Benedetto XVI
spiega il Concilio Vaticano II

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Sono passati 50 anni da quell’11 ottobre 1962 quando Giovanni9 XXIII inaugurò il Concilio Vaticano II, e mai come adesso, da più parti sta emergendo un intenso e profondo dibattito sugli insegnamenti e le implicazioni di questo avvenimento ecclesiale.

Tra le diverse interpretazioni, i Pontefici che ne hanno personalmente preso parte, quali Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno sostenuto una lettura secondo la cosiddetta “ermeneutica della continuità”, secondo la quale il Concilio non si pone in contrasto con il millenario "depositum Fidei" proprio della tradizione cattolica.

 

Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si sono fatti interpreti e tramite l’ininterrotta presenza papale, interventi collegiali degli episcopati delle varie nazioni, l’attività degli organi centrali della Santa Sede. Gli ultimi quattro Pontefici hanno ripetutamente asserito che esso è stato evento voluto da Dio, condotto dallo Spirito, approdato alle sue evangeliche conclusioni.

 

Non voglio nascondere, come  non ho mai nascosto gli abusi commessi in nome di una cattiva (opportunistica?) interpretazione del Concilio; ma questa è un’altra cosa. Gli abusi continuerò a deprecarli, a contestarli a condannarli. Ma il Concilio non può essere messo sub iudice! Se il Concilio non ha raggiunto tutte le mete prefissate, o stenta a conseguirle, ciò significa che la nostra conversione è di là da venire.

E’ merito del Concilio se oggi noi sappiamo, meglio di ieri:

·        chi siamo e dove siamo diretti: Lumen gentium;

·        quale lingua dobbiamo parlare e quale messaggio diffondere: Dei verbum;

·        come e con quale intensità pregare: Sacrosanctum concilium;

·        quale atteggiamento tenere dinanzi ai problemi e ai drammi dell'umanità contemporanea: Gaudium et spes.

Sono i quattro pilastri che sostengono l'edificio della rinnovata teologia pastorale e incoraggiano ad ascoltare la voce di Dio, a rivolgersi a Dio come figli; ed obbligano a dialogare con tutte le componenti della famiglia umana.

 

Papa Benedetto XV dell’ermeneutica del Concilio Vaticano II ne ha fatto la sua ragione di vita quale teologo e quale Supremo Pastore. Egli è stato, tra i suoi predecessori, colui che non ha avuto timore di esprimere le ombre e le luce che fanno da alone al Concilio. Ovviamente non per il Concilio in sé, ma di chi parla del Concilio e del concilio si fa scudo per abusarne.

 

Credo che meriti ascoltare Papa Benedetto, che da Cardinale e da Pontefice del Concilio ha detto: “Alcune descrizioni suscitano l'impressione che dopo il Vaticano II tutto sia diventato diverso e che tutto ciò che è venuto prima non potesse essere più considerato o potesse esserlo soltanto alla luce del Vaticano II. Il Vaticano II non viene trattato come una parte della complessiva tradizione vivente della Chiesa, ma come un inizio totalmente nuovo. Sebbene non abbia emanato alcun dogma e abbia voluto considerarsi più modestamente al rango di Concilio pastorale, alcuni lo rappresentano come se fosse per così dire il superdogma, che rende tutto il resto irrilevante”, mentre “possiamo rendere davvero degno di fede il Vaticano II se lo rappresentiamo molto chiaramente così com'è: un pezzo della tradizione unica e totale della Chiesa e della sua fede”.

 

All’indomani dell’elezione alla Cattedra di Pietro, Benedetto XVI dichiara solennemente:  “Voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II”. E nella prima Messa da Pontefice, il 20 aprile nella Cappella Sistina, rileva che con il passare degli anni “i documenti conciliari non hanno perso di attualità”, ma anzi si rivelano “particolarmente pertinenti in rapporto alle nuove istanze della Chiesa e della presente società globalizzata”.

Per Benedetto XVI, il Concilio Vaticano II non è solo uno straordinario evento ecclesiale. E’ anche un’esperienza personale di eccezionale valore. E’ lui stesso a confidarlo, il 18 agosto a Colonia, parlando ai giovani venuti da tutto il mondo per la GMG:  “È stato molto bello per me - ricorda - il fatto che l'allora arcivescovo, cardinale Frings, fin dall'inizio mi diede la sua totale fiducia”, facendomi poi “il grande dono, sebbene io fossi giovane e inesperto, di chiamarmi come suo teologo, di portarmi a Roma, così che potessi partecipare al suo fianco al Concilio Vaticano II e vivere da vicino questo straordinario, grande evento storico”.

 

A proposito della Dichiarazione Nostra Aetate, papa Benedetto ha ricordato:  “I Padri del Vaticano II hanno proposto alcune verità fondamentali: hanno ricordato con chiarezza lo speciale vincolo che lega i cristiani e gli ebrei, hanno ribadito la stima verso i musulmani ed i seguaci delle altre religioni ed hanno confermato lo spirito di fraternità universale che bandisce qualsiasi discriminazione o persecuzione religiosa”.  

