Omelia nella 6 domenica per annum
«Se vuoi, puoi purificarmi!»

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 Dal Vangelo secondo Marco 1,40-45
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. +++
 
 
Il Vangelo di questa domenica continua il racconto delle opere prodigiose compiute da Gesù a Cafarnao. L’intento catechistico dell’evangelista Marco è quello di presentare la persona di Gesù di Nazareth, in cui il discepolo deve saper scoprire non solo l'Uomo potente in parole e opere, ma soprattutto il Dio che si è fatto uomo per redimere l’uomo dal peccato, il Messia portatore di salvezza.
 
Dopo la liberazione dell'indemoniato, la guarigione della suocera di Pietro e di molti altri malati il Vangelo di questa domenica mostra Gesù a contatto con la forma di malattia considerata a quei tempi la più grave, tanto da escluderla dai rapporti sociali. Egli accolse le richieste di un lebbroso e, toccandolo, lo guarì. In Israele, il lebbroso era considerato in stato di impurità rituale; veniva a trovarsi fisicamente e psicologicamente emarginato ed escluso dalle manifestazioni familiari, sociali e religiose del popolo eletto.

Inoltre, la lebbra si configurava come un marchio di condanna, in quanto la malattia era considerata un castigo di Dio. Per cui il lebbroso non era ritenuto soltanto un infermo, ma un maledetto
(cfr. Lev 14,1-32). Una speciale legislazione (cfr Lv 13-14) riservava ai sacerdoti il compito di dichiarare la persona lebbrosa, cioè impura; e ugualmente spettava al sacerdote constatarne la guarigione e riammettere il malato risanato alla vita normale. Secondo il Libro di Giobbe la lebbra era «primogenito della morte» (cfr. Gb 18,13), e i lebbrosi erano come dei cadaveri ambulanti.  

 
Nel miracolo raccontato dall’evangelista Marco le sottolineature sono almeno tre.
 
1. Il miracolo è legato alla fede.
Il miracolo suppone la fede, suppone che l'uomo prenda coscienza della sua situazione e si affidi alla potenza di Gesù. La salvezza non è opera dell'uomo, ma dono di Dio. Il miracolo è rivelatore della potenza di Gesù, ma soprattutto dell'irrompere del regno di Dio nella sua persona. Il lebbroso sapeva che avrebbe potuto rivolgersi a Colui che lo avrebbe potuto guarire e «Lo supplicava in ginocchio»… La guarigione della lebbra era considerata alla stregua della resurrezione di un morto, una azione che solo Dio poteva compiere.
 
2. Il miracolo non è mai fine a se stesso.
E non è mai esclusivamente a beneficio del miracolato: è un segno per tutti. Nel racconto evangelico il lebbroso guarito è inviato ai sacerdoti per offrire loro la possibilità di conoscere il Signore. «Presentati al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro». Il lebbroso mantiene una traccia di autostima. Prendete una iniziativa che rivela la propria dignità e soprattutto la sua fede. Nonostante tutti i divieti del tempo, decise di avvicinarsi a Gesù.
 
 3. Il guarito è un lebbroso.
Al riguardo la prima lettura, tratta dal libro del Levitico, è assai eloquente: «Il lebbroso porti le vesti sdrucite, il capo scoperto, si veda il labbro superiore e vada gridando: impuro, impuro! Sia dichiarato impuro per tutto il tempo che avrà nel corpo tale piaga. Egli è impuro: viva dunque segregato e la sua dimora sia fuori del campo» (Lev 13,45-46). Il lebbroso è dunque un impuro, colpito da Dio a causa di un'impurità: egli è un intoccabile e deve vivere al bando della società. È su questo sfondo che il racconto evangelico di Marco acquista un significato preciso: quell'uomo era un castigato da Dio, “uno scarto”, direbbe papa Francesco, senza nome né volto. Il lebbroso di Marco è non ha nome, né viene indicato un luogo preciso di provenienza; questo significa che è un personaggio rappresentativo, nel quale tutte le persone che vivono la stessa situazione si possono identificare. Non era accompagnato da nessuno; viveva in solitudine; portava sulla sua pelle il marchio della sua esclusione.
 
Ma il lebbroso trasgredì la legge; si avvicinò a Gesù e pronunciò una preghiera bellissima «Se vuoi, puoi purificarmi!» Il suo futuro è appeso a un «se». La reazione del Maestro non ebbe nulla a che vedere con la legge giudaica, e mosso da profonda umanità toccò un intoccabile. Assolutamente inconcepibile, scandaloso, contro la legge, contro la prudenza... Nota il Vangelo: «Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: Lo voglio, sii purificato!». Se vuoi ... lo voglio...»

La semplicità del dialogo nasconde una ricchezza di significati: la totale fiducia da parte del lebbroso, e la risposta che non delude ... È assai significativa questa sequenza. Provare compassione era ed è il primo passo per riconoscere il valore della persona. Nel gesto dello stendere la mano si esprime la volontà di convertire il sentimento in azione. E toccare il lebbroso era molto di più di quello che ci si poteva attendere dal Maestro. Non solo scomparve la malattia, ma fu ripristinata la condizione umana integrale. Gesù al lebbroso restituì la sua condizione sociale e l'integrazione religiosa. Tornò all’amicizia con Dio, che era il valore più alto per ogni buon Ebreo.
 
