Dov’è Dio in tempo di corona virus?

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Di fronte alla pandemia del coronavirus, che minaccia la vita di milioni di persone e penetra subdolo e vigliacco nelle nostre città e nei nostri paesi, sono stati in molti a rivolgermi una domanda assolutamente umana anche se insidiosa: dov'è Dio? Come Dio può permettere il male?
Ogni tentativo di spiegazione va fatto con «timore e tremore», con rispetto.
 
E’ l’antico dilemma del male al quale i teologi di sempre rispondono: Dio non vuole il male, ma lo permette per rispettare la libertà dell’uomo. Ancora: Dio «conosce e prevede gli avvenimenti ma non li determina».
 
Ed è l’abuso della nostra libertà causa dei nostri mali!
Se uno sale in macchina, correre all’impazzata e va fuori strada: è forse colpa di Dio?
Anche la meravigliosa acqua dei nostri mari può annegarci se agendo in libertà noi ci mettiamo nei rischio di annegare!
L’esistenza del male nel mondo, specialmente nelle sue forme più acute e difficili da capire, è una delle cause più frequenti dell’abbandono della fede.
 
Occorre essere chiari: il male è un'opera puramente umana, è una «creazione» dell'uomo. Ricordiamo il libro del Genesio (Gn 3,1-11). Quando Dio arrivò nel Paradiso terrestre l'uomo già aveva commesso il peccato e già era nello stato di «male»: Adamo ed Eva si erano nascosti. E il peccato umano, cioè il male morale, aveva causato nell'uomo anche il male «fisico».
La difficoltà di comprendere la presenza del dolore sta nella incapacità della società odierna di accettare lo stato di «peccato» (comunque lo s'intenda) dell'essere umano. In quanto peccatore l'uomo ha stravolto l'ordine cosmico divino. Nello stravolgimento tutti gli uomini vi sono compresi: e per eredità e per fattività.
 
Da una parte c’è il limite della nostra natura umana, la fragilità della creazione; dall’altra il peccato, che porta nel mondo ingiustizia, violenza, soprusi. E’ vero che tutto proviene da Dio, perché grazie a lui il mondo creato continua a esistere. Tuttavia, egli non vuole il male, la malattia, la morte, ma permette che ci siano per rispetto della nostra libertà.
 
Ma la fede suggerisce qualcosa di più. Dio dà una risposta al male: suo figlio. Gesù di Nazaret ha assunto su di sé il male. Lo ha portato su di Lui, ha toccato le radici del dolore umano. Il Figlio di Dio è venuto per salvarci e dare un senso anche al dolore. Al di là di ogni spiegazione logica che possiamo escogitare, il cristianesimo è l’unica vera risposta al dramma della sofferenza.
Il poeta francese Paul Claudel lo dice molto bene: "Gesù non è venuto per rimuovere o spiegare il dolore umano ma per riempirlo con la sua dolce presenza".
 
Sì, amici: Dio si è fatto uomo e ha assunto su di sé il male del mondo. Dio si è completamente immerso nel mondo in Gesù di Nazaret. In Lui condivide il nostro destino. Nel Vangelo di Giovanni, «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (3,16).
Nella sua incarnazione ha assunto questa nostra umanità nella sua forma più vulnerabile e con tutte le sue conseguenze. E non ha smesso di amare mai e si è dato all'estremo e liberamente. Non è infatti la sofferenza di Cristo che ci ha redenti dal male, ma il suo amore per noi, un amore giunto a dare la vita, fino alla morte di croce. Scrive san Paolo ai Galati, Cristo «mi ha amato e ha dato se stesso per me» (2,20).
 
La sua risurrezione garantisce la vittoria del bene e dell'amore sul male e sul peccato. Questa è stata davvero la risposta di Dio in suo Figlio Gesù.
E quella sua risposta richiede una nostra risposta nella nostra vita.