In altra circostanza ha chiesto: “Cari fratelli e sorelle, mentre vi invito a riprendere tra le mani questi documenti, vi esorto a pregare insieme con me la Vergine Maria, affinché aiuti tutti i credenti in Cristo a tenere sempre vivo lo spirito del Concilio Vaticano II, per contribuire ad instaurare nel mondo quella fraternità universale che risponde alla volontà di Dio sull’uomo, creato a immagine di Dio”.


Della costituzione dogmatica Dei Verbum il Santo Padre l’ha definita “una delle colonne portanti dell’intero edificio conciliare”, e ha aggiunto: “Tra i molteplici frutti di questa primavera biblica mi piace menzionare la diffusione dell’antica pratica della lectio divina, o “lettura spirituale” della Sacra Scrittura. Essa consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi “ruminandolo” come dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il “succo”, perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta”.  


Della Gaudium et Spes Benedetto XVI ha detto: “Alla luce della centralità di Cristo, la Gaudium et Spes interpreta la condizione dell’uomo contemporaneo, la sua vocazione e dignità, come pure gli ambiti della sua vita: la famiglia, la cultura, l’economia, la politica, la comunità internazionale. E’ questa la missione della Chiesa ieri, oggi e sempre: annunciare e testimoniare Cristo, perché l’uomo, ogni uomo possa realizzare pienamente la sua vocazione”. 


Citando la dichiarazione Dignitatis Humanae  il Santo Padre ha ricordato: “A motivo della loro dignità - dice il Concilio - tutti gli uomini, in quanto sono persone, dotate di ragione e di libera volontà… sono spinti dalla loro stessa natura e tenuti per obbligo morale a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione”.


Certo non tutto “piace” al Papa che, da esperto e fedele interprete del Concilio non esita a dire: “Sappiamo, come dopo il Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci fosse un’altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta un’altra, totalmente "altra". Un utopismo anarchico! E grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro, Papa Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II, da una parte hanno difeso la novità del Concilio e dall’altra, nello stesso tempo, hanno difeso l’unicità e la continuità della Chiesa, che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di Grazia.

 

Il Concilio Vaticano II è stato la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel XX secolo: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre, anche se la Chiesa sperimentò profondi travagli per la fatica che inevitabilmente comportano i passaggi di crescita, con la formazione di nuove pratiche, mentalità e paradigmi di pensiero, ma soprattutto per i conflitti, talvolta laceranti, tra le diverse interpretazioni del Concilio.

 

E Benedetto XVI, nella sua fedeltà allo spirito del Concilio ha annotato: ''Nei decenni successivi al Concilio Vaticano II  qualcuno ha interpretato l'apertura al mondo non come una esigenza dell'ardore missionario del cuore di Cristo, ma come un passaggio verso le secolarizzazione, scorgendo in quest'ultima alcuni valori di grande densità cristiana come l'uguaglianza, la libertà, la solidarietà, e mostrandosi disponibili a fare concessioni e a scoprire campi di collaborazione. Si e' assistito così a interventi di alcuni responsabili della Chiesa nei dibattiti etici che corrispondevano alle aspettative dell'opinioni pubblica, ma si tralasciò di parlare di certe verità fondamentali della fede, come il peccato, la grazie, la vita teologica e le cose ultime''. Senza accorgersene si cadde in una auto-secolarizzazione di molte comunità ecclesiali che, sperando di riuscire gradite ai lontani, videro allontanarsi, traditi e disillusi, molti di quelli che erano vicini''.

 

Nel 2009, parlando al Presbiterio della sua Diocesi Il Vescovo di Roma ebbe a dire: “Una corrente interpretativa, appellandosi ad un presunto «spirito del Concilio», ha inteso stabilire una discontinuità e addirittura una contrapposizione tra la Chiesa prima e la Chiesa dopo il Concilio, travalicando a volte gli stessi confini oggettivamente esistenti tra il ministero gerarchico e le responsabilità dei laici nella Chiesa”Il Concilio non ha voluto una rottura, un'altra Chiesa, ma un vero e profondo rinnovamento, nella continuità dell'unico soggetto Chiesa, che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre identico, unico soggetto del Popolo di Dio in pellegrinaggio”.

 

Mi piacerebbe moltissimo continuare nella ricerca paziente e puntuale degli innumerevoli, pertinenti, didascalici interventi del papa Benedetto sul Concilio. Sono certo che se ne avrebbe una  antologia ricca, acclarante e significativa.

Questi limitati, ma illuminanti riferimenti dovrebbero consentire, in via definitiva, la chiusura della vicenda della contrapposizione fra le ermeneutiche e imboccare la strada della ermeneutica della continuità suggerita dal Successore di Pietro.

Il Concilio Vaticano II ha posto le premesse del nuovo cammino della Chiesa nella società contemporanea. Pur essendo la stessa di ieri, la Chiesa vive e realizza in Cristo il suo "oggi", che ha preso il via soprattutto dal Vaticano II. Esso ha preparato la Chiesa al passaggio dal secondo al terzo millennio dopo la nascita di Cristo. Il Vaticano II ha perseguito un aggiornamento che voleva essere non rottura con il passato o contrapposizione di momenti storici, ma crescita e perfezionamento del bene in atto nella Chiesa.

 

La chiesa cambia perché è fedele!

La chiesa è sempre se stessa, ma non è mai la stessa!

Semper ipsa, numuqam eadem!