Cari Amici,
Nel linguaggio biblico la lebbra è evocazione di una “lebbra interiore non visibile” che è più distruttiva di quella esterna: il peccato. Il peccato è la lebbra più infettiva di oggi e si diffonde con una tale rapidità tra il genere umano, che è difficile arginarla. Una lebbra che si diffonde a macchia d'olio e che riguarda sempre più persone. Sono gli untori dei nostri giorni che infettano di male morale i luoghi e le istituzioni ove sono e che, rispetto al lebbroso del Vangelo, non avvertono neppure la necessità della guarigione e della conversione. Lo diceva già nel lontano 1954 Pio XII: “Il peccato più grande dell’umanità è che l’uomo ha perso il senso del peccato!”
 
Il peccato è il rifiuto dell'amore di Dio, una chiusura alla sua forza di salvezza che porta con sé delle conseguenze. Il peccato è l’auto-esclusione dalla comunità dei credenti. È necessario fare ciò che ha fatto il lebbroso del Vangelo:
 È necessario inginocchiarsi davanti al Salvatore dell'umanità e chiedere la guarigione della mente e del cuore.
 È necessario pronunciare le parole del salmo: «Confesserò al Signore le mie iniquità e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato».
─ È necessario presentarsi dai ministri del Signore che continuano ad ascoltare il grido di dolore di ogni lebbroso/peccatore. Solo attraverso i suoi ministri il Signore continua a dare la sua grazia. Nella fede il "fai da te" non risolve. Gesù ha indicato la via della Chiesa che custodisce la grazia dei sacramenti e la concede a chi la chiede con cuore pentito e convertito.
 
Per Gesù e per la Chiesa non ci sono uomini da evitare come i lebbrosi. Ci sono solamente uomini amati da Dio e chiamati a salvezza. Dipende solo da te gettarti nel fiume della grazia di Dio e riemergere risanato. Dipende solo da te gridare al Signore: «Se vuoi, puoi purificarmi!». E se Lui verificherà la sincerità del tuo cuore, la voglia di ricominciare, il proposito vero della tua conversione, il desiderio di riprendere la via del ritorno alla casa del Padre, Egli ripeterà: «Lo voglio, sii purificato!».
Sono le parole centrali del brano evangelico pronunciate da Gesù. Questa decisione del Signore interpella e richiede una profonda riflessione.
 
  «Lo voglio, sii purificato!». Il gesto del Maestro fu accompagnato da una parola luminosa ed efficace. Il gesto ha reso evidente la volontà dell'attore e la potenza della parola. E la parola ha dato senso e significato al gesto di Colui che si accosto all’infermo. Nelle parole di Cristo c’è tutta la storia della salvezza; c’è incarnata la volontà di Dio di guarirci, di purificarci dal male che ci sfigura e che rovina le nostre relazioni.
 
  «Lo voglio, sii purificato!». Anche oggi Gesù si mostra accogliente verso colui che con fiducia implora la sua grazia e la sua misericordia. Egli ci purifica dei nostri mali e, soprattutto, dal nostro male morale: il peccato. Com-patendo con chi soffre prende su di sé la emarginazione che pesa sui deboli.
 
  «Lo voglio, sii purificato!». Nelle parole del Maestro è contenuta una consegna per la Chiesa di tutti i tempi chiamata dal Signore a rimettere i peccati dell’uomo, ma altresì a liberarlo dalla sofferenza, anche a costo di farsi carico di ogni forma di segregazione e di persecuzione di cui la persona umana è fatta oggetto.
 
Coraggio, Amici!
   Gesù è capace di illuminare ogni oscurità. Lui è la luce.
   Gesù ha il potere di perdonare il peccato. Egli è il figlio di Dio.
   Gesù si prende cura dell’umanità ferita. Egli è venuto a curare, a perdonare, a salvare.
  Gesù può riconciliare la storia. Lui Crocifisso è l’Amato da Dio.
   Gesù stende la sua mano e purifica tutte le debolezze. Egli è il Buon Pastore.
   Gesù trasforma in gioia ciò che crea disagio. Un giorno disse alla donna peccatrice: “Nemmeno io di condanno”.
   Gesù chiama a far parte del gruppo dei suoi amici. Non importa la fragilità. Egli può molto di più.
   Gesù aspetta proprio te. Nessuno ha un amore più grande di colui che è disposto a dare la vita per i suoi amici. E tu puoi essere suo amico: se lo vorrai.
 
 
R
isanaci, o Padre, dal peccato che ci divide,
e dalle discriminazioni che ci avviliscono;
aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso
l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce,
per collaborare all’opera della redenzione
e narrare ai fratelli la tua misericordia.

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Mercoledì prossimo inizierà la Quaresima tempo favorevole per la conversione a Cristo. È il «tempo forte» che prepara alla Pasqua, culmine dell’Anno liturgico e della vita di ogni cristiano. Come dice san Paolo, è «il momento favorevole» per compiere «un cammino di vera conversione» così da «affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male».
Essa sarà caratterizzata da un più attento e prolungato ascolto della Parola di Dio che illuminerà il nostro spirito per conoscere e riconoscere il nostro peccato. Ci convertiremo per credere al Vangelo e metterlo davvero in atto. La Quaresima costituirà così una vera esperienza cristiana che poggerà sul cambiamento del proprio stile di vita. Diventeremo persone diverse che sapranno porre al centro della propria esperienza Dio e la sua Parola. La Quaresima sia per tutti questo tempo: per, per cambiare, per fare scelte coraggiose, per diventare ancora di più noi stessi davanti a Dio che, solo, è in grado di scaldare i nostri cuori.
 
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