Alcide De Gasperi a 63 dalla morte
Beato?

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Era il 19 agosto 1954 quando, nelle prime ore dell’alba, moriva nella sua casa di Sella in Valsugana Alcide De Gasperi. Come non ricordarlo con  nostalgia, con riconoscenza, con un auspicio: che presto la Chiesa lo riconosca beato?
 
La visione politica di De Gasperi è stata tutta radicata su un principio fondamentale che è la fede; la fede religiosa e la fede nella democrazia. Questo credo ha attraversato tutta la vicenda dello Statista trentino nella sfera personale come in quella pubblica ed è stata talmente forte da non vacillare nemmeno nei momenti più critici. La fermezza con cui De Gasperi è rimasto fedele al compito, che egli ritenne essenziale, di guidare, dopo l’esperienza dei totalitarismi, l’evoluzione democratica del Paese, è testimoniata dalla costante consapevolezza di non doversi piegare a nessun tipo di pressioni. Al riguardo un insegnamento è stato eclatante. De Gasperi espresse la sua contrarietà all’ipotesi di un apparentamento tra Dc e monarchici, sollecitata da alcuni ambienti della Santa Sede in vista delle elezioni del 1952. Non si trattò di una qualche «freddezza» nei confronti della fede, ma della preoccupazione che la paura cattolica del comunismo potesse capovolgersi in derive autoritarie o addirittura eversive. Nel progetto politico di De Gasperi la lotta al comunismo doveva mantenersi nell’alveo della democrazia.
 
Quale insegnamento! Nessun attacco frontale, ma atteggiamento democratico. Verso l’anticomunismo rispettoso e democratico dello Statista trentino, che ha garantito il processo di democratizzazione del Paese, tutti i partiti italiani, perfino lo stesso Partito Comunista Italiano, possono sottoscrivere un proprio debito di riconoscenza. Ciò ha infatti contribuito non solo all’evoluzione del Partito comunista e della sua azione politica entro i parametri della vita parlamentare e/o di governo, ma ha impedito altresì una deriva clericale della Democrazia Cristiana.
 
Per De Gasperi la DC non fu mai un partito alla deriva clericale, ma ha sempre considerato l’unità dei cattolici un fattore essenziale di stabilità democratica e, in quest’ottica, riuscì a conquistare il consenso della Chiesa alla democrazia. Nel perseguire questo disegno trova un valido sostegno in Monsignor Montini. Con il futuro Paolo VI, De Gasperi scongiurò cedimenti a destra che avrebbero, probabilmente, provocato la rottura dell’unità della Dc e di una preoccupante reazione delle sinistre. In questa ottica egli collocò la politica centrista. Dire centro per De Gasperi non era da intendere come svolta conservatrice, bensì come passaggio obbligato verso la democrazia. La scelta centrista non fu indolore e fu tenacemente difesa da De Gasperi, anche di fronte alle pressioni che venivano dagli ambienti vaticani per un ampliamento a destra della maggioranza di governo. Per realizzare una simile aspirazione divenne essenziale promuovere e ottenere l’unità dei cattolici e, con questa, la saldatura della Chiesa alla democrazia.
 
L’anima politica di Alcide De Gasperi seppe sostenersi mediante una vita spirituale intensissima. L’approccio di De Gasperi alla Bibbia non fu mai puramente devozionale o pietistico: egli interrogò il Libro e mise i suoi problemi esistenziali a confronto con il senso religioso che il Libro Sacro gli suggeriva. I disegni della Provvidenza non sono qualcosa che esoneri dalla responsabilità e dalla iniziativa umana. De Gasperi amava il libro di Giobbe – il libro della trascendenza del disegno di Dio rispetto ad ogni spiegazione umana del mistero del dolore.
 
La fede di De Gasperi fu profonda e intensa, ma segnata dal senso del mistero e al tempo stesso traversata dal dubbio. Il suo è stato sempre un “servire in piedi”. Il senso della laicità dello Stato e delle responsabilità del laico ha le sue radici in questa spiritualità.  Anche oggi la politica avrebbe bisogno di Statisti di tal genere!
 
