I magnifici 7
Alla riscoperta dei Sacramenti
Cresima e dopo-cresima

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Il fenomeno dell'abbandono dei ragazzi dalla vita ecclesiale dopo aver ricevuto i sacramenti sembra essere una frana inarrestabile. Paradossalmente la catechesi di «iniziazione» in realtà non «inizia», ma «conclude». Più volte ho scritto a malincuore che spesso il sacramento della confermazione è «il sacramento dell'addio», in quanto costituisce per molti ragazzi la fine della pratica religiosa e forse la conclusione del cammino della fede. In buona sostanza la Cresima è diventata l’ultimo tributo pagato alla formazione religiosa e alla partecipazione attiva alla Chiesa degli adolescenti.

È sempre più ricorrente, infatti, il fenomeno dei nostri ragazzi e ragazze che, già la domenica dopo aver ricevuto la Confermazione, cessano di frequentare l’assemblea eucaristica. Quasi con noncuranza entrano così a far parte della massa di tutti quei cristiani adulti che, non solo riducono la loro appartenenza alla Chiesa a qualche gesto saltuario, ma vivono inevitabilmente orientati dai criteri dominanti nella società secolarizzata in cui siamo immersi.

 

Siamo di fronte ad una forte eclissi del sacro che ha investito ormai da qualche decennio i processi educativi e formativi delle differenti agenzie educative: famiglia scuola e altre istituzioni. Se fino a qualche tempo fa la famiglia, la scuola, la chiesa, avevano un messaggio da dare e un senso da offrire, oggi la loro influenza è minima a vantaggio di una pseudo-cultura ambientale mediata dai nuovi e imperanti social network.


Non si può rimanere estranei a questa emorragia di giovani che se ne vanno e non si sa se e quando vi faranno ritorno.

E d’altra parte c’è da dire, a tutto tondo, che il dopo Cresima è la verifica della sincerità del comportamento del “prima della Cresima”!

Infatti la preparazione non è in funzione soltanto della celebrazione del sacramento della Confermazione, ma soprattutto della testimonianza cristiana che i confermati sono chiamati a dare nel mondo, a cominciare dal loro ambiente di vita e dal consapevole e attivo inserimento nella missione di salvezza affidata da Cristo alla Chiesa.

 

Alcuni dati statistici – per quel che valgono -  dicono che oltre il 90% dei fanciulli frequenta la catechesi parrocchiale; quasi il 65-70% dei preadolescenti partecipa alla catechesi in vista del sacramento della cresima; ma solo un 25% degli adolescenti ruota ancora attorno alle parrocchie.

 

Provocatoriamente potremmo domandarci: “Dove ha fallito l’educazione religiosa”? La domanda appare quasi retorica se “suppone” l’evidenza di un fallimento nella catechesi degli adolescenti.


Una cosa occorre affermare senza tentennamenti: le nostre catechesi non incidono più; i nostri incontri catechistici non convertono il cuore perché – come direbbe il Direttorio Generale per la Catechesi - non mettono “qualcuno in contatto, in comunione, in intimità con Gesù Cristo” (cf DGC 80).

La nostra è diventata più una catechesi “di testa” che tratta “di tutto e di più” ma che non “fa innamorare di Gesù Cristo”.

 

Diventa complicato pertanto per l’adolescente o per il giovane capire perché rimanere, perché continuare, perché pregare, perché testimoniare ...


Per molti dei nostri ragazzi/adolescenti la catechesi in vista della celebrazione del sacramento della cresima risulta una tappa difficile alla quale si preparano spesso con un senso di costrizione, mescolando noia e curiosità, attesa e fretta di finire. Avviene così che, messi da parte i buoni propositi, il ragazzo appena cresimato si allontani dalla pratica religiosa e cominci a navigare da solo nel turbinoso mare della vita. Il momento della confermazione diventa allora per molti l’ora del congedo!

 

Ho scritto più volte che è il «sistema» catechistico che non funziona come dovrebbe!

1.   Si continua a privilegiare una impostazione pastorale parrocchiale fondamentalmente finalizzata al sacramento e non alla crescita della fede e quindi incapace di offrire sbocchi successivi ai cammini di fede precedenti;

2.   L’istruzione sacramentale è affidata a catechisti ed educatori assolutamente non adeguatamente preparati. E gli adolescenti sono in una fase delicata di grande importanza per l’interiorizzazione della fede.

