Benedire il tempo

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All'inizio di un nuovo anno è tradizione festeggiare, scambiarsi gli auguri, interrogarsi su quello che potrebbe capitare, affidandosi a previsioni tanto attese quanto mai del tutto garantite. Sappiamo quanto il tempo della vita non goda di sicuri bilanci preventivi. Sono difficili già quelli consuntivi, immaginiamo quelli preventivi nell'agenda della vita.


Quale allora l'atteggiamento di fronte ad un nuovo anno, a un nuovo tempo della nostra esistenza?

Alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci possono accompagnare in questa fine d'anno queste riflessioni.


La brevità del tempo

 

La prima riflessione che si impone riguarda la brevità del tempo. Era già il lamento del Salmista: “Tutti i nostri giorni svaniscono, finiamo i nostri anni come un soffio. Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica e dolore; passano presto e noi ci dileguiamo” (Salmo 89, 9-10).

È lo stesso messaggio che ho trovato su di un antico orologio solare: “Omnes vulnerant, ultima necat. Tutte le ore della vita feriscono, l'ultima uccide!”.


La brevità di tempo di cui ci si lamenta per certi aspetti è una fatalità. Mette in evidenza il limite della vita umana. Ma la mancanza di tempo non è solo una fatalità. È anche il segno di uno stile di vita, di un costume diffuso, al limite di una povertà spirituale. Succede quando l'orologio che portiamo al polso ci dice che cosa fare, momento per momento. Ma non ci dice il ”perché”.


Il tempo che passa potrebbe farci diventare come gli orologi che compaiono in un film di Bergmann: enormi quadranti senza lancette, immagini paurose di vuoto, di non senso, di enorme spazio senza luce e senza vita. Il tempo potrebbe passare dentro la nostra vita e non mettere in moto nessun meccanismo interiore, non segnare nulla di significativo sul quadrante del nostro personale destino. Contro il non senso del tempo che passa, c'è una verità da riscoprire, una verità liberante. È la verità del Natale che abbiamo celebrato. Quale?


L'eterno nel tempo


Anzitutto questa verità. Il Santo Natale istituisce una sorta di inversione di tendenza nella considerazione del tempo. Prima di pensare che sia il tempo a sfociare nell'eternità è, al contrario, l'eternità a sfociare nel tempo. Ha scritto l'apostolo Paolo: 'Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da una donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge' (Gal 4,1). È come dire che Colui che era fuori dal tempo, è entrato nel tempo, nella nostra storia. Colui che è l'eterno, è entrato nella nostra vicenda provvisoria.


Quando non c'erano gli orologi meccanici, funzionavano le meridiane solari sui muri delle case o delle chiese. Era un sistema molto semplice: un'asta infissa nel muro che proiettava un'ombra indicante le ore del giorno. Era un sistema molto semplice di segnare le ore del giorno eppure molto ricco di significato. Gesù Cristo, come il sole, ha proiettato sul quadrante vuoto della nostra meridiana un segno, una misura, un ordine.


La nostra vita sarà labile come l'ombra che passa sulla parete di una casa, ma non passa invano, perché resta sempre agganciata a quel sole che si è aperto un varco tra le nubi del cielo. La nostra vita sarà provvisoria finché si vuole, ma resterà in rapporto con l'eterno. Siamo nel tempo e siamo nell'eterno di Dio. Soffriamo la precarietà dell'esistenza, e respiriamo già la vita eterna.


Il tempo si è 'abbreviato'


C'è poi un'altra verità dimenticata da riscoprire alla luce del Santo Natale in ordine al senso del tempo. Non solo il Natale del Signore ha dato una svolta al tempo, inserendolo in una inversione di tendenza, ma ha dato una accelerazione al tempo. È quanto suggerisce il Vangelo: “In quel tempo i pastori andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe, e il bambino che giaceva nella mangiatoia”. Colpisce quell'avverbio “senza indugio”.

Chi, come i pastori, all'annuncio dell'Angelo ha trovato il senso ultimo del tempo nell'avvenimento che è Gesù di Nazareth è tutt'altro che una persona seduta, stanca, distratta nella vicenda della vita e della storia. Al contrario, diventa una persona sollecita, attenta e quasi frettolosa. Non è però la fretta di chi è in ritardo sull'orologio delle tante occupazioni della giornata, ma è la fretta di chi vuole essere in avanti sull'orologio della vita.


Era la fretta che sollecitava Paolo VI quando scriveva il suo pensiero alla morte: “Non più guardare indietro, ma fare volentieri, semplicemente, umilmente, fortemente il dovere risultante dalle circostanze in cui mi trovo, come Tua volontà. Fare presto. Fare tutto. Fare bene: Fare lietamente: ciò che Tu ora vuoi da me, anche se supera immensamente le mie forze e se mi chiede la vita”.


Sull'orologio della propria vita, della vita della Chiesa e della società, il tempo non è questione di numero di anni. Gesù non ha avuto un'esistenza ricca di anni. Poco più di trenta. Oggi, da questo punto di vista, si direbbe un'esistenza mancata, monca, dimezzata. Eppure nessun'altra esistenza fu più colma di vita. Il tempo fisico è importante, ma non è tutto.


E al di là del tempo fisico e psicologico, c'è un altro tempo, quello teologico. È questo il tempo segnato da Dio stesso, dal suo farsi storia, storia di un Amore che non cede, non si ritira davanti alla croce, ma “ama i suoi fino alla fine” (Gv 13,1). L'eternità di Dio è esattamente questo suo amare senza confini, senza pentimenti. E la nostra vita eterna, se ancora ci crediamo, è esattamente il dilatarsi del tempo di Dio, cioè della nostra capacità di amare fino alla fine.


Ami molto? Vuol dire che stai vivendo molto. Ami poco anche se tanti sono gli anni che hai vissuto? Vuol dire che hai vissuto poco.

Ama perciò nella preghiera, nell'amicizia, nel lavoro, nell'appassionata vicenda di ogni giorno e potrai dire, anche nel nuovo anno: In breve tempo, ho vissuto molto.


Vissuto così, nell'Amore, il tempo è come centuplicato, arricchito, in attesa del suo definitivo compimento in quell'incontro verso il quale è orientato il quadrante della nostra vita, dove sta scritto: “Omnes pulsant, ultima aperit: tutte le ore della vita bussano alla porta del tuo cuore, l'ultima apre!”.