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“Tutte le sue azioni personali e politiche sono state dettate da un grande senso di umanità e vero spirito cristiano: per questo credo che Alcide De Gasperi debba essere fatto beato”. Lo ha dichiarato Giulio Andreotti che di De Gasperi fu stretto collaboratore per molti anni.
 
Sono felice che Andreotti prima della sua morte abbia lasciato questo testamento. Da trentino faccio il tifo per De Gasperi beato; e non solo per motivi di campanilismo, ma perché ho molto studiato la figura dello Statista trentino e ravviso nella sua vita i tratti di colui che ha vissuto in grado eroico le virtù della fede, della speranza e della carità. I suoi scritti trasudano di “imitatio Christi”. E’ sempre stato devoto figlio della Chiesa, distinguendo bene il ministero/magistero della Chiesa e il suo ruolo di uomo politico.  
 
Sulle virtù personali dello Statista di Trento vi è una corale convergenza. Quando, il 19 agosto 1954, egli morì improvvisamente a Sella di Valsugana, dove si trovava in vacanza, subito si parlò di fama di santità, come le cronache dei giornali sottolinearono. L’allora patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, prima di diventare papa Giovanni XXIII, rilevò immediatamente questo diffuso sentimento e così commentò: «Venissi interrogato in un eventuale processo di beatificazione, la mia testimonianza sarebbe nettamente favorevole a riconoscere la virtù dello statista, evidentemente ispirato da una visione biblica della vita, del servizio di Dio, della Chiesa, della Patria».

Quando l'allora arcivescovo di Milano, il beato cardinale Ildefonso Schuster, seppe della morte dello Statista trentino, commentò: "Scompare dalla terra un cristiano umile e leale che dette concreta e completa testimonianza della sua fede nella sua vita privata e in quella pubblica".
Anche Giovanni Paolo II ebbe per lui in varie occasioni molte buone parole. In una lettera ai vescovi italiani, ricordò così il suo europeismo: «Non è significativo che, tra i principali promotori dell’unificazione del continente, vi siano uomini… quali De Gasperi, Adenauer, Schuman… animati da profonda fede cristiana? Non fu forse dai valori evangelici della libertà e della solidarietà che essi trassero ispirazione per il loro coraggioso disegno?»  
 
Il processo di canonizzazione è avviato da tempo. L’8 dicembre 1992 il vescovo di Trento dell'epoca monsignor Giovanni Sartori si rivolse alla Santa Sede, «avendo ricevuto istanza dal postulatore padre Tito M. Sartori osm e il consenso della Conferenza episcopale triveneta», per chiedere il nulla osta all’introduzione della causa. Il cardinale Felici, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, il 29 aprile 1993 concesse il nulla osta e si aprì così la “fase diocesana” del processo di canonizzazione.
 
Alcide De Gasperi fu davvero un grande uomo politico e un credente tutto d’un pezzo. Dalla documentazione esaminata a Trento, oltre tutto ciò che è stato pubblicato soprattutto dalla figlia Maria Romana traspare l’uomo e il credente che pone la sua fiducia totale nel Signore. In una lettera indirizzata alla moglie il 31 maggio 1927, giorno in cui venne condannato a quattro anni di carcere da un tribunale fascista, per le sue idee di democrazia e di libertà, scrisse: «…Dio ha un disegno imperscrutabile, di fronte al quale m’inchino adorandolo… Egli ci ama e fa di noi qualcosa che oggi non comprendiamo…».
E nel suo servizio politico egli esercitò davvero – come disse più tardi Paolo VI - la più alta forma di carità. Egli seppe tenersi ammirevolmente lontano dalle vischiosità quotidiane della pratica di Governo, dalle ombre di un mestiere che troppo spesso richiede gravi compromessi.
Una «convinta fama di santità», la esprime il sacerdote di Vicenza, don Domenico Piccoli, che scrisse alla figlia Maria Romana: «Mi convinco sempre più dell’opportunità di beatificazione del suo papà… Quando la Provvidenza ci manderà altri uomini come suo padre e Adenauer e Schuman? Bisogna meritarseli…».
 