3.    È latitante la famiglia, la quale, se non manifesta indifferenza, spesso offre addirittura una contro-testimonianza di fede.

4.    Non trova consenso la proposta di un cammino di fede catecumenale scandito da uno spazio tempo prolungato e programmato sulla base dell’antico catecumenato.

5.  Non si fa riferimento a una metodologia catechistica esperienziale durante la preadolescenza che favorisca la correlazione di significati e integrazione tra la fede e la vita.

 

Il Direttorio generale per la Catechesi pubblicato dalla Congregazione per il Clero nel 1997, collocava la soluzione del problema nel contesto della missione evangelizzatrice della Chiesa. Le soluzioni riguardanti l’annuncio debbono trovare risposte all’interno della Chiesa locale. O le nostre Chiese ritroveranno il coraggio di porsi nell'ottica della conversione pastorale e seguire con più attenzione gli orientamenti del Magistero della Chiesa e dei Vescovi riguardo all'iniziazione cristiana dei ragazzi, o ogni ricerca di strategie sarà assolutamente inefficace.

 

   Se la catechesi continuerà a essere la “cenerentola della pastorale” non ci sarà futuro per l'iniziazione cristiana adattata «alle esigenze dei fanciulli e dei ragazzi, nel quadro della missione evangelizzatrice della Chiesa».

   Se la catechesi continuerà a essere affidata a catechisti improvvisati e non preparati mediante un serio e qualificato itinerario culturale non ci sarà futuro per l'iniziazione cristiana adattata «alle esigenze dei fanciulli e dei ragazzi, nel quadro della missione evangelizzatrice della Chiesa».

  Se la catechesi continuerà a essere finalizzata alla prima comunione e alla cresima non ci sarà futuro per l'iniziazione cristiana adattata alle esigenze dei fanciulli e dei ragazzi, nel quadro della missione evangelizzatrice della Chiesa. È importante ribadire che la catechesi non è finalizzata ai sacramenti, ma è un percorso di introduzione globale nella vita cristiana e di maturazione nella fede.

 

Occorre orientarsi gradualmente a reimpostare tutta la prassi dell'iniziazione cristiana intesa come «apprendistato della vita cristiana» e itinerario sistematico ed organico e permanente del diventare cristiani.

La strada è quella del catecumenato dell'iniziazione cristiana che è tempo costituito da tappe liturgiche, da periodi di ricerca e di riflessione catechistici che scandiscono i processi di maturazione umana e cristiana. E poiché si deve dare a ogni fanciullo il tempo necessario per crescere nella fede e diventare discepolo del Signore, non si dovrebbe, come principio, stabilire scadenze per i sacramenti.

 

La catechesi è una dimensione troppo importante, anche se non la sola, dell'itinerario formativo per diventare dei cristiani coscientemente conformati a Cristo.

Non la si può

      rabberciarla in qualche modo

     finalizzata ai sacramenti (due anni per la prima comunione / due anni per la cresima!!!) Il catechismo è troppo spesso considerato come funzionale al sacramento e non ad un cammino di più ampio respiro nel quale i sacramenti sono solo delle tappe, mai conclusive.

      affidarla a catechisti improvvisati,

      riservandole un tempo ridottissimo,

      privilegiando quasi esclusivamente la dimensione dell’apprendimento nozionistico.

 

Tutto ciò premesso sembrerebbe di dover dire che il problema del post cresima non dovrebbe esistere se davvero si attuasse un vero catecumenato dell’iniziazione cristiana che naturalmente dovrebbe confluire in un itinerario ecclesiale permanente dopo aver ricevuto il sacramento della confermazione.

 

Il limite della nostra catechesi, oltre a quello basilare sopra denunciato, è che si tratta di una azione troppo solitaria. Nelle nostre catechesi manca quasi totalmente la presenza della comunità e molto spesso della famiglia. Ipotizzo che solo un tale accompagnamento creano “maturità umana e cristiana” nei catechizzandi.


Se il giovane che si prepara a ricevere e ha ricevuto la cresima constata che nella propria famiglia, le persone che egli ama e sono a lui più care non si pongono neppure il pensiero di Dio, della Chiesa, dei comandamenti, della vita eterna quale significato e senso potrà dare all’itinerario di educazione alla fede che sta faticosamente compiendo?

