lc 1,32)? Lei sola, la Madre, conosce la verità e ne custodisce il mistero.
In questa notte anche noi possiamo ‘passare’ attraverso il suo sguardo, per riconoscere in questo Bambino il volto umano di Dio. Anche per noi, uomini del terzo millennio, è possibile incontrare Cristo e contemplarlo con gli occhi di Maria.
[Omelia, 24 dicembre 2002]
 
26 dicembre
 
Si celebra oggi la festa di Santo Stefano, primo martire. La pagina dell'odierna liturgia, tratta dagli Atti degli Apostoli, ce lo presenta negli ultimi istanti della vita mentre, aggredito e barbaramente trucidato, contempla i cieli aperti ed offre ai carnefici il suo perdono (cfr. At 7,54-60).
Nel clima gioioso del Natale, tale commemorazione potrebbe sembrare fuori luogo. Il Natale non è forse la festa della vita? Non ci infonde sentimenti di serenità e di pace? Perché turbarne l'incanto col ricordo di un'atroce violenza?
In realtà, nell'ottica della fede, l'odierna celebrazione è in piena sintonia col significato profondo del Natale. Nel martirio di Stefano, infatti, la violenza è soverchiata dall'amore, la morte dalla vita. La Chiesa vede nel sacrificio dei martiri la loro "nascita al cielo". Celebriamo dunque oggi il "natale" di Stefano, che quasi zampilla dal "natale" di Cristo. Gesù trasforma la morte di quanti lo amano in aurora di vita! Ma questo "natale di sangue" conserva tutta la sua drammaticità. Nel martirio di Stefano si riproduce lo stesso confronto tra il bene e il male, tra l'odio e il perdono, tra la mitezza e la violenza, che si realizza sulla croce di Cristo. La commemorazione del primo martire viene così opportunamente a svelarci l'esigente profondità del Natale, collegando Betlemme al Calvario e ricordandoci che la salvezza divina implica necessariamente la lotta al peccato, e passa ineludibilmente attraverso il mistero della croce. Questa è appunto la legge di vita proposta da Gesù ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mc 8,34).
[Angelus, 26 dicembre 1992]
 
27 dicembre
 
La liturgia ci invita a fissare lo sguardo sulla Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Famiglia certo singolare, per la presenza in essa del Figlio di Dio fatto uomo. Ma, proprio per questo, famiglia-modello, in cui tutte le famiglie del mondo possono trovare il loro sicuro ideale e il segreto della loro vitalità. Non è casuale che la festa della Santa Famiglia cada così vicina al Natale. A ben vedere, essa ne è come uno sviluppo naturale. Lo è anzitutto perché il Figlio di Dio ha voluto aver bisogno, come tutti i bambini, del calore di una famiglia. Ma lo è anche perché, venendo a salvare l'uomo, ha voluto assumerne ogni dimensione, individuale e sociale. Redentore dell'uomo, Egli è così anche il Redentore della famiglia. Vivendo con Maria e Giuseppe ha ricondotto la famiglia allo splendore del disegno originario di Dio. Alla luce dell'esemplare esperienza di Nazareth siamo invitati, fratelli e sorelle carissimi, a riscoprire il fondamentale valore del nucleo familiare. La famiglia è una vocazione all'amore, una comunità di persone chiamate a vivere una specifica esperienza di comunione all'interno di quel vasto disegno di unità, che Dio coltiva per la Chiesa ed il mondo, e che ha nella comunione trinitaria il suo modello e la sua sorgente. Purtroppo l'unità familiare è oggi spesso compromessa da una cultura edonistica e relativistica, che non favorisce l'indissolubilità del matrimonio e l'accoglienza della vita. A farne le spese, sono soprattutto i più piccoli, ma i riflessi negativi si proiettano sull'intero tessuto sociale, generando frustrazione, tensione, aggressività, voglia di evasione e talora violenza. Come si potrà assicurare una ordinata e pacifica convivenza, in una società sempre più complessa, se non si riscopre il valore e la vocazione della famiglia?
[Angelus, 27 dicembre 1992]
 