Perché allora si è ... fermato il processo diocesano nonostante l’accordo dei vescovi del Triveneto?  Il 18 settembre 1993, il compianto monsignor Wilhem Egger, vescovo di Bolzano e Bressanone, pur riconoscendo «le forti motivazioni cristiane e ideali» che avevano permesso l’avvio del processo di canonizzazione di Alcide De Gasperi, fece capire senza troppi giri di parole che dichiarò che la popolazione altoatesina «non aveva accolto favorevolmente” l’introduzione del processo di beatificazione. Ed erano espresse “severe riserve circa l’azione politica di De Gasperi, in rapporto alla soluzione del problema dell’Alto Adige… al punto tale che il processo canonico potrebbe costituire, almeno per una certa parte di fedeli di lingua tedesca, un problema anche sul piano religioso».
 
Il riferimento è al noto “accordo De Gasperi/Gruber” raggiunto a Parigi il 5 settembre 1946 per regolare la questione altoatesina. In base a esso veniva garantita alla popolazione di lingua tedesca e di tradizioni tirolesi una larga autonomia e un esteso potere esecutivo in ambito regionale, che sarebbero stati formalizzati nella costituzione della Provincia autonoma di Bolzano e in seguito nello statuto speciale concesso dal governo italiano al Trentino-Alto Adige.
La decisione di Alcide De Gasperi di estendere i privilegi concessi a Bolzano anche a Trento non poté non scontentare una parte dell’opinione pubblica: quella di ceppo tedesco della propria regione d’origine che accusò di menzogna il Presidente del Consiglio.
 
Ho avuto modo di farne parola della questione direttamente con il senatore a Giulio Andreotti il quale, dimenticando la sua proverbiale calma e pazienza mi disse animatamente: “Posso assicurare e testimoniare che Alcide De Gasperi non mentì. Anzi: posso dire che la provincia di Bolzano non avrebbe mai ottenuto la sua autonomia se non fosse stata concessa anche alla provincia di Trento”. E mi pregò di dire all’allora arcivescovo di Trento mons. Luigi Bressan di mettersi in contatto personale con lui - “finché fosse stato in vita” - per essere ascoltato come teste e dissipare questo dubbio assolutamente inesistente.

Una conferma autorevole di questa ipotesi è offerta da monsignor Igino Rogger, sacerdote della Diocesi di Trento, il quale scrive: «L'11 novembre 1991 mi trovai a fungere da interprete per la deposizione resa da Gruber a Vienna nei preliminari del processo canonico per la beatificazione di Alcide De Gasperi. Profittando alquanto della mia posizione cercai di approfondire l'interrogativo su quelle che potevano essere state le intenzioni di De Gasperi nel dilatare al Trentino l'autonomia prevista come necessaria per la salvaguardia del carattere etnico e dello sviluppo culturale ed economico degli abitanti di lingua tedesca dell'Alto Adige. Chiesi infatti a Gruber se fosse possibile che De Gasperi, nell'idea di agganciare l'autonomia dei trentini a quella dei sudtirolesi, secondo un'idea che egli certo favoriva e per la quale aveva acquisito simpatizzanti anche nel Sudtirolo, avesse fiducia che tale inclusione tornasse a vantaggio dei sudtirolesi stessi nel processo di realizzazione di essa. Gruber rispose testualmente: "De Gasperi ne era convinto: se l'autonomia si realizza per i trentini, diventa un fatto irreversibile. Se si realizza per i trentini, si realizza anche per i sudtirolesi; ogni pericolo di vanificarla verrà respinto anche dai trentini".

Mi dispiace che non siano stati fatti passi in questa direzione e che per la “questione altoatesina” la fase diocesana del processo di beatificazione del grande Statista trentino Alcide De Gasperi conosca un tempo di stasi. De Gasperi non lo merita. Anche se gode certamente la visione beatifica di quel Dio che ha amato e servito anche attraverso la più alta forma della carità: la politica a servizio dell’uomo e del bene comune in tempo ardui e difficilissimi.