 

E se la stessa considerazione può farla in merito alla “contro-testimonianza cristiana” che spesso danno gli adulti, che pur la domenica vanno ... in chiesa, quale significato e senso potrà dare all’itinerario di educazione alla fede che sta faticosamente compiendo?

 

È vero che oggi non si possono pretendere “grandi numeri” di testimoni fieri e felici della propria fede; eppure non si può escludere la famiglia dall’itinerario di fede del figlio. C’è bisogno poi di buone guide, testimoni sensibili, semplici e coerenti, dotati di una buona formazione, che camminino accanto all’adolescente pronti a rispondere alle esigenze di chiarezza di un cuore che si apre ai grandi interrogativi della vita e dell’esistenza e – forse anche per questo - in tumulto.

 

Il dopo-cresima si radica proprio nella testimonianza della comunità cristiana. Il dopo-cresima è solo un fonema convenzionale; in verità è solamente la prosecuzione del cammino di fede di un adolescente che nella continuità del suo itinerario, dopo aver ricevuto il sacramento della cresima continua il suo percorso di fede rimanendo unito e dentro la Chiesa. Ovviamente tale itinerario di fede avrà metodologie differenti. Infatti, con la celebrazione del sacramento della Cresima si è concluso l’itinerario di iniziazione cristiana del fanciullo cominciata con il battesimo.

 

Ora l’adolescente/giovane dovrà continuare un cammino di fede, di maturazione umana e cristiana da vivere in una dimensione comunitaria. Fondamentale è non dimenticare mai che trattasi dell’unico cammino di fede organico, sistematico, permanente, destinato a tutte le età. La formazione spirituale, la ricerca del senso della vita, la vita come vocazione e come dono agli altri, la comunità ecclesiale, la sensibilizzazione alla gratuità e al servizio, il coinvolgimento in esperienze concrete… sono alcuni aspetti che caratterizzano l’approfondimento e il cammino con i ragazzi.

 

La famiglia, le agenzie educative, i catechisti dovranno tenere conto del fatto che l’adolescenza è un’età in cui la conquista di identità è faticosa e non c’è ancora la pienezza della integrazione affettiva e dell’identità in senso pieno come progettualità. Diventa, pertanto, importante per ogni catechista-educatore prendere coscienza di codesta costruzione dell’identità dell’adolescente e orientarlo ad affrontare i nuovi compiti che la vita gli propone.

 

Indispensabile in questo itinerario ecclesiale e di fede sarà la presenza del sacerdote/parroco, il quale non potrà limitarsi all’organizzazione dei gruppi e affidarli poi al catechista e ... sparire. È il presbitero il primo catechista nella parrocchia!

 

Quel che è certo è che il giovane ha bisogno di constatare che il cammino che compie non è percorso da solo. Egli vuole vedere che ciò che gli si chiede viene chiesto alla comunità cristiana; solo così potrà essere pronto a vincolarsi alla famiglia/Chiesa. In questo senso in un processo di evangelizzazione non può mai mancare il riferimento e la presenza viva della comunità cristiana.

 

Contrariamente a quanto possa apparire il cuore del giovane ha sete di Dio, sete di trascendenza, anche se espressa nella maniera tipica del giovane. Proprio per questo occorre sapere bene intus/legere nella loro mente e nel loro cuore, scoprire la loro sete, essere pronti a dare di “quell’acqua che disseta per la vita”.

 

Dentro questo quadro post-crismale di catechesi organica, sistematica, permanete e destinata a tutte le età trova opportunamente spazio l’affiancamento della pastorale giovanile per un cammino di fede degli adolescenti a livello esperienziale, sociale, culturale e mass-mediale.

Una catechesi post-crismale che non sia esperienziale, cioè integrata nella vita non sarà efficace e non trasformerà la coscienza. L’obiettivo sarà sempre quello della conoscenza personale del mistero cristiano e dell’incontro personale con Gesù Cristo. La pastorale giovanile faciliterà, per così dire, un tale itinerario attraverso percorsi esperienziali di ricerca personalizzati e attraverso alcune iniziative pastorali.

 

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