28 dicembre
 
In questo nostro tempo, in cui la famiglia soffre spesso difficoltà od è sottoposta ad influenze sociali ed economiche che ne minano l'interiore compattezza, la Chiesa si sente chiamata a recare il suo apporto di orientamento e di sostegno. Essa invita le famiglie a guardare alla casa di Nazaret, da dove Gesù proclama il «vangelo della famiglia». Da quella sublime testimonianza le famiglie cristiane possono attingere vigore e saggezza per affrontare i doveri d'ogni giorno.
La famiglia è fondamento e salvaguardia di una società veramente libera e solidale. Come non sottolineare anche qui l'urgenza di tutelare e promuovere gli autentici suoi diritti? Essa, infatti, è sottoposta da più parti ad attacchi e sfide. Penso, ad esempio, alle persistenti minacce che insidiano la vita di tanti nuclei familiari: la miseria, la disoccupazione, la mancanza di abitazione, la mentalità contraria al dono della vita, ed anzi talora favorevole alla stessa eliminazione della vita con l'aborto e l'eutanasia, l'individualismo che ignora o strumentalizza l'altro ed è all'origine delle tante solitudini che affliggono la società odierna, non ultima quella di molti anziani relegati al di fuori delle mura e delle stesse premure familiari. Accanto a fenomeni così preoccupanti, ancor più gravi sono le minacce che attentano direttamente alla struttura della famiglia e ne sfigurano la fisionomia ed il ruolo nella società.
Tutto questo sta ad indicare quanto sia urgente perseverare in una intelligente pastorale familiare, che veda come suoi agenti principali gli stessi componenti della famiglia. Solo così sarà possibile contrastare e vincere le forze negative che mirano a distruggere questo baluardo di ogni autentica civiltà.
[Angelus, 28 dicembre 1997]
 
29 dicembre
 
Sì, proprio a Nazaret è sbocciata la primavera della vita umana del Figlio di Dio, nell'istante in cui Egli è stato concepito ad opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria. Tra le mura ospitali della Casa di Nazaret s'è sviluppata nella gioia l'infanzia di Gesù, che "cresceva in età, sapienza e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini" (Lc 2, 52). Il mistero di Nazaret insegna così ad ogni famiglia a generare ed educare i propri figli, cooperando in modo mirabile all'opera del Creatore e donando al mondo, in ogni bambino, un nuovo sorriso.
E' nella famiglia unita che i figli portano a maturazione la loro esistenza, vivendo l'esperienza più significativa e più ricca dell'amore gratuito, della fedeltà, del rispetto reciproco e della difesa della vita. Alla Famiglia di Nazaret guardino le famiglie di oggi, per trarre dall'esempio di Maria e di Giuseppe, amorosamente dediti alla cura del Verbo incarnato, le opportune indicazioni per le quotidiane scelte di vita! Alla luce degli insegnamenti appresi a quell'insuperabile scuola, ogni famiglia potrà orientarsi nel cammino verso la piena attuazione del disegno di Dio.
[Angelus, 27 dicembre 1998]
 
30 dicembre
 
Mentre eleviamo il nostro grazie a Dio per l’anno che si chiude, sentiamo il bisogno di implorarne, al tempo stesso, la misericordia sull’ano che si chiude. Chiediamo perdono perché non di rado, purtroppo, le conquiste della tecnica e della scienza, tanto importanti per l'autentico progresso umano, sono state usate contro l'uomo: Miserere nostri, Domine, miserere nostri!
Due mila anni sono trascorsi da quando "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità" (Gv 1, 14). Per questo, si eleva corale il canto della nostra lode riconoscente: Te Deum laudamus.
Noi ti lodiamo, Dio della vita e della speranza.
Noi ti lodiamo, Cristo, Re della gloria, Figlio eterno del Padre.
Tu, nato dalla Vergine Madre, sei il nostro Redentore, ti sei fatto nostro fratello per la salvezza dell'uomo, e verrai nella gloria a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
Tu, Cristo, fine della storia umana, sei punto focale delle attese d'ogni essere umano.
A Te appartengono gli anni ed i secoli. Tuo è il tempo, o Cristo, che sei lo stesso ieri, oggi e sempre.
[Omelia di fine d’anno, 31 dicembre 1999]
 
31 dicembre
 
Miserere nostri, Domine, miserere nostri. Continuiamo ad abbandonarci con fiducia alla bontà del Signore. Egli non mancherà di usarci misericordia, e di aiutarci a proseguire nel nostro impegno apostolico.
In Te, Domine, speravi: non confundar in aeternum! Ci affidiamo e ci abbandoniamo nelle tue mani, Signore del tempo e dell'eternità. Tu sei la nostra speranza: la speranza di Roma e del mondo; il sostegno dei deboli e il conforto degli smarriti, la gioia e la pace di chi Ti accoglie e Ti ama.
Mentre termina quest'anno e già lo sguardo si proietta su quello nuovo, il cuore si abbandona fiducioso ai tuoi misteriosi disegni di salvezza.
Fiat misericordia tua, Domine, super nos, quaemadmodum speravimus in Te.
Sia sempre con noi la tua misericordia: in Te abbiamo sperato. In Te solamente speriamo, o Cristo, Figlio della Vergine Maria, tua e nostra tenera Madre.
[Omelia di fine d’anno, 31 dicembre 2001]